I batteri buoni anti siccità degli ulivi salvano l’agricoltura mediterranea

Uno studio Enea rivela che i batteri del suolo e delle radici rendono gli ulivi più resistenti alla siccità: potrebbero salvare l'agricoltura

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Mirko Ledda

Editor e fact checker

Scrive sul web dal 2005, come ghost writer e debunker di fake news. Si occupa di pop economy, tecnologia e mondo digitale, alimentazione e salute.

Sotto l’ombra degli uliveti si nasconde un mondo invisibile che potrebbe salvare l’agricoltura mediterranea dalla siccità. Secondo una ricerca Enea pubblicata su Applied Sciences e condotta con il Cnr e le Università di Milano, di Torino e di Viterbo (Tuscia), le comunità di batteri che vivono nel suolo e nelle radici dell’ulivo sono in grado di adattarsi alla carenza d’acqua e aiutare la pianta a farlo a sua volta.

Lo studio, parte del progetto internazionale BiomeNext, ha individuato un nucleo stabile di ceppi, il cosiddetto core microbiome, che resta attivo anche quando l’acqua scarseggia, garantendo il mantenimento delle funzioni vitali del terreno e delle radici.

L’esperimento in Umbria con due regimi idrici

Il test è stato condotto in due uliveti dell’Umbria, a Boneggio e Lugnano, su quattro cultivar: Arbequina e Koroneiki (più vulnerabili alla siccità) e Chemlal e Shengeh (più resistenti).

I ricercatori hanno confrontato piante irrigate con piante esposte solo alle piogge naturali, in due stagioni chiave, estate e inverno, analizzando campioni di suolo e di radici per ricostruire la composizione del microbioma.

Grazie a tecniche di metagenomica a lettura lunga (cioè lo studio del Dna di intere comunità microbiche) e strumenti di text mining, lo studio ha integrato dati di sequenziamento e migliaia di pubblicazioni scientifiche per identificare i microrganismi più efficaci nel promuovere la resilienza vegetale.

Cosa accade nel terreno quando manca l’acqua

I risultati mostrano che il microbioma del suolo rimane sorprendentemente stabile anche in condizioni di siccità. Molte specie di batteri, infatti, condividono le stesse funzioni biologiche. Si tratta di una forma di ridondanza funzionale che garantisce continuità ecologica anche quando alcune popolazioni si riducono.

Nei campioni analizzati, i ricercatori hanno rilevato una costanza della diversità microbica tra suoli secchi e irrigati, spiegabile con la capacità di molti batteri di entrare in stato di dormienza e riattivarsi al ritorno dell’umidità. È un equilibrio invisibile ma essenziale che consente al suolo di continuare a fornire nutrienti e di proteggere le radici anche nei periodi più aridi.

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Le radici scelgono i batteri anti siccità

Diversa è la risposta a livello delle radici. La composizione del microbioma interno cambia nettamente tra piante irrigate e non irrigate. Gli ulivi selezionano i batteri più utili per difendersi dalla mancanza d’acqua.

In estate, le differenze funzionali tra radici asciutte e umide sono risultate più marcate nelle cultivar Chemlal e Koroneiki, mentre in inverno si sono osservate soprattutto in Arbequina e Shengeh.

Le comunità batteriche associate alle radici hanno attivato geni chiave per la sopravvivenza degli alberi:

Tre batteri fondamentali per la resilienza dell’ulivo

Lo studio individua tre generi microbici centrali nella risposta allo stress idrico:

La soluzione alla siccità: i consorzi microbici

Enea spiega che questi batteri potrebbero essere utilizzati per sviluppare consorzi microbici sintetici (SynComs), cioè comunità di microrganismi selezionati e combinati in modo mirato.

Una volta introdotti nel terreno o attorno alle radici, agirebbero come bioinoculanti naturali, capaci di potenziare le difese delle piante, migliorare l’assorbimento di acqua e nutrienti e stimolare la produzione di sostanze protettive.

In pratica, un boost probiotico per il suolo, pensato per rendere le coltivazioni mediterranee più resilienti alla siccità, senza ricorrere a fertilizzanti o additivi chimici.

I batteri buoni per migliorare le colture

Il team del Laboratorio di Bioeconomia circolare rigenerativa di Enea sta già lavorando alla selezione di consorzi microbici ottimizzati per aumentare la resa e la qualità delle colture, riducendo l’uso di acqua.

L’obiettivo è integrare le conoscenze sui microbiomi in un modello di bioeconomia rigenerativa, in cui le interazioni naturali tra piante e batteri diventano risorse da potenziare per la sicurezza alimentare e climatica del Mediterraneo.

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