Nelle delicate settimane che precedono la fine dell’anno, i lavori sul testo della legge di Bilancio entrano nella fase decisiva. Se i tempi dell’approvazione non vengono rispettati, il rischio concreto al quale si va incontro è quello dell’esercizio provvisorio, che comporta forti limitazioni nella gestione delle spese pubbliche da parte dell’Esecutivo.
E proprio le spese pubbliche sono al centro dell’attenzione. Come è noto infatti la manovra è un complesso testo che definisce le entrate e le uscite dello Stato e opera interventi chiave su tasse, investimenti, welfare e politiche economiche. Nel testo troviamo, ovviamente, anche il capitolo relativo alle spese per la sanità e la gestione del sistema sanitario nazionale – Ssn, tra le più impegnative per le risorse dello Stato.
Secondo i sindacati e i partiti dell’opposizione, la legge di Bilancio 2025 certificherebbe la diminuzione degli stanziamenti per i servizi sanitari pubblici, a tutto vantaggio della sanità privata. Non a caso, in questi giorni in Parlamento non è mancata la bagarre anche in materia di rifinanziamento del Fondo sanitario nazionale, garanzia delle prestazioni sanitarie ai meno abbienti e tutela del diritto individuale alla salute.
Ecco perché la recente sentenza della Corte Costituzionale, la n. 195 dello scorso 6 dicembre, assume un significato non trascurabile. È stato affermato che l’obiettivo di contenere la spesa pubblica, collegato anche a vincoli UE, non può prescindere dalla primaria importanza che hanno le spese per la sanità. I tagli al settore debbono essere il risultato di una scrupolosa valutazione, senza margini per scelte “al buio”.
Vediamo allora più da vicino l’interessante sentenza, che appare di orientamento anche per i lavori relativi alla manovra 2025, giunti ormai alle battute finali.
Indice
Il giudizio di legittimità costituzionale attivato dalla Regione Campania
La decisione della Consulta prende le mosse dal giudizio di legittimità costituzionale in merito all’art. 1 – commi 527 e 557 – dell’ultima legge di Bilancio (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026).
Il giudizio è stato promosso dalla Regione Campania con ricorso dello scorso febbraio, con il quale si indica che gli appena citati commi avrebbero violato una pluralità di articoli della Costituzione, riguardanti ad es. il principio di uguaglianza, le sfere di competenza degli enti locali e le regole fondamentali del bilancio dello Stato.
L’amministrazione regionale prendeva di mira – tra l’altro – la richiesta statale alle Regioni di sborsare 350 milioni di euro all’anno per coprire la sanità pubblica. In caso di inadempienza, la stessa legge di Bilancio imponeva una punizione all’ente, che avrebbe dovuto subire un taglio delle risorse statali, comprese quelle per la sanità locale.
In particolare nel testo della manovra 2024 era infatti scritto che:
ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica, in considerazione delle esigenze di contenimento della spesa pubblica e nel rispetto dei princìpi di coordinamento della finanza pubblica […] le Regioni a statuto ordinario, per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 350 milioni di euro annui.
Soprattutto, ad essere contestata era la previsione per cui il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato avrebbe provveduto al recupero dell’importo non versato, con corrispondente riduzione delle risorse spettanti a favore della Regione inadempiente.
No ai tagli alla sanità locale se è possibile ridurre altre spese
La Consulta ha accolto soltanto parzialmente le questioni sollevate dalla Regione Campania, dichiarando costituzionalmente illegittimo l’art. 1 comma 527, quinto periodo, della manovra 2024, nella parte in cui non esclude dalle risorse che è possibile ridurre quelle spettanti per il finanziamento dei diritti sociali, delle politiche sociali e della famiglia, ma anche della tutela della salute.
In linea generale, la sentenza ha ritenuto compatibile con la Costituzione la riduzione delle risorse in caso di inadempimento degli obblighi in campo di finanza pubblica, ma – al contempo – ha stabilito che lo Stato non può indiscriminatamente “tagliare” alcuni stanziamenti territoriali, per settori di rilevanza sociale e di importanza costituzionale – come la sanità e la tutela della salute.
Nel testo del provvedimento della Consulta si precisa infatti che:
in un contesto di risorse scarse, per fare fronte a esigenze di contenimento della spesa pubblica dettate anche da vincoli euro unitari, devono essere prioritariamente ridotte le altre spese indistinte, rispetto a quella che si connota come funzionale a garantire il «fondamentale» diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost., che chiama in causa imprescindibili esigenze di tutela anche delle fasce più deboli della popolazione, non in grado di accedere alla spesa sostenuta direttamente dal cittadino, cosiddetta out of pocket.
E questo a maggior ragione – spiega la Corte – se si tiene presente la sua stessa consolidata giurisprudenza che biasima una prassi legislativa troppo incline a compiere consistenti tagli lineari (sentenze n. 63 del 2024 e n. 220 del 2021) anche alla sanità, e che ha finito per peggiorare la qualità del servizio sanitario territoriale nel suo complesso. A patirne le conseguenze sono in particolare coloro che non possono permettersi cure e prestazioni sanitarie tramite spesa diretta e ricorso al privato.
