Elezioni, qualcuno pensa alle p. Iva? Chi ha proposto meno tasse

Taglio delle tasse, aumento degli stipendi e pensioni più alte: la campagna elettorale è ormai entrata nel vivo, ma qualcuno sta pensando alle p. Iva?

Pubblicato: 4 Settembre 2022 12:55

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Taglio delle tasse, aumento degli stipendi e pensioni più alte: la campagna elettorale, in vista del voto di domenica 25 settembre, è ormai entrata nel vivo, ma qualcuno sta pensando alle partite Iva?

Nel corso del 2021, secondo i dati riportati dall’Osservatorio Mise, sono state aperte circa 549.500 nuove partite Iva, con un incremento del 18,2% in confronto all’anno precedente, frutto del “rimbalzo” dopo la flessione del 2020. Si tratta di contribuenti, potenziali elettori e per lo più giovani che non godono delle tutele di un contratto subordinato. A questi, cosa stanno promettendo i leader in cima ai sondaggi elettorali?

A proposito, qui gli ultimi dati e la rimonta inaspettata di un partito.

Quante sono le partite Iva in Italia che votano a settembre

Come riportato dall’Osservatorio sulle partite Iva in Italia, report elaborato dal ministero dello Sviluppo Economico, la distribuzione per natura giuridica mostra che il 67,2% delle partite Iva nel 2021 è stato aperto da persone fisiche. Rispetto al 2020, dati alla mano, c’è stato un aumento del +10,1%.

La ripartizione per genere è stabile, con il 62,2% di aperture da parte di soggetti di sesso maschile:

Ancora, volendo fare un confronto con l’anno precedente, c’è stato un incremento di aperture decrescente all’aumentare dell’età degli avviati alla libera professione (dal +11,5% della classe più giovane al +8,4% della più anziana).

Se si prendono in considerazione i numeri delle partite Iva aperte da persone fisiche nel nostro paese, e quindi da potenziali elettori, ci si rende subito conto che il bacino di utenza alle urne non è certo da sottovalutare.

La destra punta tutto sulla flat tax: nessun beneficio per i forfettari

Giorgia Meloni, durante la conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Milano per la festa dei lavoratori, a maggio autodefiniva il suo partito “la voce delle partite Iva”, ma probabilmente già allora il suo intento era quello di strizzare un occhio agli imprenditori, zoccolo duro dei votanti della destra italiana.

Oggi infatti, nel suo programma elettorale parla di partite Iva e di interventi a favore dei professionisti, ma punta tutto sulla flat tax, che concretamente andrebbe ad agevolare solo chi ha un volume di affari molto alto, a discapito invece di chi ha un reddito medio, come per esempio i forfettari.

Eppure lo scorso anno i soggetti che hanno aderito al regime forfettario (anziché al regime fiscale ordinario, qui le differenze) sono stati 239.203, con un aumento dell’11% in confronto al 2020. Le adesioni rappresentano il 43,5% del totale delle nuove aperture di partita Iva, ma non è a questi che né Forza Italia, né Lega né tanto meno Fratelli d’Italia si rivolge spingendo con l’introduzione della flat tax.

Quando la Meloni nel suo programma parla di “Fisco più equo e difesa del potere d’acquisto degli italiani” spiega anche che il suo intento è quello di “ridurre la pressione fiscale su imprese e famiglie attraverso una riforma all’insegna dell’equità: riforma dell’Irpef con progressiva introduzione del quoziente familiare; estensione della flat tax per le partite Iva fino a 100 mila euro di fatturato”.

Così il suo partito vuole:

In caso di vittoria, quindi, con Giorgia Meloni il taglio delle tasse per le partite Iva ci sarebbe, ma di fatto a beneficiarne sarebbero solo i più ricchi.

Sulla stessa onda Berlusconi e Salvini, il primo ha infatti proposto un’aliquota fissa per professionisti imprese (quindi paradossalmente un forfettario che guadagna meno di 65 mila euro l’anno si troverebbe a pagare le stesse tasse di imprenditore che ne guadagna 100 mila), mentre il leader del Carroccio ha parlato di estensione della flat tax al 15% per le partite Iva con reddito fino ad 80 mila euro.

Letta promette il taglio delle tasse e la riforma fiscale, ma sulle partite Iva non si sbilancia

Dopo essersi rivolto ai piccoli e medi imprenditori, durante la presentazione della sua candidatura a Vicenza come capolista al plurinominale nel collegio blindato, sono pochissimi gli interventi in cui Letta ha parlato di partite Iva e regimi minimi. Nel programma elettorale del partito democratico, in merito ai liberi professionisti, si legge che l’intenzione dei dem – in caso di vittoria – è di introdurre un versamento dei contributi che non sia più annuale, a titolo di saldo e acconto come funziona ora (qui i dettagli sui versamenti e le scadenze), ma mensile.

