Meat free week, l’iniziativa del WWF per una settimana senza carne contro gli allevamenti intensivi

Da oggi e per tutta la settimana, l'organizzazione ambientalista invita a non consumare carne per migliorare le condizioni di ambiente, clima, animali e la nostra salute

Pubblicato: 26 Febbraio 2024 15:45

Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Cibo: elemento essenziale della nostra quotidianità, capace di influenzare non solo il nostro benessere, ma anche l’ambiente e il destino delle specie animali. Il WWF, con la Meat Free Week, invita a riflettere su queste connessioni, proponendo una settimana senza carne, dal 26 febbraio al 2 marzo. Un’occasione per sperimentare scelte concrete volte a migliorare la nostra salute e ridurre il nostro impatto sul pianeta.

Verso un’allevamento sostenibile: la proposta del WWF

In Europa, più dell’80% della carne proviene da allevamenti intensivi. In Italia, la situazione è ancora più grave: 85% dei polli e oltre il 95% dei suini sono allevati in questo modo, e quasi tutte le vacche da latte non hanno accesso al pascolo libero.

Un modello che ha un costo elevatissimo:

La rilevanza del tema è evidenziata dalla recente presentazione di un testo di legge da parte del WWF e di una coalizione di associazioni. L’obiettivo è avviare una transizione ecologica nel settore zootecnico italiano, mettendo al centro le piccole aziende e garantendo la tutela dell’ambiente, della salute umana, del benessere animale, e dei lavoratori del settore.

Impatto ambientale e sociale degli allevamenti intensivi

Gli allevamenti intensivi emergono come una delle principali cause del cambiamento climatico, contribuendo al 16,5% delle emissioni globali di gas serra. Questa cifra, paragonabile agli effetti dell’intero settore dei trasporti, evidenzia il ruolo cruciale degli allevamenti intensivi nel contesto ambientale. Non solo sono responsabili del 60% delle emissioni dell’intero settore agroalimentare, ma anche del consumo significativo di risorse, con un impatto che si estende fino al 10% dell’acqua dolce del Pianeta e al 30% delle terre non coperte dai ghiacci.

La deforestazione è un ulteriore effetto collaterale, alimentata dalla crescente richiesta di carne a livello globale. Il 60% delle foreste pluviali, con picchi del 70% in Amazzonia, viene abbattuto per creare pascoli e coltivare quantità considerevoli di vegetali, soprattutto soia e cereali, destinati all’alimentazione animale. Questi processi non solo provocano la perdita di habitat e specie selvatiche ma contribuiscono anche all’effetto serra, un catalizzatore del riscaldamento globale.

Oltre agli impatti ambientali, gli allevamenti intensivi rappresentano anche uno dei sistemi di produzione alimentare più crudeli. Gli animali sono costretti a vivere tutta la vita in spazi sovraffollati, spesso privati di luce naturale e privati della possibilità di esprimere comportamenti naturali.

Efficienza e impatti degli allevamenti intensivi

L’insostenibilità degli allevamenti intensivi si manifesta anche dal punto di vista dell’efficienza nutrizionale. Nonostante il 77% dei terreni agricoli mondiali sia destinato all’allevamento, questi producono solamente il 18% delle calorie e il 37% delle proteine totali consumate a livello globale. La disparità tra l’uso delle risorse e i benefici alimentari evidenzia una critica inefficienza nel modello attuale.

Un altro aspetto cruciale è rappresentato dalla crescente minaccia dell’antibiotico-resistenza, dichiarata recentemente dall’OMS come “un’emergenza sanitaria globale”. Le statistiche confermano che in Europa si verificano oltre 10mila decessi all’anno a causa di resistenza agli antibiotici, di cui un terzo avviene in Italia. Questo triste primato potrebbe essere attribuito all’ampio numero di allevamenti nel nostro paese e all’abuso di medicinali veterinari.

