Fino a 1.000 euro al mese per abbattere droni ucraini, l’offerta di Putin

Il Cremlino ha varato in fretta e furia una legge in difesa delle infrastrutture. In 15 regioni russe si reclutano riservisti e volontari

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

La guerra in Ucraina è un tragico laboratorio della nuova guerra ibrida. Il confronto diretto tra gli eserciti è dall’inizio soltanto una parte del conflitto concentrata sulla linea di contatto del fronte del Donetsk. Mentre Kiev riceve i Patriot occidentali e la Russia testa missili nucleari, la fase attuale della guerra vede come bersagli principali le strutture energetiche dei due Paesi. I droni ucraini, in particolare, hanno intensificato i loro raid contro le raffinerie nelle regioni russe immediatamente al di là del confine. Provocando sempre più frequenti danni anche a impianti del gas e a condotte destinate al trasporto degli idrocarburi.

Il Cremlino si è quindi affrettato ad approvare una legge che rafforza la difesa delle industrie e delle infrastrutture critiche. La mossa consente il reclutamento di migliaia di riservisti da impiegare “fucile in mano” a protezione di centrali e depositi petroliferi. In cambio i vari oblast’ e gli uffici locali dell’esercito offrono stipendi che vanno da meno di 100 a oltre 1.000 euro. Somme che potrebbero apparire infime, ma che per molti russi “di dentro” rappresentano un contributo decisivo per mantenere le proprie famiglie. Soprattutto in un periodo in cui l’economia nazionale appare in aperta crisi, per via di sanzioni e inflazione.

Lontani dal fronte e soldi extra, come vengono convinti i russi

Sono almeno 15 le regioni russe interessate dalla nuova mobilitazione speciale, molte delle quali situate nella parte occidentale della Federazione. Tra queste figurano Bryansk, Kaliningrad, San Pietroburgo, Rostov, Tambov, Tula, Nizhny Novgorod e Jaroslavl’. Ma anche le più lontane Baschiria, Perm’ e Krasnoyarsk.

Per incentivare il reclutamento volontario, il Cremlino ha sottolineato in tutte le salse che i nuovi riservisti

non verranno inviati al fronte ucraino, ma opereranno esclusivamente all’interno del territorio russo per garantire la sicurezza delle infrastrutture civili.

Le nuove unità saranno cioè impiegate nella sorveglianza armata delle raffinerie e nella prevenzione di attacchi aerei e sabotaggi ucraini. Suggerendo che ognuno resterà nella propria regione d’origine. Un incentivo non da poco, vista la crescente tensione sociale per una guerra che non si riesce a vincere nonostante l’invio al fronte e la morte di decine di migliaia di abitanti degli oblast’ più periferici e delle cosiddette Repubbliche etniche.

Quanto vengono pagati davvero i riservisti russi

Le regioni russe coinvolte nell’attuale campagna di reclutamento offrono paghe e bonus che variano significativamente a seconda della zona e del grado dei riservisti.

Nella regione di Bryansk, ad esempio, le autorità propongono stipendi mensili da 40.000 a 100.000 rubli (tra i 430 ai 1.100 euro circa), insieme a somme extra una tantum fino a 300.000 rubli (circa 3.200 euro). In aree lontane dalla linea del fronte, le cifre scendono drasticamente. Nella regione di Tula e nella Repubblica di Baschiria vengono promessi tra i 2.000 e i 10.000 rubli al mese (tra i 20 e i 100 euro o poco più), con ulteriori bonus per ogni drone abbattuto. Nella regione di Perm’ si parla invece di 4.000 o 7.000 rubli e nella regione di Kaliningrad fino a 6.300 rubli al mese.

Per quanto riguarda l’addestramento, nella regione di Jaroslavl’ vengono offerti tra i 21.000 e i 57.000 rubli (tra i 225 e i 610 euro) per ogni sessione di addestramento, mentre in Tula soldati e ufficiali possono guadagnare le somme più elevate: rispettivamente fino a 111.000 rubli (1.190 euro) e 150.000 rubli (1.600 euro) per ciclo di servizio.

La nuova tattica russa di “difesa interna”

Questi incentivi economici rivelano dunque come Mosca cerchi di attirare volontari per la difesa delle infrastrutture strategiche attraverso compensi e bonus che, in alcuni casi, superano le medie salariali locali. Senza, dall’altro lato, scoprire il fronte del Donbass che ora è testimone di una massiccia offensiva russa nel saliente di Pokrovsk, che già un anno fa avevamo indicato come snodo strategico decisivo per l’evoluzione del conflitto.

La mossa di Mosca riflette in questo senso più un aggiustamento che un vero e proprio cambiamento nella dottrina militare russa, come invece alcuni analisti hanno evidenziato. Con l’obiettivo di proteggere non solo le truppe in prima linea, ma anche le “retrovie industriali”. Il Cremlino intende preservare la capacità produttiva energetica, fondamentale per finanziare la guerra e garantire stabilità economica. Visti anche i prezzi dei carburanti schizzati alle stelle in quasi tutta la Federazione.

La nuova tattica mira anche a trasmettere un messaggio politico all’Occidente a guida americana e all’Europa che si sta riarmando. La Russia è in grado di difendersi su tutto il territorio, nonostante le incursioni ucraine e il supporto straniero. Dal punto di vista geopolitico, l’iniziativa rappresenta tecnicamente una forma di militarizzazione delle strutture civili. Se da un lato cioè rafforza la sicurezza delle aziende strategiche, dall’altro accentua la linea sottile tra difesa civile e preparazione militare permanente.

La nuova legge russa sulla difesa delle strutture critiche

Tutto questo è stato possibile grazie a una legge redatta, votata e approvata nel giro di un giorno. Il 4 novembre 2025 Vladimir Putin ha firmato il provvedimento che conferisce al Ministero della Difesa l’incarico di chiamata di migliaia di riservisti per la protezione di infrastrutture critiche “anche in tempo di pace“. Un passaggio importante, che indica la già evidente volontà russa di prolungare lo stato delle ostilità, possibilmente a bassa intensità.

Il provvedimento, approvato rapidamente dalla Duma autorizza in pratica il richiamo di cittadini con contratti di riserva nell’esercito per partecipare a “speciali raccolte” (сборы, “slory”) destinate alla difesa di impianti energetici, complessi industriali e strutture di sostentamento nazionale.

Dubbi e criticità del piano russo

Le aziende energetiche coinvolte esprimono preoccupazioni logistiche e operative riguardo il piano di Putin. Molti dirigenti sostengono infatti che la presenza di riservisti armati non possa garantire una difesa reale contro i droni moderni, che colpiscono da distanze elevate. Inoltre, l’assunzione e la gestione di personale armato comportano oneri legali e finanziari anche per le stesse aziende, chiamate a contribuire in base alle norme sui casi di emergenza nazionale e stato di guerra.

Un dirigente di una compagnia petrolifera regionale, intervistato da Verstka, ha commentato:

Abbiamo bisogno di tecnologia, non solo di persone. Un sistema radar o una rete elettronica è più utile di dieci fucili.

I principali problemi segnalati sono dunque:

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