Negli ultimi anni sono stati fatti vari passi in avanti a tutela dei diritti dei lavoratori subordinati, grazie alla revisione della disciplina sulle dimissioni. La volontà del legislatore è quella di contrastare abusi come le dimissioni in bianco e di garantire la correttezza della procedura, attraverso modalità telematiche sul sito del Ministero del Lavoro.
Al contempo, la recentissima regolamentazione tramite la legge 203/2024 (Collegato Lavoro) delle dimissioni per fatti concludenti, consente ai datori di lavoro di tutelarsi contro comportamenti scorretti o assenze ingiustificate.
Ora, con la pronuncia n. 24991/2025, la Cassazione – Sezione Lavoro ha chiarito che le dimissioni telematiche, anche se presentate durante il periodo di prova, possono essere legalmente revocate entro 7 giorni. Viene smontato così l’orientamento del Ministero del Lavoro sul tema.
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Come funziona il periodo di prova
Per capire l’esatta portata della decisione della Corte, ricordiamo in breve il contesto di riferimento.
Come è noto, nei contratti di lavoro sia a tempo determinato che a tempo indeterminato può essere previsto il periodo di prova, ossia quel lasso di tempo individuato dalle parti in cui ciascuna valuta la convenienza del rapporto instaurato con il patto di prova.
Nel periodo di prova vale il principio di libero recesso, perché sia il datore che il lavoratore possono immediatamente interrompere il rapporto, senza dare alcun preavviso e senza alcuna sanzione o indennità (art. 2096 del Codice Civile).
Coerentemente, le dimissioni possono essere rassegnate sia quando la prova è in corso, sia alla sua fine.
Per legge, la comunicazione telematica per le dimissioni nel periodo di prova non è obbligatoria, ma il lavoratore dovrà consegnare la lettera di dimissioni al datore.
Quest’ultimo dovrà firmarla e consegnarla al lavoratore, e di seguito comunicare entro 5 giorni la cessazione del rapporto al locale Centro per l’impiego, attraverso il Modello Unificato UniLav.
Il diritto a continuare la prova dopo aver cambiato idea
In questo quadro si inserisce la pronuncia della Cassazione che indica che se il lavoratore in prova si dimette per via telematica, può legittimamente ripensarci e ha diritto a essere reintegrato per proseguire il test sul campo.
La disputa giudiziaria giunta fino in piazza Cavour riguardava un lavoratore Trenitalia, che aveva dato le dimissioni dopo soltanto dopo un giorno dopo l’inizio della prova, ripensandoci però subito dopo e optando per la revoca telematica di legge (art. 26 del d. lgs. n. 151 del 2015 attuativo del Jobs Act), entro il termine previsto di 7 giorni dalla comunicazione online del recesso.
Trenitalia si era rifiutata di riammetterlo alla prova, offrendo in alternativa un piccolo ristoro economico, ma sia il tribunale che la corte d’appello ordinarono la reintegrazione per proseguire la prova.
Dello stesso avviso fu la Cassazione, che ha ribadito un principio giuridico fondamentale: il diritto protetto dalla legge prevale sempre sul documento amministrativo interno, che sia di segno contrario.
Perciò:
- la revoca delle dimissioni è comunque valida e va rispettata dal datore, a patto che essa avvenga entro il citato termine temporale di 7 giorni;
- il rapporto di lavoro va ripristinato al 100%, come se le dimissioni non fossero mai state rassegnate dal lavoratore in prova;
- la procedura di revoca fissata dalla legge vale anche per i rapporti di lavoro in cui c’è un patto di prova.
Come accennato, la pronuncia dei giudici è interessante anche perché boccia quanto previsto dalla circolare n. 12/2016 del Ministero del Lavoro, ossia il divieto di revoca delle dimissioni online date durante il periodo di prova. Il ricorso di Trenitalia si fondava proprio sulla circolare in oggetto e, conseguentemente, è stato respinto.
Cosa cambia per lavoratori con questa sentenza
Oltre alla decisione sul patto di prova nullo e il ritorno in azienda, la Cassazione ha recentemente offerto utilissimi chiarimenti anche sulle regole in merito alle dimissioni online del lavoratore in prova, che tutelano quest’ultimo in caso di ripensamento e rifiuto del datore alla riammissione in prova.
La legge, ricorda la Corte, prevede delle eccezioni alla possibilità di cambiare idea, ma soltanto per casi ben precisi e che non riguardano affatto il periodo di prova. Conseguentemente il Ministero ha agito al di là dei suoi poteri, invadendo il terreno del legislatore che, peraltro, disponeva in senso diverso.
In altre parole, non c’è alcuna deroga di legge alla facoltà di ripensamento dopo aver dato le dimissioni telematiche pur in periodo di prova e quanto previsto dalla circolare non può essere opposto da alcun datore di lavoro, per rifiutare il ritorno in prova del lavoratore.
Tecnicamente il Ministero riteneva di poter applicare per analogia le regole di divieto al caso del patto di prova, ma la Cassazione ha spiegato che le norme di carattere eccezionale, non possono essere estese oltre i casi espressamente previsti.
Concludendo, i giudici di piazza Cavour hanno così sancito che la revoca tempestiva cancella ogni effetto delle dimissioni e ripristina il rapporto di lavoro ai fini del completamento della prova. Le aziende, che tendenzialmente pur preferiscono le dimissioni al licenziamento, non potranno che adeguarsi a questa pronuncia.