Fondo test Next-Generation Sequencing
Inoltre la Corte, stimolando l’interrelazione tra Stato e territori, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 557 dell’art. 1 della legge di Bilancio 2024, nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministero della Salute – sui criteri per il riparto e il monitoraggio del “Fondo per i test di Next-Generation Sequencing per la diagnosi delle malattie rare” – sia adottato in accordo con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Salvo il contributo regionale ma con alcune condizioni
Come accennato sopra, con la sentenza n. 195 la Consulta ha – invece – ritenuto non fondate le questioni relative alla correttezza del contributo delle Regioni agli obiettivi di finanza pubblica, stabilito dalla legge di Bilancio 2024. Infatti il meccanismo si inserisce nel contesto della nuova governance europea e – anzi – il legislatore statale ha cercato di evitare che il contributo in oggetto incidesse sulle spese relative alla missione 12 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) e alla missione 13 (Tutela della salute), citate nella pronuncia.
Tuttavia, questo non toglie che vanno evitati generalizzati “tagli al buio”. La Corte Costituzionale ha infatti colto l’occasione per ricordare al legislatore di:
- raccogliere dati adeguati sulla sostenibilità dei contributi richiesti alle Regioni;
- coinvolgere la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, per rafforzare il principio di leale collaborazione (come previsto dall’art. 5 della legge n. 42 del 2009).
Che cosa cambia
La sentenza n. 195 fissa una clausola di garanzia per la sanità, di chiaro riferimento anche per chi ha responsabilità in merito alla redazione della legge di Bilancio 2025. Infatti, la Corte ha sancito il principio per il quale la protezione della salute – di cui all’art. 32 Costituzione – non può essere subordinata a logiche contabili, ma deve essere considerata, sempre e comunque, una finalità primaria e ispiratrice delle leggi e degli atti normativi in generale.
Per la Corte, gli stanziamenti rivolti alla sanità, già messi a dura prova da precedenti e massicci tagli, non possono essere ulteriormente sacrificati se ci sono altri settori di spesa su cui si possono appore riduzioni. Quindi è certamente corretto abbassare la spesa per avere un bilancio pubblico equilibrato e per ridurre il rapporto deficit-Pil – specialmente in un contesto di risorse limitate come quello italiano – ma prima agendo sulle spese generiche, non primarie e non rivolte alla tutela di un interesse della collettività e alla protezione delle fasce più vulnerabili della popolazione.
Vero è che il sottofinanziamento del settore sanitario è di durata ultradecennale e ha portato a una progressiva carenza di personale sanitario e di medici (e si prefigura una stretta su quelli a chiamata), mettendo a rischio la capillarità e la qualità del servizio pubblico e impedendo di ridurre le diseguaglianze sociali, in particolare nelle Regioni del Sud.
Pertanto la sentenza della Corte indica e ribadisce la via da seguire: lo Stato non deve arrogarsi il diritto di tagliare risorse destinate alla sanità, neanche nel caso in cui le Regioni non abbiano versato la propria quota del contributo alla finanza pubblica, prevista dalla manovra 2024.
Legge di Bilancio 2025, gli stanziamenti per la sanità
In tema di risorse alla sanità pubblica territoriale, la pronuncia dei giudici di piazza del Quirinale offre un orientamento che non può essere ignorato, stabilendo una netta linea divisoria tra spese per la salute, primarie e costituzionali, e altre spese di minor importanza per la collettività.
Con l’approvazione alla Camera la manovra 2025 ormai è praticamente definitiva, mancando solo la conferma in Senato, prevista dopo Natale. Per quanto riguarda la sanità, nella serata di venerdì 20 dicembre è stato disposto un finanziamento complessivo di 136,5 miliardi di euro per il prossimo anno e – specificamente per il contrasto al problema delle liste d’attesa – si prevede un ulteriore incremento della spesa pari allo 0,5% per l’anno 2025 e dell’1% a partire dal 2026, per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati.
Mentre, una quota vincolata corrispondente a 50 milioni di euro all’anno, a partire dal 2025, dovrà essere vincolata per il finanziamento dei nuovi Livelli essenziali di assistenza – Lea. A contrastare la scarsa capillarità dei servizi medici, la legge di Bilancio prevede inoltre che tutti gli operatori sanitari che lo vorranno, potranno restare in servizio fino a 70 anni.
Nelle scorse settimane dall’opposizione erano piovute critiche, ed è stato altrettanto anche con i sindacati. La Cgil aveva chiesto di arrivare al 7,5% del Pil per il Fondo sanitario nazionale, per stimolare la ripresa del Ssn. Mentre nella recente audizione della Fondazione Gimbe alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, si è parlato di risorse insufficienti per risollevare il suddetto Fondo e finanziare tutte le misure previste nella legge di Bilancio 2025 – su cui negli ultimi tempi i lavori sono stati molto intensi per rispettare le scadenze.
D’altra parte, anche in tema di sanità pubblica, ogni modifica deve essere attentamente vagliata per assicurare coerenza – anche e soprattutto con i vincoli di bilancio nazionali ed europei (come il rispetto del Patto di Stabilità). E una sentenza come quella vista sopra può essere ed è certamente illuminante.
Tuttavia la verifica delle spese da mettere sul piatto non può rappresentare una sorta di foglia di fico, dietro cui rinviare i necessari finanziamenti o tagliare ulteriormente gli investimenti nel settore.