Geoingegneria, le possibili soluzioni per contrastare il cambiamento climatico

Cloud seeding e disidratazione della stratosfera sono alcune delle soluzioni proposte per contrastare il cambiamento climatico, ma sono ancora in fase di studio

Pubblicato: 30 Agosto 2024 16:10

Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

La geoingegneria, una disciplina che propone soluzioni tecnologiche per contrastare i cambiamenti climatici, è tornata prepotentemente all’attenzione del pubblico. Benché alcune delle sue tecniche non siano nuove, sono state rilanciate, alimentate anche da teorie complottiste che spesso escludono le evidenze scientifiche.

Le proposte sono molteplici e ambiziose, tutte incentrate sulla manipolazione del clima. Tra le più note troviamo la Solar Radiation Management (SRM), che mira a ridurre la luce solare iniettando nell’atmosfera particelle di anidride solforosa. Altri progetti ambiscono a migliorare l’albedo della Terra, utilizzando materiali riflettenti su tetti o deserti per respingere la radiazione solare. Inoltre, le emissioni negative sono al centro di diverse ricerche, con l’obiettivo di catturare e stoccare il carbonio dall’atmosfera.

Le proposte più estreme includono il cloud seeding e la disidratazione stratosferica, tecniche ancora in fase di studio e dibattito a causa delle potenziali controindicazioni, degli elevati costi e delle incognite sulle conseguenze a lungo termine.

La geoingegneria offre uno spettro ampio di soluzioni, ma solleva importanti interrogativi etici e scientifici. La manipolazione del clima su scala planetaria è un’impresa complessa e rischiosa, che richiede un approccio cautelativo e basato su solide evidenze.

Siccità, un problema crescente che stimola nuove soluzioni

La siccità rappresenta una delle manifestazioni più gravi dei cambiamenti climatici, con impatti devastanti su ecosistemi, agricoltura e risorse idriche. Questo fenomeno è aggravato dall’aumento delle temperature globali e dalla variazione nei modelli di precipitazione, che rendono sempre più frequenti e intensi i periodi di aridità. In risposta a questa crisi, la geoingegneria sta emergendo come una possibile soluzione per mitigare gli effetti della siccità e migliorare la gestione delle risorse idriche.

Tecniche come il cloud seeding, che stimola la formazione di precipitazioni, e la disidratazione stratosferica, mirata a ridurre il vapore acqueo nell’atmosfera, sono state proposte come risposte innovative al problema della scarsità d’acqua. Il cloud seeding, per esempio, è stato utilizzato per aumentare le precipitazioni in regioni aride, con l’obiettivo di fornire acqua supplementare per l’agricoltura e il rifornimento delle risorse idriche. Tuttavia, la sua efficacia e le sue implicazioni ambientali sono ancora oggetto di studio e discussione.

La disidratazione stratosferica, d’altra parte, cerca di affrontare il problema alla radice, intervenendo direttamente sul vapore acqueo che contribuisce all’effetto serra e alla formazione di nubi. Questa tecnica prevede la dispersione di particelle di ioduro di bismuto per convertire il vapore acqueo in cristalli di ghiaccio e precipitare a quote più basse. Sebbene promettente, questa strategia solleva interrogativi riguardo ai suoi effetti collaterali e alla sostenibilità a lungo termine.

Disidratare la stratosfera, una proposta controversa per combattere il riscaldamento globale

Il vapore acqueo è il gas serra naturale più abbondante nell’atmosfera terrestre, e gioca un ruolo fondamentale nel trattenere il calore all’interno del pianeta. Questo gas si trova nell’atmosfera terrestre, l’involucro gassoso che avvolge la Terra e si estende fino a 10.000 chilometri di altezza. L’atmosfera è suddivisa in diverse zone, tra cui la stratosfera, che si colloca approssimativamente tra i 20 e i 50 chilometri di altitudine.

In questo contesto si inserisce una proposta innovativa dell’Agenzia scientifica americana National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), recentemente pubblicata sulla rivista Science Advances. La Noaa, che fa parte del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, è un ente di riferimento per le previsioni meteorologiche, lo studio della fisica dell’atmosfera e il monitoraggio dello spazio.