“Dal lato fiscale, sosteniamo le attività di artigiani, piccole e medie imprese e professionisti, e proponiamo un pacchetto di ulteriori misure che mettiamo in campo per contrastare i maggiori costi derivanti dalla spinta inflattiva. Per esempio: un’opzione di autoliquidazione mensile delle imposte per partite Iva, autonomi e liberi professionisti e professioniste in alternativa al sistema saldo acconto e l’estensione della detrazione IRPEF del 50% a tutte le tipologie di start-up per le persone fisiche under 35”.

Per i forfettari sopra i 35 anni, con un volume d’affari inferiore ai 65 mila euro e che – superati i 5 anni dall’avvio dell’attività – vedranno le imposte aumentare, nulla. Il Pd ha però le idee chiare sulla riforma fiscale, che punta a un taglio generale delle tasse, a vantaggio dei redditi bassi e medi. Il che, in teoria, dovrebbe riguardare anche chi è in regime forfettario.

Come riportato nel documento caricato sul sito, infatti, l’obiettivo è “un sistema fiscale equo e progressivo” con lo stop delle “flat tax proposte dalle destre, propaganda elettorale sulla pelle di chi ha meno” in quanto “avvantaggiano solo i redditi più alti e sottraggono risorse per il welfare”.

“La nostra proposta di riforma fiscale è volta a realizzare una riduzione del carico IRPEF, a partire dai redditi medi e bassi e una razionalizzazione delle agevolazioni fiscali, trasformando quelle di valenza sociale (spese sanitarie, scolastiche, etc.) in erogazioni dirette ai contribuenti, compresi gli incapienti – si legge poi -. Dobbiamo migliorare i rapporti tra Stato e contribuenti, semplificando drasticamente gli adempimenti attraverso il Codice tributario unico, lo sviluppo del fisco digitale, l’abolizione delle micro-tasse, e attuando la riforma della giustizia tributaria. Ridurre drasticamente l’evasione fiscale è un obiettivo chiave del nostro programma. Per accrescere la fedeltà dei contribuenti proponiamo di estendere la tracciabilità dei pagamenti, incrociare le banche dati, potenziare le Agenzie fiscali, premiare maggiormente i contribuenti leali”.

Tasse partite Iva: Movimento 5 stelle non pervenuto

Al grido di “Le partite Iva non si toccano”, mentre il Governo lavorava alla Manovra finanziaria, il Movimento 5 Stelle a gennaio 2020 sui social si faceva portavoce dei forfettari. Era poco prima dello scoppio della pandemia, quando Conte non era ancora leader dei pentastellati e la situazione in Italia – sia a livello economico che sociale – era ben diversa da quella di oggi.

Due anni fa, comunque, i cinquestelle si schieravano dalla parte dei forfettari, annunciando l’intenzione di voler confermare i benefici riconosciuti ai regimi agevolati. E oggi? Nel programma elettorale 2022 c’è un solo e unico cenno alle partite Iva, quando si parla di “Riforma degli ammortizzatori sociali in senso universale anche per autonomi, partite Iva, liberi professionisti e per le nuove tipologie di lavoro”.

Nello stesso documento, scaricabile sul sito del M5s, nessun altro punto su una possibile riduzione delle tasse per i forfettari o ad aiuti che vadano incontro a chi non ha un reddito particolarmente alto ed è un libero professionista. C’è da dire, però, che al contrario della destra, Conte si è detto più volte contrario all’introduzione di una flat tax.

“Se volete votare bene, misuratevi sui problemi concreti, sulle nostre proposte concrete e non su quei ‘palloni’ che vi sparano ogni tanto come la flat tax al 22% a favore dei ricchi”, ha detto l’ex presidente del Consiglio durante un comizio elettorale a San Benedetto del Tronto. “C’è tanto da fare, per i disabili, per i precari, per categorie pagate una miseria rispetto al lavoro che svolgono, paghe da fame, – ha poi aggiunto – favorire il lavoro per i giovani che sono i più poveri fra noi”.

L’introduzione di un salario minimo, dopo il reddito di cittadinanza (qui i partiti che invece lo vogliono togliere) , è diventata ormai uno dei cavalli di battaglia nella campagna elettorale del Movimento 5 Stelle.

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