L’ondata di calore che ha investito l’Italia quest’estate ha avuto un impatto immediato sui consumi di energia elettrica. A luglio, il fabbisogno nazionale ha raggiunto i 31,3 miliardi di kWh, segnando un livello mai visto dal 2015.
Terna, la società che gestisce la rete elettrica, ha rilevato come il caldo torrido abbia spinto la domanda a livelli eccezionali, con il picco massimo registrato il 19 luglio tra le 14 e le 15, quando la richiesta ha toccato i 57,9 GW. Rispetto a luglio 2023, i consumi sono aumentati del 4,5%.
Le temperature, soprattutto nell’ultima settimana del mese, hanno superato quelle dello scorso anno di ben tre gradi, contribuendo a spingere verso l’alto la domanda elettrica.
I margini di sicurezza, nonostante l’impennata, sono rimasti comunque stabili.
Il Nord Italia traina la crescita
Se si guarda alla distribuzione geografica dei consumi, secondo i dati Terna, il Nord Italia ha visto quest’estate l’aumento maggiore, con un +7,4%, mentre il Centro ha registrato un +3,3%. Al Sud e nelle Isole, la situazione è rimasta quasi invariata, con addirittura un lieve calo dello 0,3%. Nei primi sette mesi dell’anno, il fabbisogno energetico complessivo è aumentato in totale dell’1,7% rispetto allo stesso periodo del 2023.
Incremento legato a più fattori: caldo e giorni lavorativi
Mentre l’estate 2023 aveva visto un calo della domanda energetica (-3,4%), con gli italiani costretti a ridurre i consumi per far fronte alle bollette salate, quest’anno il trend si è invertito, anche se con variazioni territoriali. Ma quali sono le cause di questo aumento nei consumi energetici? Le ragioni principali sono essenzialmente due: in primo luogo, le temperature elevate e il caldo estremo che hanno caratterizzato gran parte del mese di luglio. Il caldo intenso, specialmente nell’ultima settimana del mese, ha spinto famiglie e imprese ad un maggiore utilizzo di sistemi di raffrescamento, con un inevitabile incremento della domanda elettrica. L’aria condizionata e i ventilatori, infatti, sono diventati essenziali per affrontare le giornate con picchi di calore superiori alla media stagionale.
Il secondo fattore da considerare è il calendario lavorativo. Rispetto al luglio dell’anno precedente, il 2024 ha avuto due giorni lavorativi in più, e questo ha giocato un ruolo chiave nella crescita della domanda energetica. Più giornate di attività produttiva significano maggiore utilizzo di macchinari, illuminazione, e impianti all’interno delle imprese, contribuendo all’aumento complessivo dei consumi. L’insieme di questi elementi ha dunque portato a un fabbisogno energetico senza precedenti per il mese di luglio.
Questo andamento si riflette anche nel settore industriale. L’Indice Imcei, che monitora i consumi delle imprese ad alta intensità energetica, ha mostrato un incremento dell’energia elettrica del 3,5% rispetto allo scorso anno, segnalando una ripresa dell’attività produttiva.
Rinnovabili in espansione, carbone in discesa
Sul fronte della produzione, a luglio la quota di energia generata da fonti rinnovabili ha raggiunto il 44,2%, in netto aumento rispetto al 38,1% dello stesso mese del 2023. L’idroelettrico ha registrato un +38,7%, con i maggiori contributi provenienti dal Nord Italia, mentre il Sud e la Sicilia hanno visto un calo.
In crescita anche il fotovoltaico, che ha segnato un +22,4%, e il geotermico, con un +0,7%. Di contro, la produzione da fonti eoliche ha subito una contrazione dell’11,6%, così come quella termoelettrica, in calo del 6,5%. Particolarmente rilevante è la riduzione della quota di energia prodotta da carbone, che ha registrato una flessione del 74,8% rispetto a luglio 2023.
Nel periodo gennaio-luglio 2024, la capacità rinnovabile installata ha raggiunto i 4.282 Mw, con il fotovoltaico che ha rappresentato la fetta più grande di questo incremento. Il confronto con lo stesso periodo del 2023 evidenzia un aumento del 39%, confermando l’andamento positivo delle fonti verdi nel panorama energetico italiano.
Un altro dato interessante è che l‘86,4% della domanda elettrica di luglio è stata soddisfatta dalle centrali nazionali, mentre il restante 13,6% è stato coperto dalle importazioni di energia dall’estero.