Gli impatti ambientali degli allevamenti intensivi si estendono anche al rilascio di sostanze dannose come il particolato atmosferico, principalmente ammoniaca dalle deiezioni degli animali. In Italia, gli allevamenti sono addirittura la seconda causa di inquinamento da polveri sottili (PM), evidenziando la necessità di affrontare con urgenza questa sfida nutrizionale e sanitaria globale.

La dieta e il clima: un cambiamento preoccupante

l percorso che ci ha condotto a questo punto richiede un’analisi approfondita. Innanzitutto, è fondamentale considerare l’aumento della domanda di carne, che ha visto un passaggio da un consumo medio di 25 kg a testa a oltre 80 kg all’anno, nel giro di soli 60 anni. Questo incremento rappresenta una triplicazione del consumo, con conseguenti impatti significativi sull’ambiente.

Dal punto di vista climatico, ogni italiano emette fino a 4,5 kg di CO2e solo attraverso il consumo di carne, quasi il doppio di quanto previsto dalla Dieta Mediterranea, che genera solo 2,3 kg di CO2e pro capite. Il 60% dell’eccesso giornaliero di emissioni è attribuibile proprio al consumo di carne.

Nonostante la Dieta Mediterranea sia considerata la principale dieta sostenibile a livello mondiale, soddisfacendo tutti gli aspetti di sostenibilità e salute, solo il 13% degli italiani la segue ancora. La maggioranza, soprattutto i giovani, ha aumentato notevolmente il consumo di proteine e grassi di origine animale, a discapito dei prodotti a base vegetale come frutta, verdura, legumi e noci. Questo comporta un’assunzione di proteine decisamente superiore al reale fabbisogno giornaliero, delineando una complessa sfida da affrontare.

Diete a base vegetale: la chiave per un futuro migliore

“Due terzi dei mammiferi del Pianeta sono quelli che mangiamo – afferma Eva Alessi, responsabile Sostenibilità presso il WWF Italia – Un passaggio a diete a base vegetale sarebbe la vera chiave di volta per risolvere con un unico gesto i problemi ambientali e garantirci migliori condizioni di vita.”

Se si adottasse una dieta senza carne a livello globale, si assisterebbe a un drastico miglioramento degli indicatori ambientali. Il consumo di suolo legato all’alimentazione diminuirebbe del 76%, le emissioni di gas serra scenderebbero del 49%, l’eutrofizzazione sarebbe ridotta del 49%, e l’uso di acqua blu e verde diminuirebbe del 35%. Oltre ai benefici ambientali, ci sarebbero notevoli vantaggi per la salute: l’adozione di una dieta vegetariana a livello mondiale entro il 2050 potrebbe ridurre la mortalità globale fino al 10%, evitando circa 7 milioni di morti all’anno. Il veganismo, inoltre, potrebbe portare questa stima a 8 milioni. Studi indicano che il passaggio a diete più sane potrebbe aumentare l’aspettativa di vita fino a dieci anni.

La transizione verso diete a base vegetale emerge come una prospettiva promettente per affrontare le sfide ambientali e promuovere il benessere globale.

“Oltre gli allevamenti intensivi”: una proposta per un futuro più sostenibile

Il 22 febbraio, Greenpeace Italia, ISDE – Medici per l’ambiente, Lipu, Terra! e WWF Italia hanno presentato in Parlamento la proposta di legge intitolata “Oltre gli allevamenti intensivi. Per una transizione agro-ecologica della zootecnia”. L’obiettivo dichiarato è promuovere una transizione ecologica nel comparto zootecnico italiano.

Le associazioni sottolineano la necessità di affrontare gli eventi climatici estremi sempre più frequenti, evidenziando le pesanti ricadute sulla qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo. Questo contesto impone la ricerca di una nuova efficienza alimentare che favorisca produzioni a basso consumo di risorse, con minori impatti ambientali, sociali e sanitari. La proposta di legge rappresenta un passo verso la realizzazione di una zootecnia sostenibile, in sintonia con le esigenze attuali e future dell’ambiente e della società.

