Risparmi degli italiani a rischio: cosa sta succedendo

L'inflazione record e il rialzo dei tassi deciso dalla BCE bruciano miliardi e miliardi di risparmi messi da parte da famiglie e imprese. Ecco quanto è andato "in fumo" e i rischi

Pubblicato: 11 Giugno 2023 17:35

Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Il galoppo sfrenato dell’inflazione mette sempre più a rischio le economie di famiglie e imprese (ecco le regioni e le città più care). A lanciare l’allarme è la Fabi (Federazione autonoma bancari italiani), che sottolinea come gli italiani non riescano più a risparmiare praticamente nulla. Non solo: per far fronte al caro vita, i contribuenti stanno anche dando fondo alle somme messe da parte e accumulate nel corso degli anni.

L’allarme sui risparmi italiani

L’aumento costante dei prezzi e il rialzo dei tassi deciso dalla BCE hanno mandato in frantumi i salvadanai dei risparmiatori. Stando ai calcoli della Fabi, in poco più di un anno il saldo complessivo dei nostri conti correnti è calato di oltre 61 miliardi di euro, passando da 2.076 miliardi a 2.015 miliardi. Se si considerano nei soli tre mesi che vanno da dicembre 2022 a marzo 2023, la variazione negativa della liquidità sui depositi è stata di oltre 50 miliardi. Prendendo in esame tutto il sistema di risparmiatori, nel medesimo trimestre sono stati bruciati ben 89,5 miliardi sui soli conti correnti, quasi il quintuplo di quanto avevano accumulato gli italiani nei 12 mesi precedenti (21,9 miliardi di euro).

Un’autentica ecatombe economica, provocata da un caro vita impazzito che non solo ha invertito la tendenza al risparmio delle famiglie, pressoché prossima allo zero nei primi cinque mesi del 2023 (in media 0,2%), ma ha anche mandato in fumo le riserve accumulate dal sistema produttivo. Le famiglie avevano invece messo da parte qualcosa soprattuto nel periodo del lockdown dovuto al Covid.

Gli effetti dell’inflazione sui depositi

Una cospicua fetta di liquidità viene mangiata anche dai tassi sui depositi bancari. Sempre secondo la Fabi, tra il 2021 e l’inizio del 2023 si è registrato un aumento in punti base “decisamente sproporzionato tra interessi attivi e passivi”. Il rialzo dei tassi ancora in corso da parte della Banca Centrale Europea continua a bloccare la crescita dei rendimenti dei depositi, impoverendo di fatto i risparmiatori.

Sul finire del 2021, i tassi attivi applicati dalle banche ai finanziamenti evidenziavano una media dell’1,36% (1,40% per i mutui alle famiglie, 1,31% per i prestiti alle società non finanziarie), mentre quelli passivi sulla raccolta si attestavano allo 0,21% (0,39% per famiglie e 0,04% per le imprese). Nel 2022 sono saliti invece gli interessi sul credito, per un valore medio calcolato a dicembre di 3,45% (3,34% dei mutui alle famiglie 3,56% dei prestiti alle imprese).

Con il costo del denaro portato al 3,5% a marzo (poi al 3,75% a maggio), i tassi sui mutui hanno poi raggiunto quota 4,36%, mentre quelli per i prestiti alle imprese sono saliti al 4,33%.

Cosa succede ora

Se i consumi registreranno uno stop importante, per le aziende sarà molto difficile tenere alti i prezzi e l’intero sistema andrà in tilt. Secondo gli esperti, gli antidoti a una situazione del genere sono una maggiore responsabilità di imprese e lavoratori e una politica più efficace per incentivare la sana concorrenza, garanzia di abbassamento generale dei prezzi.

L’inflazione “è la più ingiusta delle tasse, perché colpisce soprattutto chi ha redditi bassi e ha pochi risparmi”, afferma Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi. “Il potere d’acquisto degli stipendi, purtroppo, è tornato indietro di 25 anni. La soluzione va quindi cercata nel rinnovo dei contratti collettivi di lavoro, alcuni scaduti anche da più di cinque anni, con importanti aumenti economici. Chi ha liquidità sul proprio conto corrente è particolarmente colpito, perché i suoi soldi valgono sempre meno. Per questo è fondamentale che le banche, che hanno beneficiato dell’aumento del costo del denaro, adesso restituiscano alla clientela una parte di quei benefici alzando i tassi d’interesse sui conti correnti”.

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