Per quanto gli abitanti dei Campi Flegrei possano esserci abituati, la frequenza dei terremoti registrati negli ultimi giorni comincia a fare paura. Un’inquietudine che attraversa geologi e vulcanologi, divisi tra i possibili scenari derivati dall’attività delle ultime settimane che ha avuto il suo culmine nel sisma di magnitudo 4.2 di mercoledì 27 settembre ore 3.35, il più forte degli ultimi 40 anni.
Altre scosse, come quella della sera del 2 ottobre ore 22.08 di magnitudo di 4.0, sono state avvertite distintamente anche a Napoli. “Si tratta di un nuovo sciame iniziato contestualmente alla scossa più forte”, spiega all’ANSA Roberto Isaia, dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Il terremoto di magnitudo 4.0 è il più forte da quello del 27 settembre nell’ambito dello sciame sismico iniziato alle 5,06 del 26 settembre, in cui si sono susseguite 88 eventi. Da allora si sono susseguiti diversi sciami, a poche ore di distanza l’uno dall’altro. La breve durata delle sequenze è tipica delle aree vulcaniche. L’attività sismica che prosegue ormai da diverso tempo è dovuta alla rottura delle faglie dove sta avendo luogo la deformazione del suolo a causa della pressione esercitata dal gas in risalita.
Il presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Carlo Doglioni, ha dichiarato che dello sciame sismico che nelle ultime settimane ha interessato l’area a ovest di Napoli “non vediamo la fine”, ma gli esperti escludono qualsiasi ipotesi di eruzione del Vesuvio. “Le energie in gioco stanno aumentando, ma non c’è ancora nessun segnale di risalita del magma in superficie, anche se non si può escludere che a diversi chilometri di profondità non ci sia qualche movimento di piccole quantità di magma”.
Il bradisismo
Ma la natura di queste scosse registrate quotidianamente nelle ultime settimane nei Campi Flegrei è infatti vulcanica e rientra in un fenomeno che va avanti da decine di migliaia di anni.
Come spiega l’Osservatorio vesuviano, il nome Campi Flegrei, dal greco letteralmente “campi ardenti”, individua un’area vulcanica ad ovest di Napoli, che include i comuni di Bacoli, Monte di Procida, Pozzuoli, Quarto, Giugliano in Campania e parte della città di Napoli.
Si tratta di un’enorme caldera formata da decine di vulcani che si trova grossomodo sotto il golfo di Pozzuoli e che caratterizza dunque tutta l’area con la presenza di fumarole e acque termali, ben note e sfruttate sin dall’antichità.
I Campi Flegrei sono soggetti a un fenomeno di lenta deformazione del suolo nota con il nome di bradisismo, dal greco “movimento lento del suolo”, che consiste in un ciclico innalzamento e abbassamento del terreno causati dai gas sprigionati dalla camera magmatica presente in profondità e che sta all’origine degli eventi sismici nella zona (qui abbiamo riportato la teoria di un terremoto che sarebbe stato previsto dalla comunità scientifica).
In epoche recenti, tra il 1970 e il 1972 e tra il 1982 e il 1984, il fenomeno ha causato crisi bradisismiche che hanno portato a un sollevamento massimo del suolo di 3,5 metri, portando a gravi danni agli edifici.
Il parere degli esperti
Come spiegato da Mauro Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano Ingv, il terremoto avvenuto intorno alle 3 di mattina del 27 settembre e le scosse successive sono legate ai Campi Flegrei e al fenomeno del bradisismo che caratterizza tutta l’area, e in particolare la caldera. “Associato al sollevamento del suolo c’è l’aumento dello sforzo della crosta e quindi la rottura e la generazione di terremoti”.
Di fronte alla prospettiva di altre scosse, il geologo ritiene che si tratti “di una previsione che non possiamo fare, ma tenuto conto dell’attuale fase deformativa molto intensa, ci aspettiamo che avvengano altre scosse anche di magnitudo uguale o maggiore a questa, anche se non molto più grande considerato il tipo di roccia presente in questo vulcano. Sono però terremoti molto superficiali e questo, anche per magnitudo medio-piccole, può generare una facile avvertibilità degli eventi, come è stato per quest’ultimo avvertito nella notte”.
“La nostra preoccupazione è legata sia alla sismicità, sia al fatto che queste temperature in particolari località potrebbero dare delle piccole esplosioni freatiche – ha spiegato il presidente dell’Ingv, Carlo Doglioni, in audizione alla Camera – che non sono eruzioni di magma, ma è acqua che in questo stadio super critico può dare delle esplosioni“.
“Quindi, considerato che negli ultimi mesi la sismicità non ha fatto altro che aumentare, sia in termini di numero di eventi, ravvicinamento degli sciami, aumento dell’energia, in questo momento non vediamo la fine”, ha detto ancora il geologo aggiungendo: “Può darsi che arrivi rapidamente come può darsi che invece l’evoluzione possa essere ancora più dirompente”.
“È una evoluzione ‘normale’, abbiamo visto che c’è una maggiore frequenza di eventi e sta aumentando un po’ l’intensità” ha spiegato Dogliani all’Adnkronos.
“Come Osservatorio Vesuviano dell’Ingv stiamo monitorando anche le variazioni eventuali di gas e la velocità del sollevamento del bradisismo” ha assicurato il geologo a capo dell’Istituto, sottolineando come non ci siano “elementi che ci possano portare a dire che ci sarà una eruzione, però ci sarà un aumento della sismicità” facilmente prevedibile “dall’osservazione statistica del numero crescente di eventi. Per ora nessun allarme, certamente è una situazione su cui noi, come Istituto, abbiamo gli occhi puntati” (qui abbiamo spiegato perché non c’è legame tra il grave terremoto che ha colpito il Marocco e quelli registrati in Italia a inizio settembre).
Un decreto in arrivo
Intanto il sindaco di Pozzuoli Luigi Manzoni continua a insistere sulla necessità di prove di evacuazione: “Non sappiamo ancora la data precisa ma avverranno altre scosse nei prossimi giorni”. A questo sta lavorando il ministro della Protezione Civile Nello Musumeci, che dovrebbe far approdare in Cdm un nuovo decreto a brevissimo.
Un piano di evacuazione esiste invece già in caso di eruzione del Vesuvio. A questo riguardo Lucia Pappalardo, vulcanologa e prima ricercatrice dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ha rassicurato spiegando che non ci sono al momento segnali di una possibile eruzione, ma il fenomeno “è difficile da prevedere: generalmente ci sono fenomeni premonitori, che possono durare mesi, ma è difficile dire a priori quanto tempo avremo” per allontanare 26 mila persone.