Un fronte unito per la zootecnia sostenibile

Durante l’evento di presentazione della proposta di legge, diversi rappresentanti hanno preso la parola in sostegno all’iniziativa. Tra loro Michela Vittoria Brambilla, deputata (Noi Moderati) e presidente dell’intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la tutela dell’ambiente; Eleonora Evi, deputata (Alleanza Verdi Sinistra) e segretaria di presidenza dell’intergruppo parlamentare per i diritti degli animali; Andrea Orlando, deputato (Partito Democratico); Chiara Gribaudo, deputata (Partito Democratico); Carmen Di Lauro, deputata (Movimento 5 Stelle); Francesco Romizi, portavoce di ISDE – Medici per l’ambiente; e Maura Cappi, portavoce del Comitato G.A.E.T.A. di Schivenoglia (MN), uno dei comitati locali contro gli allevamenti intensivi.

La proposta di legge mira a valorizzare le piccole aziende agricole zootecniche, promuovendo la transizione ecologica delle grandi e medie aziende attraverso un piano di riconversione finanziato con un fondo dedicato. Inoltre, la proposta prevede una moratoria immediata all’apertura di nuovi allevamenti intensivi e all’aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti.

La proposta di legge per la transizione agro-ecologica zootecnica

Le associazioni proponenti mirano a promuovere la transizione ecologica del settore zootecnico, valorizzando i piccoli produttori e assicurando ai consumatori prodotti sani e di qualità. Questo obiettivo si allinea con l’eccellenza del “Made in Italy” e prevede una riduzione del consumo di carne e derivati animali da allevamenti intensivi, in linea con le raccomandazioni dell’OMS. Si enfatizza la necessità di limitare l’espansione dei maxi-allevamenti intensivi, specialmente nelle aree già afflitte da problemi ambientali e sanitari legati alla zootecnia.

Le associazioni invitano istituzioni, economia e società a collaborare per la salvaguardia dell’ambiente, della salute pubblica e dei lavoratori. Propongono una legislazione che supporti gli allevatori, in particolare quelli di piccole dimensioni, offrendo loro alternative sostenibili e proteggendo il futuro del pianeta. Si suggerisce un piano nazionale con sostegno pubblico per la conversione agro-ecologica degli allevamenti intensivi.

L’insostenibilità del sistema zootecnico italiano

Come sottolineato nella relazione illustrativa della proposta di legge, il sistema zootecnico rappresenta una significativa fonte di inquinamento, contribuendo a oltre due terzi delle emissioni nazionali di ammoniaca con gravi conseguenze sulla salute umana, specialmente per quanto riguarda le emissioni di polveri sottili. L’Italia, in particolare, si classifica al secondo posto in Europa dopo la Polonia per morti premature causate dall’esposizione a PM 2,5, con quasi 50 mila decessi prematuri registrati nel 2021.

L’ampio numero di animali allevati intensivamente in Italia, superiore a 700 milioni all’anno, comporta un notevole sfruttamento di risorse, spesso deviate dal consumo diretto umano. Circa due terzi dei cereali commercializzati nell’Unione Europea vengono destinati all’alimentazione animale, mentre circa il 70% dei terreni agricoli europei è impiegato per colture come il mais, che richiede ingenti quantità di acqua, una risorsa sempre più scarsa. La proposta di legge cerca di affrontare queste sfide promuovendo una transizione verso una zootecnia più sostenibile.

Equità, iniquità e urgenze: prospettive per il comparto agro-zootecnico italiano

Il settore agro-zootecnico italiano è caratterizzato da notevoli disuguaglianze: l’80% dei fondi europei destinati all’agricoltura beneficia solo il 20% dei soggetti, a discapito delle piccole imprese. I dati Eurostat mostrano che, in poco più di un decennio, l’Italia ha visto la scomparsa di oltre 320 mila aziende agricole, con un calo del 38% delle piccole aziende e un contemporaneo aumento delle aziende di dimensioni maggiori.

