Il tema del maggiore utilizzo del contante, tramite l’innalzamento del tetto e della soglia entro la quale eliminare l’obbligo del Pos, sta catalizzando il dibattito di Governo e opinione pubblica in merito alla Manovra. L’ultimo scontro in materia si è consumato tra la Banca d’Italia che in audizione ha sottolineato come “soglie più alte” per l’utilizzo del contante “favoriscono l’economia sommersa” e Palazzo Chigi, attraverso le parole del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari che ha attaccato l’istituto perché espressione degli interessi delle banche private. La stessa Giorgia Meloni ha affrontato il tetto al contante nella sua nuova rubrica social. A difesa della misura decisa dal suo esecutivo la premier ha mostrato dei grafici sull’argomento, che risulterebbero però incompleti.
Indice
Contanti e nero, la relazione di Bankitalia
Di fronte alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, il capo del Servizio Struttura Economica del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia, ha spiegato come limiti più alti dell’utilizzo del contante favoriscano l’evasione fiscale mentre “l’uso di pagamenti elettronici permettendo il tracciamento delle operazioni” la ridurrebbe. Una considerazione di segno esattamente opposto all’indirizzo del Governo Meloni.
“I limiti all’uso del contante, pur non fornendo un impedimento assoluto alla realizzazione di condotte illecite, rappresentano un ostacolo per diverse forme di criminalità ed evasione”, ha detto ancora Balassone.
Il grafico di Giorgia Meloni
Per sostenere la misura dell’innalzamento del tetto al contante a 5mila euro, soltanto il giorno prima il presidente del Consiglio aveva parlato del tema all’interno della prima puntata della sua rubrica social, Gli appunti di Giorgia.
Nel video la premier mostra un grafico di Unimpresa che smentirebbe “tragicamente” la tesi secondo la quale a uno spostamento verso l’alto dell’asticella del limite dell’uso di banconote corrisponda una maggiore evasione fiscale. Indicando la tabella la premier spiega che l’anno in cui è stata registrata una minore evasione fiscale in Italia è il 2010, quando il tetto al contate era proprio di 5mila euro.
Secondo la presidente del Consiglio, dunque, “per paradosso, più è basso il tetto al contante e più si rischia evasione”.
La tesi Giorgia Meloni si basa però su un grafico utilizzato senza contesto ed è la stessa Unione nazionale delle imprese a sconfessare l’interpretazione della premier.
Nel comunicato stampa pubblicato insieme all’istogramma, l’associazione spiega infatti che “non è possibile individuare alcuna correlazione diretta tra l’andamento dell’evasione fiscale e l’evoluzione del cosiddetto ‘tetto al contante'”.
Il grafico di Unimpresa mostra l’andamento del valore dell’economia sommersa tra il 2010 e il 2019, collegato alla variazione del limite al contante, che nel corso degli anni è cambiato diverse volte.
Se per gli anni dal 2014 al 2019 Unimpresa prende i dati sull’evasione fiscale da una relazione pubblicata del 2021 del Mef, e le stime del 2013 e 2012 da una relazione del 2016, per quanto riguarda gli anni 2011 e 2010 i calcoli sarebbero più controversi.
In particolare per il 2010, l’anno preso ad esempio da Meloni, l’economia sommersa per un valore di circa 83 miliardi di euro, è stata ricavata dalla somma del cifre contenute in una relazione del 2017, dalla quale mancherebbero però alcune imposte (come l’evasione sul lavoro dipendente o i contributi previdenziali) considerate invece nei conteggi degli altri anni.
Contanti e nero, dove si evade di più
La tesi che un maggiore utilizzo del contante non favorisca un rischio superiore di evasione fiscale sarebbe contraddetta anche dalle relazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio, soprattutto in regioni come Calabria e Campania.
Secondo le stime dell’Upb sul campione italiano dell’Indagine Study on the use of cash by households della Bce e sui dati della “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva” allegata alla Nadef 2019, queste due regioni sono quelle in cui si paga di più in banconote e dove l’evasione fiscale è tra le più alte d’Italia.
In Calabria, a fronte del 90% delle transazioni economiche in contanti, la stima del sommerso ricopre il 21% dell’economia. In Campania l’economia sommersa si aggira intorno al 20% con utilizzo di circa l’80% del contante.
I grafici citati dalla Gazzetta del Sud, dimostrano che le Regioni italiane dove l’utilizzo delle banconote è più diffuso sono proprio quelle in cui si stimano i maggiori livelli di evasione dell’Iva.
Contrariamente a Calabria e Campania, la Lombardia fa registrare un utilizzo del contante in una percentuale tra il 55% e il 60% delle transazioni con meno dell’11% di economia, il Friuli Venezia Giulia circa l’11% di economia non osservata e meno del 60% di utilizzo del contante e l’Emilia Romagna circa il 12% e sotto il 65% di pagamenti in banconote.
Nella relazione l’Ufficio parlamentare di bilancio ha ricostruito i provvedimenti legislativi che hanno cambiato la soglia del contante durante gli anni.
Nel documento dell’Upb è citata un’estesa letteratura economica, “pressoché concorde nel sostenere che l’aumento dei pagamenti in contanti possa comportare un incremento dell’evasione“.
Uno studio del 2022 sostiene, infatti, che l’aumento del tetto ai contanti varato con la manovra del 2016 – da 1.000 a 3.000 euro – ha avuto l’effetto collaterale di far crescere l’economia sommersa.
Contestualmente un’altra analisi di quest’anno conclude che l’abbassamento adottato a fine 2011 – da 5.000 a 1.000 euro – ha contribuito a far calare l’evasione, soprattutto nei settori in cui la propensione a evadere è più alta.
Negli ultimi anni si è registrata una tendenza all’abbassamento del tetto che oggi il Governo Meloni vuole riportare a 5mila euro, cancellando inoltre sotto i 60 euro l’obbligo da parte degli esercenti per i consumatori che volessero pagare con il Pos.
“Vengono pertanto modificati, in senso meno restrittivo, meccanismi che generalmente affiancano e forniscono ausilio agli strumenti di contrasto dell’evasione fiscale (split payment, fatturazione elettronica, invio telematico degli scontrini) e del riciclaggio di denaro”, scrive l’Ufficio parlamentare di Bilancio l’Autorità dei conti pubblici.
Un tetto relativamente contenuto al contante, rileva ancora l’Upb, “rientra generalmente in una più ampia strategia antievasione e antiriciclaggio, contribuendo a un più efficace monitoraggio fiscale e del riciclaggio di denaro di provenienza illecita e, di conseguenza, attraverso questo, a un maggiore coordinamento, su queste tematiche, con le altre autorità europee di settore”.