La proposta della Noaa riguarda una tecnica chiamata disidratazione stratosferica, la quale, almeno in teoria, potrebbe ridurre la quantità di vapore acqueo nella stratosfera. Il metodo suggerito prevede l’utilizzo di particelle di ioduro di bismuto per formare nuvole e causare precipitazioni mediante la tecnica del cloud seeding. Questo processo è volto a impedire al vapore acqueo di raggiungere la stratosfera, dove, secondo la Noaa, sarebbe corresponsabile di circa il 30% dell’aumento della temperatura media globale.

Il meccanismo proposto consiste nella dispersione di particelle di ioduro di bismuto di 10 nanometri di diametro (un centomillesimo di millimetro) in specifiche aree del pianeta, dove le correnti ascensionali riescono a trasportare il vapore acqueo fino alla stratosfera. Una delle regioni chiave identificate è l’Oceano Pacifico equatoriale occidentale. Qui, la disidratazione potrebbe facilitare lo sviluppo di precipitazioni a quote inferiori alla stratosfera, liberandola così dal vapore acqueo.

Questa strategia ambiziosa mira a ridurre il riscaldamento globale, controllando uno dei gas serra più potenti attraverso un intervento mirato e scientificamente sofisticato. Tuttavia, come tutte le tecniche di geoingegneria, richiede ulteriori studi per valutarne l’efficacia e le potenziali conseguenze a lungo termine sull’ambiente e sul clima globale.

Disidratare la stratosfera: un gioco d’azzardo climatico?

La proposta del Noaa di disidratare la stratosfera ha sollevato un acceso dibattito tra gli scienziati. Al centro di questa controversia c’è la tropopausa, la sottile frontiera che separa la turbolenta troposfera, dove si formano le nuvole e il tempo atmosferico, dalla stratosfera, uno strato più calmo e secco.

L’idea è di introdurre particelle di ioduro di bismuto nella stratosfera per trasformare il vapore acqueo in cristalli di ghiaccio, che poi precipiterebbero. In questo modo si ridurrebbe la quantità di vapore acqueo presente nella stratosfera, considerato uno dei principali responsabili del riscaldamento globale.

Tuttavia, questa soluzione presenta numerosi interrogativi. Uno dei principali riguarda il destino dei cristalli di ghiaccio: una volta formati, potrebbero evaporare prima di raggiungere la superficie, vanificando così l’obiettivo della disidratazione. Il Noaa, pur riconoscendo questa possibilità, la considera un problema “secondario” e ritiene che possano essere trovate soluzioni tecnologiche.

Ma quali potrebbero essere le conseguenze di questa manipolazione del clima? Oltre all’incertezza sull’efficacia della tecnica, esistono preoccupazioni riguardo ai potenziali effetti collaterali. La modifica dell’equilibrio atmosferico potrebbe innescare reazioni a catena imprevedibili, alterando i modelli climatici e impattando sulla biodiversità.

La disidratazione stratosferica è un esempio lampante di geoingegneria, ovvero l’insieme delle tecnologie che mirano a manipolare il clima terrestre su larga scala. Questa disciplina solleva profonde questioni etiche e scientifiche. Da un lato, offre potenziali soluzioni a problemi urgenti come il riscaldamento globale. Dall’altro, comporta rischi elevati e incertezze che richiedono un’attenta valutazione.

In conclusione, la proposta del Noaa rappresenta una sfida affascinante ma rischiosa. È fondamentale continuare a studiare e approfondire questa tematica, valutando attentamente i potenziali benefici e i rischi prima di prendere qualsiasi decisione. La strada verso un futuro sostenibile è ancora lunga e complessa, e richiede un approccio multidisciplinare e basato sulla conoscenza scientifica.

Cloud seeding e alluvioni, verità e mistificazioni

Il cloud seeding è una tecnica che consente di influenzare le condizioni meteorologiche alterando la quantità e il tipo di precipitazioni. Questo processo avviene tramite la dispersione di specifiche sostanze chimiche, come lo ioduro d’argento, all’interno delle nuvole per stimolare la formazione di pioggia o neve. Pur condividendo alcune somiglianze con la disidratazione della stratosfera, il cloud seeding è già stato applicato in diverse parti del mondo, con risultati concreti e verificabili.

