Potere d’acquisto in picchiata in Italia: 4 euro su 10 vanno in bollette e casa

Il potere d’acquisto degli italiani è in costante calo: +132% di spese obbligate in 30 anni. L'energia segna il record con il +178%. Un danno al Pil e alla qualità della vita delle persone

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Il costo della vita in Italia sperimenta una crescita costante e le famiglie hanno di conseguenza sempre meno margine di scelta su come spendere i propri soldi.

Nel 2025 le spese obbligate hanno raggiunto il 42,2% della spesa totale, pari a oltre 9.300 euro pro capite su una spesa complessiva media di 22.114 euro. Si tratta di quelle spese legate a beni e servizi di cui è impossibile fare a meno: abitazione, bollette, sanità, trasporti e assicurazioni.

Casa e bollette le voci più pesanti

Tirando le somme, ogni 10 euro spesi dagli italiani oltre 4 euro riguardano le spese obbligate.

È quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio che, considerando il periodo 1995-2025, evidenzia una dinamica che è ormai strutturale e in crescita di 5,2 punti percentuali in trent’anni. La tendenza al rialzo delle spese obbligate erode il potere d’acquisto degli italiani, riduce la libertà di consumo e frena la crescita economica dell’intero Paese.

Nel dettaglio, la casa continua a essere la principale voce di spesa obbligata, con 5.171 euro annui (+109 euro rispetto al 2024). Seguono assicurazioni e carburanti (2.151 euro) ed energia (1.651 euro).

Dal 1995 a oggi, l’indice dei prezzi delle spese obbligate è cresciuto del 132%, più del doppio rispetto a quello dei beni commercializzabili (+55%). A pesare di più è stato il costo dell’energia, lievitato del 178% in trent’anni, nonostante un lieve rallentamento nell’ultimo anno.

Consumi liberi sempre più compressi

Così si legge nel report:

Se devo spendere di più per acquistare la stessa quantità di beni e servizi necessari ridurrò la quota destinata ad altri consumi nel caso in cui il reddito disponibile non cresca nella stessa misura.

Il risultato è una maggiore prudenza nei consumi discrezionali, una minore propensione al rischio e una crescita economica più lenta, con ripercussioni anche sul benessere e sulla soddisfazione personale.

Servizi in ripresa, beni tradizionali in calo

Dal lato dei beni commercializzabili, lo studio rileva un parziale recupero per i servizi legati al tempo libero (134 euro in più pro capite), come ristorazione e turismo, ma un’ulteriore flessione per i beni tradizionali (meno 57 euro), alimentari inclusi. Il trend è dovuto non solo ai costi fissi, ma anche al calo demografico e al cambiamento delle abitudini di consumo.

Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, il fenomeno rappresenta un ostacolo strutturale alla ripresa dei consumi:

Per le famiglie italiane il costante aumento delle spese obbligate è un forte ostacolo alla ripresa dei consumi. Occorre agire su tariffe e fiscalità per rafforzare il potere di acquisto e rilanciare la crescita economica del nostro Paese.

Il rischio è dunque quello di una grave stagnazione cronica della domanda interna, con effetti negativi non solo sul Pil, ma anche sulla qualità della vita dei cittadini.

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Il peso dell’inflazione sul potere d’acquisto

Per quanto riguarda gli alimentari il quadro è completato dall’Unione Nazionale Consumatori, che evidenzia come un’inflazione pari all’1,7% significa, per una coppia con due figli, si traduca in un rialzo complessivo del costo della vita pari a 608 euro su base annua, e di questi ben 375 se ne vanno per i prodotti alimentari e le bevande analcoliche.

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