Jabil avvia il licenziamento degli ultimi 413 lavoratori a Marcianise e attacca i sindacati

La multinazionale americana dell'elettronica Jabil ha annunciato l'inizio formale della procedura di licenziamento dei dipendenti dello stabilimento di Marcianise

Pubblicato: 10 Gennaio 2025 23:12

Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Lo stabilimento di Marcianise di Jabil è destinato a chiudere e i 413 lavoratori saranno lasciati a casa. I dirigenti della multinazionale statunitense dell’elettronica hanno annunciato con una nota l’avvio formale della procedura di licenziamento collettivo di tutti i dipendenti della sede nel Casertano, puntando il dito contro i sindacati. Una decisione che mette un punto ad ogni speranza di dialogo cercata negli ultimi mesi nel tavolo di crisi aperto al ministero del Lavoro.

La procedura di licenziamento

Sulla vicenda dello stabilimento di Marcianise, nel Casertano, arriva così l’epilogo che sindacati e lavoratori avevano cercato di scongiurare da circa dieci anni, con la chiusura definitiva delle attività in Italia della multinazionale programmata per il 25 marzo e il conseguente licenziamento di tutti i dipendenti entro 75 giorni.

Attraverso un comunicato, i vertici di Jabil scaricano però le principali responsabilità proprio sui dipendenti e i rappresentanti sindacali, colpevoli di non aver voluto accettare le alternative proposte nei mesi scorsi.

L’azienda sostiene di aver cercato per anni una strategia sostenibile per le sue attività in Italia e di aver lavorato recentemente “a una soluzione per preservare lo stabilimento – si legge – garantendo la sua sostenibilità economica e proteggendo i posti di lavoro di tutti i dipendenti. Per questa ragione, l’azienda esprime la sua delusione nei confronti dei sindacati e dei lavoratori che hanno votato contro un accordo sostenuto dal Governo (tramite Invitalia) con TME Engineering”.

L’intesa, secondo Jabil, “aveva caratteristiche idonee a realizzare obiettivi di sostenibilità economico finanziaria”, prevedendo in sintesi la cessione a un’altra azienda del settore elettronica con la compartecipazione del socio pubblico.

Secondo quanto dichiara la multinazionale dell’elettronica, il ‘no’ alla proposta, ritenuta dall’azienda “valida e sostenibile, garantendo un futuro lavorativo per i dipendenti dello stabilimento”, ha reso complicato trovare una soluzione praticabile per lo stabilimento e i suoi dipendenti: “Le attuali difficili condizioni del mercato globale non consentono ulteriori ritardi, rendendo necessario per Jabil avviare oggi la procedura di licenziamento collettivo” concludono i vertici della società, spiegando il tanto temuto ricorso alla legge 223/91.

La vicenda Jabil

Il sipario sullo stabilimento Jabil di Marcianise si chiude dopo gli ultimi tentativi attorno al tavolo di ministero del Lavoro e del ministero delle Imprese di trovare una soluzione a una vicenda iniziata nel 2015, con l’acquisto da parte della multinazionale del ramo d’azienda del sito Ericsson di San Marco Evangelista.

Inglobando i 300 lavoratori coinvolti nell’operazione, la Jabil arrivò a raggiungere un personale di quasi mille dipendenti in organico e cominciò a licenziare, fino ad arrivare al taglio di 190 dipendenti nel maggio del 2020, a causa dell’aggravamento dei conti con la pandemia.

Tra esodi incentivati, cassa integrazione e processi di reindustrializzazione, pagando anche altre aziende per assumere i propri dipendenti, come Softlab e Orefice Group, nel corso di dieci anni sono andati via oltre 500 lavoratori.

Nonostante la riduzione del buco di oltre 40 milioni di euro registrato nel 2019, i tentativi di ripresa non sarebbero stati sufficienti e, oltre i 200 lavoratori finiti in Softlab ancora in cassa integrazione e i 23 in Orefice licenziati poco dopo, anche gli ultimi 413 dipendenti di Jabil saranno mandati a casa.

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