Un caso eclatante che ha attirato l’attenzione globale si è verificato negli Emirati Arabi Uniti nell’aprile scorso. In quell’occasione, si sono registrate precipitazioni straordinarie, con una quantità di pioggia caduta in poche ore pari a quella che solitamente si verifica in un anno intero. Questo fenomeno insolito ha subito innescato un’ondata di critiche e ha alimentato teorie complottiste e negazioniste, che hanno puntato il dito contro il cloud seeding come causa delle piogge torrenziali.

Tuttavia, è importante considerare che gli Emirati Arabi Uniti, in collaborazione con gli Stati Uniti, sperimentano il cloud seeding sin dagli anni Quaranta. Non si tratta, quindi, di una novità assoluta, ma di una tecnica che ha una lunga storia di utilizzo e sviluppo.

Per rispondere alle polemiche, il National Center of Meteorology di Abu Dhabi ha emesso un comunicato chiarificatore. Secondo il direttore generale Omar Al Yazeedi, il cloud seeding è efficace solo se attuato prima dell’inizio delle precipitazioni. Intervenire quando le piogge sono già abbondanti, afferma, non avrebbe alcun effetto utile. Anche se questa affermazione potrebbe sembrare di parte, è stata sostenuta da altri esperti nel campo climatico.

Ad esempio, Daniel Swain, climatologo presso l’Università della California, ha confermato che il cloud seeding non è responsabile delle inondazioni di aprile. Swain ha spiegato che queste piogge estreme sono state principalmente una conseguenza del cambiamento climatico, e non della manipolazione intenzionale delle nuvole.

Questo episodio evidenzia le sfide e le controversie che circondano il cloud seeding. Nonostante la sua base scientifica consolidata, questa tecnologia è spesso al centro di dibattiti accesi, specialmente quando eventi meteorologici estremi si verificano in coincidenza con il suo utilizzo. Per questo motivo, l’applicazione del cloud seeding richiede non solo competenza tecnica, ma anche una comprensione profonda delle dinamiche climatiche globali in continua evoluzione.

Cloud seeding, un’arma a doppio taglio per controllare le piogge

Le tecniche di disidratazione della stratosfera rimangono ancora in una fase sperimentale e teorica, con molte incertezze riguardo al loro funzionamento effettivo. Sebbene il cloud seeding sia una tecnologia più consolidata e diffusa, anche su di esso permangono numerosi dubbi. Nonostante sia stato impiegato con una certa regolarità non solo negli Emirati Arabi Uniti, ma anche negli Stati Uniti e in Cina, la sua efficacia continua a essere oggetto di dibattito.

In Cina, il cloud seeding è stato utilizzato per scopi molto specifici, come ad esempio durante la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Pechino del 2008, dove si è cercato di prevenire la pioggia. Inoltre, è una pratica comune in occasione di eventi nazionali, come la Giornata Nazionale della Repubblica Popolare Cinese, il 1° ottobre, dove si cerca di garantire bel tempo.

Nonostante la lunga storia di utilizzo, non vi è ancora una certezza scientifica assoluta sulla reale efficacia del cloud seeding. Una delle principali obiezioni sollevate dalla comunità scientifica riguarda il fatto che non si può escludere che la pioggia indotta da questa tecnica non sarebbe comunque caduta naturalmente.

Tuttavia, se si assume che il cloud seeding sia realmente efficace, questa tecnica potrebbe offrire importanti vantaggi. Ad esempio, l’immissione di ioduro d’argento nell’atmosfera potrebbe aumentare le precipitazioni, portando benefici significativi all’agricoltura e migliorando la qualità dell’aria. Questi vantaggi si tradurrebbero in benefici economici e sanitari, specialmente nelle aree più aride del pianeta, contribuendo a contrastare la desertificazione. Inoltre, la possibilità di controllare le precipitazioni consentirebbe un migliore monitoraggio dei fenomeni atmosferici e un’analisi più precisa dell’efficacia delle tecnologie di geoingegneria.

