La Commissione europea e l’Istat hanno recentemente pubblicato i risultati di un’indagine che prende in considerazione 85 città europee, tra cui una ventina italiane, e ne calcola la qualità di vita. Nella classifica che ne è derivata la città di Trento è risultata la migliore in cui vivere in Europa, ma questo tipo di ricerca ha una peculiarità. Non si basa infatti su dati reali ma su sondaggi e domande fatte alla popolazione residente nelle città stesse.
L’esame dei dati ha quindi restituito la percezione della qualità della vita in queste città e non la reale situazione. Questa ricerca era però divisa in diverse parti, alcune delle quali possono essere paragonate con relativa facilità a dati reali. Su tutte, la difficoltà di trovare un alloggio a buon prezzo con i prezzi degli affitti e la percezione della corruzione con i casi di corruzione di cui ogni persone ha avuto esperienza diretta.
La classifica degli affitti
Gli affitti sono un tema sensibile in tutta Italia nelle grandi città. Molte persone negli ultimi anni hanno rilevato un aumento dei canoni, effettivamente verificatosi, per diverse ragioni. I centri urbani continuano ad attrarre sempre più persone e hanno spesso sorpassato di gran lunga per numero di abitanti le loro stesse province. Queste dinamiche migratorie unite alla mancanza di espansione edilizia a costi abbordabili ha comportato un aumento dei prezzi in quasi tutte le parti della città.
A questo fenomeno si è aggiunta la popolarità delle case vacanza, grazie ai servizi offerti da aziende come AirBnb o Booking. Il centro di diversi capoluoghi ha perso popolazione residente, guadagnando proprio in strutture come queste, più redditizie e flessibili per i proprietari di un normale affitto. Si è così ulteriormente ridotto il bacino di possibili case sul mercato e questo ha avuto un serio impatto soprattutto su studenti e lavoratori fuorisede.
La ricerca del Sole 24 Ore sulla qualità di vita fornisce un parametro comparativo interessante per quanto riguarda gli affitti rispetto ai dati Istat della percezione della qualità di vita. Anche se normalmente la prima fa riferimento alle intere province infatti, per gli affitti utilizza una media del costo degli affitti per gli appartamenti da 100 metri quadri in una zona semi-centrale del capoluogo. In questo modo è semplice paragonare i dati Istat a quelli del Sole 24 Ore con un discreto grado di precisione.
Non si tratta di una metodologia perfetta, dato che riguarda solamente una parte del mercato immobiliare, gli affitti, e non tiene conto di una serie di possibili variabili che possono spingere una persona a ritenere complesso trovare un alloggio a un prezzo ragionevole. Difficilmente però i prezzi degli affitti e quelli delle case si discostano moltissimo per dinamiche nel nostro Paese e riescono a riflettere, venendo influenzati da domanda e offerta, anche la quantità di case libere sul mercato e quella di persone che le cercano.
In diversi casi, le due classifiche combaciano. Milano, Venezia, Bolzano, Trento e Firenze sono nelle prime posizioni in entrambe, confermando la loro fama di città costose dal punto di vista abitativo. Allo stesso modo, Reggio Calabria riflette una facilità di trovare casa a buon prezzo con un dato effettivo che presenta una media ben al di sotto di quella nazionale.
Esistono però anche casi di clamorose discrepanze tra la percezione della popolazione e la realtà. La prima è Roma, la capitale. Terza assoluta nella classifica reale della media degli affitti, mille euro al mese sopra il canone medio italiano, rimane invece a metà graduatoria nell’opinione dei suoi cittadini su quanto sia facile trovare una casa. Si posiziona, in questa classifica, al livello di Bari, città invece perfettamente allineata con la realtà per quanto riguarda gli affitti. Discorso simile vale per Verona, Torino e Napoli dove nonostante una media degli affitti più alta di quella nazionale, gli abitanti non sembrano percepire troppa difficoltà nel trovare un alloggio.
