Dopo l’annuncio dello “sblocco” in Italia, ChatGPT scrive un nuovo capitolo nella giovanissima (ma già chiacchieratissima) storia. Il chatbot a Intelligenza Artificiale diventa un’applicazione per smartphone, come richiesto da milioni di utenti in giro per il mondo.
A oltre cinque mesi dal rilascio di ChatGPT al grande pubblico, la startup di San Francisco ribadisce ancora una volta di voler andare avanti col progetto, nonostante le numerose polemiche e gli allarmi sui rischi legati alla capacità del sistema di generare opere “umane”. Bisogna però prestare attenzione alle app fake, che “clonano” l’impostazione di ChatGPT e riescono ad aggirare l’opera di filtro di Apple e Google (l’Intelligenza Artificiale è la nuova elettricità. Cok: “Ma ecco perché non basterà”).
L’applicazione di ChatGPT: cosa sappiamo
Si parte dall’universo iPhone e iPad, con un’applicazione gratuita che adesso è disponibile sull’App Store di iOS. Al momento soltanto per gli Stati Uniti, ma gli sviluppatori hanno annunciato che presto arriverà anche sui dispositivi Android. “Stiamo iniziando il rollout negli Stati Uniti e ci espanderemo in altri Paesi nelle prossime settimane”, si legge in un post sul blog che annuncia la nuova app.
A differenza della versione web per desktop, la versione mobile consente agli utenti di parlare e usare la voce per porre domande al sistema. L’app include il supporto per l’input vocale, tramite il modello di riconoscimento della parola Whisper AI. L’azienda produttrice OpenAI ha dichiarato che non ci sarà pubblicità e che è prevista la sincronizzazione della cronologia della chat. “Siamo curiosi di vedere come utilizzerete l’app. Mentre raccogliamo feedback dagli utenti, ci impegniamo a migliorare continuamente le funzionalità e la sicurezza di ChatGPT”, ha scritto OpenAI.
Come si scarica l’app
D’accordo, sarebbe più corretto dire “come si scaricherà” l’app, ma il metodo utilizzato per ora soltanto negli Usa varrà anche da noi. Come nella versione web di ChatGpt, gli utenti dovranno creare un account OpenAI (gratuitamente) e utilizzarlo per accedere all’app ChatGPT. È necessaria la connessione dati o Wi-Fi, perché l’elaborazione delle risposte avviene al di fuori del dispositivo, sui server di OpenAI. Non è dunque utilizzabile in modalità aereo. Gli abbonati a ChatGPT Plus – la versione a pagamento al costo di 20 dollari al mese + IVA – avranno inoltre accesso alle funzionalità previste dalla versione web, come l’utilizzo del più potente modello GPT-4, tempi di risposta più rapidi e anteprime delle nuove funzioni.
Gli utenti americani che hanno scaricato e utilizzato il chatbot sul proprio cellulare hanno parlato di un’interfaccia “di gran lunga migliore per utilizzare ChatGPT rispetto alla navigazione tramite browser mobile”. I test iniziali del riconoscimento vocale WhisperAI hanno tuttavia evidenziato alcuni malfunzionamenti, forse dovuti a bug e server sovraccarichi. OpenAI ha però fatto sapere che migliorerà il servizio. Tra le altre novità a breve termine, si segnala anche il rilascio del plugin che consentirà di cercare risposte anche sul web.
Occhio alle applicazioni clone e fake
OpenAI ha poi rivolto un appello molto importante agli utenti: fare attenzione alle app che si spacciano per ChatGPT e che continuano a rendersi disponibili sugli store online. A certificarlo è anche Sophos, una società di cybersicurezza, che in un report parla del cosiddetto “fleeceware” (dal verbo inglese “to fleece”, cioè “spennare” o “derubare”). Si tratta di applicazioni trovate sia su Google Play sia su Apple App Store create truffare gli utenti tramite il pagamento di abbonamenti costosi per funzionalità scadenti o inesistenti.
Uno dei campanelli d’allarme riguarda gli slogan pubblicitari di queste app clone, che promettono conversazioni realistiche e divertenti con personaggi noti sulle tematiche più disparate. Il secondo segnale che si è di fronte a un fake riguarda proprio gli Ads e i pop-up, che chiedono continuamente agli utenti di attivare abbonamenti che possono comportare un esborso anche di centinaia di euro. Ci si può rendere conto della truffa anche dall’interfaccia: la scrittura e l’implementazione sono “dozzinali” e non usano realmente il modello GPT di OpenAI per generare le risposte.