Esistono però anche svantaggi e limitazioni rilevanti. L’incertezza sull’efficacia del cloud seeding, secondo molti scienziati, richiede un’analisi più approfondita e cauta. Sarà necessario del tempo per valutare quali effetti avranno sull’ambiente e sulla salute umana le particelle chimiche rilasciate nelle nuvole. Queste particelle, una volta cadute con la pioggia, possono finire nelle falde acquifere e nei corpi idrici superficiali, come fiumi, laghi e mari, con potenziali rischi ancora da chiarire.

Inoltre, è importante sottolineare che il cloud seeding non crea nuove nuvole, ma aumenta la quantità di pioggia prodotta da quelle già esistenti. Questo implica che, per sfruttare appieno questa tecnologia, sarebbe necessario sviluppare adeguate infrastrutture di stoccaggio delle acque piovane, da utilizzare durante i periodi di siccità.

Cloud seeding, impatto economico e incertezze scientifiche

La pratica del cloud seeding ha attirato l’attenzione di governi e aziende agricole in tutto il mondo, promettendo di aumentare le precipitazioni e di migliorare la produttività agricola. Ma quali sono i benefici economici reali di questa tecnica?

Esaminando dati specifici, come quelli forniti dal governo del North Dakota negli Stati Uniti, emergono stime economiche interessanti. In particolare, se si ipotizzasse un aumento del 5% delle precipitazioni grazie al cloud seeding, l’impatto positivo sulle coltivazioni nella parte occidentale dello Stato sarebbe significativo, stimato in circa 21,2 milioni di dollari all’anno, equivalenti a 9,19 dollari per acro coltivato. Se si riuscisse a incrementare le piogge del 10%, il beneficio economico crescerebbe a 41,9 milioni di dollari (ossia 18,15 dollari per acro coltivato). Inoltre, la riduzione dei danni causati dalla grandine potrebbe portare un ulteriore vantaggio di 6,9 milioni di dollari per il settore agricolo.

Questi dati suggeriscono un potenziale rendimento economico molto elevato, pari a 53 dollari per ogni dollaro speso nel cloud seeding. Il costo di un programma di cloud seeding è relativamente basso: circa 40 centesimi per acro. Secondo le stime del governo del North Dakota, le entrate fiscali derivanti da questi programmi potrebbero avvicinarsi al milione di dollari. In Texas, un programma di cloud seeding su vasta scala, della durata di 5 o 6 mesi, avrebbe un costo variabile tra i 4 e i 5 centesimi di dollaro per acro.

I costi associati al cloud seeding, però, variano considerevolmente in base all’entità del progetto e alla localizzazione geografica. Ad esempio, gli Emirati Arabi Uniti hanno investito ingenti risorse sia nella ricerca che nell’applicazione pratica del cloud seeding, destinando 10,8 milioni di dollari a un recente progetto in questo ambito, oltre a investimenti pluriennali.

Nonostante l’attrattiva economica, restano significative incertezze riguardo ai potenziali rischi e alle conseguenze delle applicazioni di queste tecniche. Le comunità scientifiche che si occupano di geoingegneria continuano a sottolineare che molte delle implicazioni a lungo termine del cloud seeding sono ancora tutte da studiare. Anche se i benefici economici sono evidenti, la comunità scientifica invita a procedere con cautela, dato che gli impatti ambientali e sociali di tali tecnologie potrebbero rivelarsi complessi e imprevedibili.

Un futuro incerto tra innovazione e prudenza

La geoingegneria, seppur affascinante e potenzialmente rivoluzionaria, si muove in un campo minato di incertezze scientifiche e controversie etiche. Tra i vari punti chiave troviamo infatti:

La geoingegneria, seppur affascinante e potenzialmente rivoluzionaria, si muove in un campo minato di incertezze scientifiche e controversie etiche. Il dibattito sulla sua applicazione non si limita agli aspetti tecnici, ma coinvolge questioni di governance globale e giustizia climatica. È essenziale, quindi, che ogni passo verso l’utilizzo di queste tecnologie sia supportato da una solida base scientifica e da una valutazione completa delle possibili conseguenze a lungo termine. Solo attraverso un approccio multidisciplinare e cautelativo potremo esplorare queste frontiere senza compromettere la sostenibilità del nostro pianeta.

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963