Ora è il candidato a scegliere l’azienda: come deve essere il colloquio perfetto

Secondo un'indagine di CleverConnect, le aziende, per essere efficaci nei loro processi di assunzione, devono adottare una "candidate experience” personalizzata

Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Che il mercato del lavoro sia radicalmente cambiato lo si evince da un dato su tutti. Oggi, non sono più le aziende a cercare il lavoratore perfetto, ma è esattamente il contrario: è il lavoratore che sceglie l’azienda. Professionisti ma anche figure junior sono sempre più consapevoli di quanto valgono, e di cosa vogliono. Ma, nonostante questo, metà degli italiani il lavoro non lo cerca proprio. Quasi 1 italiano su 2 è un candidato passivo, non cerca cioè attivamente lavoro, anche se è aperto a nuove opportunità professionali.

La fotografia, nitida, è stata scattata dal “Talent Acquisition Report”, sondaggio condotto da CleverConnect, HR software company specializzata in soluzioni di Talent Acquisition, che supporta aziende e organizzazioni nei processi di assunzione, in collaborazione con YouGov, società internazionale britannica di ricerche di mercato e analisi dati.

Quanti lavoratori servono

Come dimostrano anche gli ultimi dati del Bollettino del Sistema informativo Excelsior realizzato da Unioncamere e Anpal, sono circa 472mila le nuove assunzioni programmate dalle imprese per il mese di ottobre e 1,2 milioni quelle per il trimestre ottobre-dicembre, con una leggera flessione rispetto all’anno precedente a causa del rallentamento che sta interessando l’economia globale ed europea.

Ormai, è strutturale la difficoltà di reperimento del personale segnalata dalle imprese, che riguarda addirittura il 51% delle assunzioni programmate. Dato che raggiunge il picco del 66,3% per gli operai specializzati e del 53% per le professioni tecniche e per quelle qualificate nelle attività commerciali. Tra le figure che le aziende fanno più fatica a trovare ci sono poi sopratutto operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (circa il 76%), fonditori, saldatori, lattonieri e calderai.

A fronte di questo quadro un po’ sconfortante, ma che dall’altra parte apre opportunità interessanti, in Italia solo il 15% dei lavoratori è alla ricerca attiva di un lavoro o di un’opportunità: come sottolinea il report di CleverConnect, i più attivi sono i giovani, con il 32% dei candidati nella fascia tra i 18 e i 24 anni e il 20% tra i 25 e i 34 anni, mentre meno di 1 su 5 (19%) ha più di 35 anni.

Parola d’ordine: “candidate experience” personalizzata

Il 45% dei talenti invece è un candidato passivo, cioè una persona attualmente occupata che non cerca un altro impiego, ma che è aperta a proposte e nuove opportunità e che può essere quindi attivata con una “candidate experience” personalizzata. Cosa significa questo? Che non bastano più i vecchi processi di recruiting cui le aziende erano abituate. Servono nuovi paradigmi.

“I processi di selezione e acquisizione dei talenti da assumere sono cambiati profondamente negli ultimi anni: si è passati da un processo lineare di pubblicazione di un posto vacante, attesa delle candidature, colloqui e scelta del candidato, a un percorso di selezione molto più articolato”, spiega Dario D’Odorico, Country Manager Italia e Spagna di CleverConnect.

“Oggi, in un mercato del lavoro complesso dove mancano candidati e competenze in diversi settori, sono sempre più i candidati a scegliere l’azienda e non più il contrario. Per rendersi attrattive, le imprese devono imparare a costruire relazioni di qualità con i talenti con cui entrano in contatto, prima, durante e dopo il processo di selezione, rendendo annunci e iter di selezione più trasparenti, attivando molteplici canali di comunicazione, per trasformare candidati passivi in attivi”.

La chiave di un rectruitment efficace sta proprio qui: nella capacità degli HR di andare oltre la mera selezione di profili, di creare cioè una connessione autentica, originale, unica con i papabili candidati. Un percorso di recruitment customizzato, si potrebbe dire.

Quando un colloquio non è efficace

Secondo il sondaggio, tra i criteri che portano gli italiani a scartare un’offerta di lavoro spiccano la mancanza di informazioni sulla retribuzione (46%) e sulle mansioni (46%), mentre il 43% è scoraggiato nel momento in cui non c’è trasparenza sulle fasi del processo di recruiting e il 36% se i criteri di selezione non sono presentati in modo chiaro. Tutte le fasce di età intervistate danno importanza alla retribuzione, in particolar modo i Baby Boomers (49%) e i Millennials (48%).

Durante il processo di assunzione, incidono la selezione poco personalizzata (39%) – il 39% poi si dice pronto a interrompere la selezione nel caso in cui percepisse che è poco personalizzata, con domande o situazioni non coerenti con il livello di esperienza -, la mancanza di comunicazione dello stato della candidatura (36%) o di interazione con le persone all’interno dell’azienda (32%), il tempo di risposta dopo ogni fase (22%) e l’assenza di feedback personalizzati (23%). Per 1 su 5 ha grande peso la durata complessiva del processo.

Come deve essere il colloquio perfetto

Nel 55% dei casi i candidati apprezzano particolarmente una telefonata come primo contatto da parte di un recruiter. I candidati più giovani, di età compresa tra i 18 e i 34 anni, invece sono più a loro agio nell’utilizzare l’email per i primi contatti, considerata meno “invadente” e più facilmente gestibile: quasi il 70% di loro la preferisce, rispetto a una media del 50% delle persone dai 35 anni in su. La fascia più giovane dei candidati apprezza anche SMS (il 15% contro il 4% degli over 35) e i social personali come Instagram e TikTok (12% contro l’8% degli over 35 anni).

Dall’indagine emerge quindi come i giovani in fase di selezione apprezzino il contatto con le persone, il confronto e il feedback, mentre nella fase di application e screening possono anche farne a meno, prediligendo canali di comunicazione digitali. Al feedback sono particolarmente sensibili i candidati tra 25 e 34 anni, con un 29% di risposte rispetto al 23% della media, mentre gli under 25 danno molta importanza al rapporto con le persone dell’azienda, con il 38% che è pronto a interrompere la selezione in caso di mancanza di interazione.

Inoltre, è apprezzata la trasparenza nelle offerte di lavoro:e il 26% vorrebbe ricevere testimonianze dei dipendenti. Al centro di tutto, è chiaro come ci sia la valorizzazione delle competenze: nell’81% dei casi i talenti si dicono aperti a candidarsi anche per un’offerta di lavoro che non corrisponde alla propria professione ma alle proprie competenze.

Infine, il rapporto con un candidato non si esaurisce con il primo contatto: quasi 9 intervistati italiani su 10 affermano di voler ricevere regolarmente informazioni dai recruiter anche successivamente (89%). Nel dettaglio, il 39% dei candidati passivi over 35 è interessato a ricevere offerte di lavoro che corrispondono al proprio profilo una volta a settimana, percentuale in netto contrasto con gli under 25 (14%), che prediligono comunicazioni meno frequenti (38% apprezza comunicazioni una volta al mese, il 33% ogni 3 mesi).

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