Mentre a Roma si è conclusa presso la sede della Fao la seconda sessione della Cop16 sulla biodiversità, viene da chiedersi cosa si possa fare concretamente non solo per arrestarne la perdita, ma anche per tornare ad aumentare la ricchezza di vita sulla terra. Un sistema che, dati alla mano, funziona è quello della food forest.
Si tratta di un vero e proprio giardino commestibile, una piantagione diversificata di piante commestibili che imita gli ecosistemi e i modelli presenti in natura. Un bosco non ha bisogno di potature, trattamenti, lavorazioni del suolo o manutenzioni particolari, e ha una grande capacità di produrre biomassa grazie all’equilibrio dinamico tra le diversi componenti. L’obiettivo è ricreare questo sistema.
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Cos’è una food forest e come funziona
Di fatto, una food forest è una coltivazione sostenibile, multi funzionale e a bassa manutenzione, ormai considerata la nuova frontiera del cibo bio. Nella definizione di uno dei massimi esperti in Italia, Stefano Soldati, è un sistema che, ispirandosi al bosco, cerca di produrre il massimo di cibo, fibre e legna da ardere, per soddisfare i nostri bisogni. Noi la chiamiamo food forest, perché richiama il concetto di cibo, ma in realtà ci sono altre funzioni altrettanto importanti.
Può essere formata da alberi da legno oltre che da frutto, erbe medicinali e officinali, cespugli di bacche, ortaggi. Ogni elemento cresce in sinergia con le piante spontanee e la fauna locale e si fonde con l’ecosistema.
Per creare la foresta commestibile si utilizza un tipo di agricoltura senza pesticidi, insetticidi e fertilizzanti. Mentre la terra fa crescere le piante, le piante creano suolo fertile grazie alla loro attività chimica, insieme a microrganismi, batteri, funghi e lombrichi.
I vantaggi per noi e per l’ambiente
Se lasciamo la natura lavorare da sola, anziché lavorarla noi, i risultati sono sorprendenti. Tra i tanti vantaggi, ecco i principali:
- la food forest non deve essere ripiantata anno dopo anno, perché molto resistente;
- le radici degli alberi contribuiscono a immagazzinare il carbonio nel suolo e a migliorare la circolazione dei nutrienti;
- il suolo si autoconcima grazie alle foglie e ai frutti caduti;
- grazie alla presenza di erbe, il suolo rimane coperto, il che che impedisce la perdita di acqua e contrasta l’erosione;
- con un suolo sano come base, le foreste alimentari richiedono una minore o nessuna fertilizzazione artificiale e contribuiscono a diminuire le emissioni di Co2, riducendo gli effetti del cambiamento climatico.
Anche gli animali ne traggono grandi vantaggi. Gli insetti impollinatori, come api, vespe, farfalle, possono nutrirsi e aumentare la biodiversità, e gli altri animali possono trovare cibo, rifugio e ombra nello stesso luogo.
Alcuni esempi in Italia
In Italia ormai stanno nascendo in varie parti esempi di food forest. La prima è stata nel 2019 quella di Bosco Nico, in Veneto. Poi sono arrivati i progetti in Alta Badia, in Lombardia al Parco Nord di Milano, in Sicilia con Geloi, la food forest più grande del Sud Italia, parco naturale all’interno della Zona di Protezione Speciale Piana di Gela. Sempre in Sicilia, ne è nata una a Partinico, in un appezzamento di cinque ettari confiscati alla mafia e affidati a una cooperativa con diverse realtà della zona.
A Parma è nata invece la Picasso Food Forest, il Fruttorto di via Marconi che è il primo esempio di sperimentazione di una food forest urbana e pubblica. In Sardegna, a Tortolì, nell’incantevole Ogliastra, c’è una foresta commestibile che addirittura riduce l’impronta ecologica facendo piantare alberi ai viaggiatori.
In Piemonte, nel Monferrato, nel 2020 è partito il progetto Food For Forest che, tra le altre cose, è un importante esempio di selvipastorizia rigenerativa. Il pascolo dei maiali funge da strumento di pulizia del sottobosco e contenimento delle specie infestanti. Prevede anche la rimozione del legname morto per favorire l’accrescimento e il rinnovo di specie arboree di qualità, e la promozione della filiera gastronomica locale attraverso la produzione di carni e salumi.
A Roma, grazie a Greenpeace è nato nel 2020 il Bosco delle api, replicato tre anni dopo a Cremona. Oltre a essere un rifugio per la fauna e la flora, queste aree diventano spazi aperti per incontri, attività didattiche e iniziative culturali, contribuendo a sensibilizzare la popolazione sull’importanza della conservazione della natura.
La food forest di Giovanni Storti
Chiunque faccia una ricerca sulla food forest in Italia non può non imbattersi in uno dei personaggi più famosi: il famosissimo, e bravissimo, comico del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, Giovanni Storti. Presidente e socio di Green Media Lab (laboratorio di idee basato sulla sostenibilità), super ambientalista e divulgatore sui social, l’attore è impegnato nella realizzazione di una food forest in Piemonte.
Il terreno agricolo si ispira al bosco, ricco di biodiversità ed è un progetto nato insieme a zeroCO2, startup che si occupa di riforestazione ad alto impatto sociale.
Come si fa una foresta commestibile
Ma come si fa una foresta commestibile? Progettarla non è così complicato come si possa pensare, e per farlo è essenziale tenere a mente cosa è meglio fare. Ad esempio:
- privilegiare alberi, arbusti, sempreverdi e autoseminanti;
- piantare fittamente e utilizzando coperture del terreno per ombreggiare il terreno ed eliminare le erbacce;
- utilizzare piante che fissano l’azoto e accumulano sostanze nutritive, restituendo i rifiuti alla terra per creare un terreno sano anziché applicare fertilizzanti;
- piantare una vasta gamma di piante che attirano insetti utili per impollinare e impedendo che arrivino i parassiti;
- utilizzare diverse tecniche di modellamento del terreno per mantenere l’acqua piovana sul sito;
- progettare con accuratezza la collocazione delle piante per la creazione di microclimi e frangivento.