Il governo italiano aveva proposto di cedere una quota significativa della piattaforma di pagamenti digitali PagoPA alle Poste Italiane. Questa procedura ha suscitato non poche preoccupazioni presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust), che ha espresso dubbi sulla trasparenza e la concorrenza del processo. Secondo l’Antitrust, tale disposizione presenta “alcune criticità concorrenziali”. Vediamo nel dettaglio.
Perché l’Antitrust boccia la cessione di Pago Pa alle Poste
La proposta iniziale del governo Meloni prevedeva la cessione del 49% della piattaforma a Poste Italiane e il restante 51% alla Zecca dello Stato. L‘Antitrust ha sollevato non pochi scetticismi sulla validità di questa soluzione, poiché in questo modo non sarebbe garantito un processo trasparente e non discriminatorio per l’assegnazione delle quote di partecipazione.
“In una prospettiva di garanzia del mercato e dei diritti degli operatori potenzialmente interessati”, ha dichiarato l’Antitrust, “l’individuazione del cessionario della quota del 49% dovrebbe avvenire ad esito di un’asta competitiva o comunque di una procedura che valuti e metta a confronto più manifestazioni di interesse”.
La decisione dell’Antitrust è stata motivata anche dalla posizione di PagoPA come nodo pubblico dei pagamenti digitali, quindi ci sarebbe un vantaggio significativo e non replicabile rispetto ad altre piattaforme. L’ingresso di un operatore di mercato nel capitale di PagoPA potrebbe comportare il trasferimento diretto dei benefici connessi al privilegio garantito dalla legge, sollevando dubbi sulla neutralità della piattaforma.
Alla luce di queste considerazioni, l’Antitrust ha chiesto al legislatore di valutare modalità alternative che garantiscano trasparenza e non discriminazione nel processo di individuazione del cessionario. Inoltre, ha sottolineato che le operazioni che comportano modifiche nel controllo societario devono essere sottoposte al controllo preventivo dell’autorità antitrust competente.
Matteo Del Fante, amministratore delegato di Poste Italiane, ha ribadito l’impegno dell’azienda a garantire la riservatezza dei dati all’interno del circuito di pagamento di PagoPA. Ha detto infatti che quest’ultimo circuito di pagamento coinvolge 409 fornitori di servizi, e quindi indipendentemente dal proprietario del circuito, non vi è alcun interesse a minimizzarne l’importanza. Anzi, ha aggiunto Del Fante, è nell’interesse dell’azionista far crescere gli asset assicurando la massima riservatezza e sicurezza dei dati dei cittadini.
L’opposizione dell’Abi
Fin dall’inizio, le banche italiane si erano opposte fermamente a questa proposta, temendo un indebolimento della parità concorrenziale rispetto ad altri partecipanti bancari e finanziari alla piattaforma. L’Associazione Bancaria Italiana (Abi) aveva evidenziato i rischi connessi al controllo congiunto della Zecca e Poste sulla piattaforma, sottolineando la possibilità di favoritismi derivanti dalla conoscenza delle informazioni di mercato della clientela bancaria.
La reazione del Pd
Il Partito Democratico (Pd) si è opposto contro la norma contenuta nel decreto Pnrr, infatti ha presentato un emendamento in Parlamento per sopprimere questa disposizione, definendola “sbagliata” e sottolineando diversi elementi di criticità. Secondo esponenti del partito come Ubaldo Pagano, Anna Ascani, Silvia Roggiani e Andrea Casu, la norma presenta delle problematiche sia per la proposta di privatizzazione delle Poste sia per le modalità di attuazione che il governo intende adottare, senza coinvolgere procedure concorsuali.
Inoltre, il Pd ritiene incomprensibile l’inserimento di questa norma all’interno del decreto Pnrr, il quale dovrebbe promuovere esclusivamente la transizione digitale della Pubblica Amministrazione.
Si può utilizzare PagoPa alle Poste?
Sì, se si devono pagare tasse e tributi, come il bollo o i contributi per i babysitter e i collaboratori domestici. Si può fare direttamente online sul sito delle Poste accedendo tramite Spid, oppure presso uno sportello fisico con il bollettino che viene integrato negli avvisi da parte dell’amministrazione pubblica.