Oggi i concorsi pubblici stanno vivendo una fase di profondo rinnovamento. Aumento dei bandi, cambiamenti normativi, digitalizzazione, e nuovi obiettivi per rendere il reclutamento più moderno ed efficace, sono alcuni dei fattori che hanno reso queste selezioni molto diverse dal passato.
E le novità non arrivano soltanto a livello normativo, ma anche su quello giurisprudenziale. Infatti, come chiarito dalla Sezione IV ter Tar Lazio, nella sentenza n. 15825 di quest’anno, i neo-laureati possono ora contare su un punteggio extra nelle graduatorie dei concorsi pubblici. C’è però una condizione da rispettare.
Vediamo qual è e scopriamo la portata generale di una pronuncia che non va affatto vista come discriminatoria o lesiva dei diritti di altri candidati. Ecco che cosa sapere.
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Graduatorie selezioni pubbliche e criteri meritocratici, che cosa ha deciso il Tar Lazio
La variabile tempo entra a pieno titolo nella valutazione del merito. Il giudice amministrativo ha, infatti, confermato la piena legittimità delle clausole di un bando di concorso, che dispongano il bonus del raddoppio del punteggio attribuito al titolo di laurea. Quest’ultimo, però, deve essere stato conseguito entro i sette anni precedenti alla presentazione della domanda di partecipazione.
La sentenza giunge all’esito della contestazione delle graduatorie di un concorso, bandito proprio nell’ambito della giustizia amministrativa. In particolare, il ricorrente:
- contestava la correttezza del punteggio aggiuntivo riconosciuto ai candidati, che avevano conseguito la laurea in un periodo temporale recente;
- sosteneva che questo meccanismo avrebbe introdotto un ingiusto “doppio binario” di trattamento, tra candidati diversi.
Al di là di tutti i dettagli del caso pratico in oggetto, la sentenza Tar Lazio n. 15825/2025 non è di certo un fulmine a ciel sereno. Ma una conseguenza giurisprudenziale nel pieno solco delle politiche di rinnovamento della PA, avviate negli ultimi anni anche e soprattutto in piena aderenza agli obiettivi PNRR.
Il Tar Lazio ha dato una spiegazione precisa alle sue conclusioni. In sostanza, premiare la “freschezza” del titolo di studio non viola il principio costituzionale di uguaglianza, ma tutt’altro. È una scelta di equità sostanziale, coerente con i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa.
Il supporto del dato normativo, che cosa dice la legge
La decisione del Tar trova fondamento nell’art. 14 del DL n. 80/2021, uno dei pilastri della riforma del reclutamento pubblico. Il legislatore ha espressamente previsto la possibilità per le PA di introdurre criteri selettivi innovativi, orientati non soltanto alla valutazione dell’esperienza accumulata, ma anche alla qualità e all’attualità delle competenze.
In breve: via libera ai bandi di concorso che fissino “bonus” premianti i dottori più freschi, dalle competenze più aggiornate e, quindi, maggiormente in grado di contribuire al turnover negli uffici pubblici.
Ecco perché questa pronuncia non va letta affatto come discriminatoria o arbitraria. Ma come un approdo giurisprudenziale in cui il bonus nel punteggio attribuito ai titoli di studio, ha una ragione ben precisa. È giusto riconoscere uno specifico bonus all’impegno formativo. Non è affatto uno sconto di merito o una scorciatoia.
Non favoritismi ma compensazione degli svantaggi
Il fulcro della decisione sta nella lettura sostanziale del principio di uguaglianza. Infatti, trattare allo stesso modo situazioni diverse, chiarisce il Tar Lazio, non sempre garantisce equità. Nei concorsi pubblici, infatti, si confrontano candidati con percorsi molto differenti:
- chi ha conseguito la laurea da molti anni, ha avuto più tempo per accumulare titoli post-universitari, come master, diplomi di specializzazione, dottorati di ricerca e altre qualificazioni, spesso valutabili ai fini del punteggio;
- invece, chi è neolaureato, o ha conseguito il titolo da poco tempo, non ha avuto materialmente la stessa possibilità, pur partendo da una recente e aggiornata preparazione universitaria.
Il punteggio extra attribuito al titolo “fresco” serve dunque a compensare e riequilibrare i punteggi dei vari candidati. Per questa via, si vuole evitare che i candidati più giovani siano ingiustamente penalizzati, fin da subito. La competizione, ovviamente, resta in piedi e i bonus non garantiscono il superamento del concorso.
In assenza di un correttivo di questo tipo, i neolaureati risulterebbero sistematicamente svantaggiati, con il rischio di trasformare il concorso in una competizione solo apparente, in cui le possibilità di successo, e di firma di un contratto di lavoro, non sarebbero realmente uguali per tutti.
Competenza e sapere aggiornato nella nuova PA
C’è altro passaggio chiave della pronuncia n. 15825, che riguarda il concetto di competenza. Infatti, il Tar Lazio chiarisce come premiare i titoli più recenti significhi valorizzare il sapere aggiornato, le conoscenze normative attuali, le metodologie di studio moderne e la familiarità con i processi digitali e organizzativi. Tutto questo va a diretto vantaggio della stessa PA, e proprio quest’ultima è e deve essere la beneficiaria diretta dei nuovi inserimenti tramite pubblica selezione.
Il candidato che ha appena concluso il percorso universitario porta con sé un patrimonio di competenze immediatamente spendibili, particolarmente prezioso in una PA chiamata a rinnovarsi, digitalizzarsi e rispondere in modo più efficiente alle esigenze dei cittadini.
È un approccio che non svaluta affatto l’esperienza, ma la integra in un sistema di valutazione più completo, capace di considerare sia il merito consolidato nel tempo, sia il potenziale professionale legato alla formazione più recente.
D’altronde, sono anzitutto esigenze organizzative (si pensi ad es. alla norma taglia idonei) e interessi pubblici a orientare le PA nella redazione dei bandi di concorso. Perciò, se non ci sono limiti alla valorizzazione dell’anzianità di servizio o del voto di laurea, non ci devono essere neanche nei confronti della freschezza della laurea.
Concludendo, la sentenza n. 15825/2025 del Tar Lazio dà a tutti un’immagine chiara delle priorità attuali del sistema pubblico. E sarà molto utile per orientare tutti i bandi di concorso futuri, peraltro previsti in gran numero. In una PA caratterizzata da un’età media elevata del personale, il ricambio generazionale non è più un obiettivo rinviabile, ma una necessità primaria. E premiare i titoli di studio più recenti non significa contrapporre giovani ed esperti. Al contrario significa superare questa distinzione, integrando esperienza e novità in un unico sistema di valutazione.