In base a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, l’amministratore di condominio deve pagare i danni al condominio se non si attiva per il recupero dei crediti condominiali. Secondo quanto asserito dai Giudici Supremi con ordinanza n. 36277 pubblicata lo scorso 28 dicembre 2023, viene riconosciuta la responsabilità di un amministratore condominiale che non aveva agito presentando, tramite il suo avvocato, il ricorso per ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nei confronti di un condomino moroso. Il mero sollecito a pagare gli oneri condominiali, anche se reiterato, non vale pertanto ad escludere la responsabilità dell’amministratore. Vediamo meglio.
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Doveri dell’amministratore di condominio
La gestione delle quote condominiali non pagate è spesso motivo di discussione all’interno dei condominii. Di fronte alla morosità di alcuni condomini scatta il timore, da parte di quelli più diligenti che hanno adempiuto entro i termini previsti, di dover sostenere le spese che spettano ad altri.
Un ruolo fondamentale, in presenza di morosi nella compagine condominiale, è svolto dall’amministratore dello stabile che, in questi casi, deve assolvere precisi compiti. Lui sarà infatti tenuto a riscuotere i crediti condominiali relativi ai servizi e alla gestione delle parti comuni, entro il termine di 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio cui tali crediti fanno riferimento.
Cosa deve fare l’amministratore dello stabile
L’amministratore di un condominio, per riscuotere i crediti condominiali e adempiere gli obblighi a lui imposti dalla legge con la dovuta diligenza, dovrà:
- inviare al condomino moroso una lettera di invito al pagamento degli oneri condominiali con eventuali solleciti in caso di successivi mancati versamenti;
- inviare una lettera di diffida ad adempiere indirizzata al condomino nel caso in cui i solleciti non abbiano sortito alcun effetto, mettendolo in mora e minacciando di adire le vie legali nel caso in cui egli dovesse perseverare nell’inadempimento;
- qualora il pagamento non sia conseguito, conferire mandato ad un avvocato affinché il condominio, nella persona dell’amministratore, agisca in giudizio contro il condomino moroso.
Sarà necessario in quest’ultimo caso, tramite la rappresentanza di un legale, depositare presso il Tribunale il ricorso per ottenere un decreto ingiuntivo ovvero il provvedimento con il quale il Giudice emette l’ingiunzione di pagamento a carico del soggetto inadempiente. Per far ciò non è necessario che l’amministratore convochi una riunione assembleare in quanto la legge non richiede il benestare dei condomini.
Al decreto ingiuntivo emesso dal Giudice nei confronti del condomino inadempiente seguono le procedure esecutive, che mirano nel concreto all’effettivo recupero del credito tramite atto di precetto in primo luogo e successivo pignoramento dei beni del debitore.
Inadempimento dell’amministratore del condominio: quali sono le conseguenze
Poiché come abbiamo visto la riscossione dei crediti condominiali rientra tra i doveri dell’amministratore, il mancato assolvimento dei suoi obblighi può comportare la revoca del mandato. Si ricorda che l’incarico conferito all’amministratore ha durata di 1 anno e si intende rinnovato per eguale durata.
La revoca deve essere deliberata dall’assemblea in qualsiasi momento con le maggioranze di legge o secondo quanto disposto dal regolamento condominiale.
A prescindere dalla revoca, si deve evidenziare che nel comportamento dell’amministratore che non si attiva in giudizio per riscuotere i crediti del condominio si ravvisano gli estremi per avviare un’azione legale volta a far valere la sua responsabilità e ottenere il risarcimento dei danni subiti dagli altri condomini.
Spetterà al condominio leso nei propri interessi e rappresentato da un avvocato fornire la prova dei danni subiti e della riconducibilità degli stessi al comportamento inadempiente dell’amministratore.
Si pensi ad una eventuale interruzione dei servizi condominiali e delle forniture da parte degli enti fornitori ed erogatori nonché alla possibile maggiore difficoltà nel recupero del credito che possa conseguire all’omessa o mancata tempestività di azione da parte dell’amministratore. È proprio quanto accaduto nella fattispecie all’esame della Corte di Cassazione che ha dato luogo all’ordinanza n. 36277 del 28 dicembre 2023 dalla terza sezione civile.
Il caso concreto esaminato dalla Corte di Cassazione
Nel caso citato dalla sentenza della Corte di Cassazione in esame, il condomino era costituito da una società che non aveva pagato alcuni crediti condominiali relativi alla gestione dei beni e dei servizi comuni. A seguito dell’inerzia dell’amministratore, non era stato possibile procedere con il recupero del credito nei confronti della società, a causa dello scioglimento della stessa e della sua cancellazione dal registro delle imprese.
Secondo l’accertamento dei fatti, l’amministratore aveva avuto tutto il tempo necessario per iscrivere ipoteca sugli immobili di proprietà della società a garanzia del credito e attivarsi per il recupero degli oneri condominiali rimasti inevasi.
In applicazione degli articoli 1129 codice civile e 63 delle disposizioni di attuazione del Codice civile, l’amministratore è stato condannato a versare una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno subito dal condominio, a conferma della posizione assunta già dalla Corte d’Appello che, in secondo grado, affermava l’inadempimento degli obblighi dell’amministratore.
Con la sentenza in oggetto, la Corte di Cassazione mira a sottolineare l’importanza di una tempestiva azione di recupero del credito in caso di morosità di alcuni condomini proprio al fine di non vanificare gli effetti dell’azione intrapresa.
La normativa di riferimento
Norma di riferimento in merito agli obblighi dell’amministratore relativi alla gestione della compagine condominiale è l’articolo 1129 del Codice civile che fissa le modalità di nomina, revoca e identifica quelli che sono i doveri dell’amministratore.
Al comma 9 dell’articolo si afferma che, a meno che non ci sia un’espressa dispensa da parte dell’assemblea (tramite specifica delibera), l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dai soggetti obbligati, entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.
La disposizione è molto chiara sul punto: non è necessario il consenso da parte dell’assemblea per poter agire e in assenza, perché lui è tenuto ad attivarsi per la riscossione coattiva del credito entro un termine ben preciso.
Costituisce grave irregolarità da parte dell’amministratore, qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva.
In base al disposto di cui all’articolo 63 disposizioni di attuazione del Codice civile, per la riscossione dei contributi di cui all’articolo 1130 comma 1 numero 3), in base allo stato di ripartizione che viene approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione dell’assemblea, può ottenere un decreto di ingiunzione di pagamento immediatamente esecutivo, nonostante l’opposizione. Infine, è tenuto a comunicare ai creditori non soddisfatti che lo interpellino i dati relativi ai condomini morosi.