Un esempio di discrepanza ma all’estremo opposto di quella di Roma è invece Cagliari. Secondo i suoi abitanti, il capoluogo della Sardegna è la settima città tra quelle sondate dall’Istat in cui è più difficile trovare una casa in affitto a buon prezzo. Una problematica che nella ricerca viene correlata alla estrema difficoltà di trovare lavoro. In realtà i suoi affitti medi sono circa 200 euro sotto la media nazionale.
Una distanza dalla realtà che potrebbe essere giustificata da una situazione economica peggiore rispetto al resto d’Italia. Ma a Cagliari, stando ai dati delle dichiarazioni dei redditi, il salario medio annuo si aggira attorno ai 25mila euro contro i 30mila della media italiana, circa il 17% in meno. Gli affitti del capoluogo sardo, con una media di 470 euro, sono il 25% più bassi della media nazionale di 620. La distorsione non può essere spiegata nemmeno da un improvviso aumento di popolazione, che avrebbe reso più difficile trovare casa. Gli abitanti di Cagliari sono stabili attorno ai 150mila da più di un decennio.
La percezione della corruzione
Un’altra questione per cui spesso si utilizzano statistiche di percezione è la corruzione. In generale, quando questi dati vengono pubblicati, l’Italia risulta sempre uno dei Paesi visto come più corrotti dai suoi stessi abitanti. Così l’ultima graduatoria di Transparency International dice che il nostro Paese, secondo gli stessi italiani, sarebbe più corrotto de Botswana, di una monarchia assoluta come il Qatar e a livelli paragonabili a quelli del Costa Rica o del Rwanda.
Lo stesso rapporto di Commissione europea e Istat sulla qualità della vita mostra come in molte città la corruzione sia percepita da una percentuale di persone fuori dal normale. A Roma, la capitale del Paese, tocca il 74% e si stabilizza attorno al 50% in buona parte degli altri centri urbani sondati. Non è però soltanto la situazione attuale ad essere grave secondo i cittadini, ma anche la traiettoria del Paese.
L’Istat ha recentemente pubblicato un rapporto specifico proprio sulla corruzione. Anche in questo caso, una buona parte delle domande si basa sull’opinione che le persone hanno della situazione in Italia, ma alcuni quesiti sono diretti che aiutano a capire la dimensione del fenomeno corruttivo nella vita di ogni italiano. Nello stesso documento quindi si può molto spesso notare una netta distanza tra la percezione della corruzione e l’esperienza personale che ogni cittadino ne ha nella propria vita quotidiana.
Alla domanda se la famiglia avesse ricevuto tra il 2022 e il 2023 una richiesta di denaro in cambio di un bene o di un servizio che altrimenti le sarebbe stato dovuto, ha risposto affermativamente soltanto l’1,3% degli intervistati. Se si estende l’arco temporale all’interezza della vita, la percentuale arriva a toccare soltanto il 5,4%. Dati comunque rilevanti, ma che difficilmente si coniugano con la visione che gli Italiani hanno della corruzione nel Paese e che stridono particolarmente con il 74% di Roma nel rapporto sulla qualità della vita.
Un ambito in cui percezione e dati reali sembrano combaciare è invece la traiettoria che il Paese sta seguendo. Nell’ultimo rapporto sulla corruzione dell’Istat, relativo al biennio 2015-2016, erano il 2,7% le famiglie che avevano ricevuto una richiesta di denaro in cambio di beni o servizi altrimenti dovuti loro. Un miglioramento rilevato anche dall’indice di Transparency International, nel quale il punteggio dell’Italia è migliorato passando dai 44/100 del 2015 ai 56/100 del 2023.
La riduzione del fenomeno della corruzione sarebbe dovuta, tra l’altro, anche alla forte digitalizzazione che la pubblica amministrazione ha applicato negli ultimi anni. Il passaggio di una serie di pratiche dal cartaceo al digitale ha ridotto gli intermediari e quindi le occasioni in cui la corruzione poteva svolgersi. Il fenomeno rimane comunque significativo dal punto di vista economico. Secondo una ricerca del think tank americano Rand, ogni anno in Unione Europea si perdono oltre 990 miliardi di euro di prodotto interno lordo, circa il 6,2%, a causa della corruzione.