La riforma del settore è resa urgente anche dagli impegni internazionali assunti dall’Italia, come la Direttiva NEC, che richiede una riduzione delle emissioni di ammoniaca del 16% e di PM2,5 del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. La Direttiva Nitrati, la cui inosservanza ha portato a una procedura d’infrazione, e la Direttiva quadro sulle acque, che mira al raggiungimento di uno stato ecologico “buono” delle acque entro il 2027, sono ulteriori fattori che spingono verso una riconversione ecologica del settore.

Strategie sostenibili: allineamento della proposta di legge con gli obiettivi globali

La proposta di legge si allinea con le Strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030, che richiedono una trasformazione urgente dei sistemi alimentari verso la sostenibilità, operando nei limiti ecologici del pianeta. Inoltre, è in linea con gli obblighi internazionali dell’Italia, come quelli assunti alla COP28 sul Clima, che includono l’integrazione dei sistemi alimentari nei piani di adattamento ai cambiamenti climatici.

Il manifesto pubblico della proposta di legge stabilisce obiettivi chiari: proteggere la salute pubblica limitando l’impatto degli allevamenti intensivi, specialmente nelle aree ad alta densità; preservare le risorse naturali per la sicurezza alimentare attuale e futura; contribuire al raggiungimento degli obiettivi in termini di clima, biodiversità e riduzione dell’inquinamento; sostenere i piccoli allevamenti e promuovere la conversione ecologica dei grandi allevamenti intensivi, garantendo i diritti dei lavoratori e il benessere degli animali.

Dieci motivi per partecipare alla Meat Free Week

Partecipare alla Meat Free Week rappresenta un gesto significativo non solo per la tua salute, ma anche per il benessere del pianeta e degli animali. Questa iniziativa promuove l’adozione di una dieta prevalentemente vegetale, offrendo un’opportunità di riflettere su come le nostre scelte alimentari possano influire positivamente su vari aspetti della nostra vita e dell’ambiente che ci circonda. Dai benefici per la salute cardiaca al contributo alla sostenibilità ambientale, esploriamo dieci motivi convincenti per abbracciare la Meat Free Week.

  1. Salute cardiaca migliorata: seguire una dieta prevalentemente vegetale riduce il rischio di malattie cardiache
  2. Controllo del colesterolo: sostituire proteine animali con proteine vegetali riduce i livelli di colesterolo
  3. Mantenimento della forma: le diete a base vegetale sono più leggere di quelle ricche di prodotti animali
  4. Benefici ambientali: rinunciare alla carne supporta gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra e il consumo di risorse
  5. Riduzione della fame nel mondo: riducendo il consumo di carne, si liberano risorse alimentari per nutrire la popolazione mondiale
  6. Etica animale: ridurre il consumo di carne contribuisce a ridurre la crudeltà sugli animali allevati intensivamente
  7. Esplorazione culinaria: eliminare la carne dalla dieta permette di scoprire nuove ricette gustose e creative
  8. Sostenibilità della biodiversità: mangiare meno carne aiuta a preservare gli habitat naturali e a sostenere un’agricoltura più sostenibile
  9. Aumento dell’energia: le diete a base vegetale forniscono energia sostenibile e duratura
  10. Risparmio economico: gli alimenti a base vegetale tendono ad essere più convenienti rispetto alla carne di alta qualità

Meat Free Week: un invito a scelte sostenibili per la salute e il pianeta

Da oggi e per l’intera settimana, il WWF estende un invito a tutti per partecipare attivamente alla Meat Free Week. Un appello a compiere ogni giorno un piccolo passo (o pasto) per salvaguardare la nostra salute e quella del pianeta. L’iniziativa promuove uno stile di vita sano e responsabile, riflettendo i valori di sostenibilità e benessere.

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