Attacco dalla Russia, l’Italia non è pronta: l’avvertimento di Crosetto

Per Crosetto ora il riarmo diventa urgente, ma tra Nato, fondi Ue e industria bellica si apre il dibattito su sicurezza e interessi economici

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Si parla già da un po’ di tempo di riarmo a livello europeo. Ma la crisi internazionale derivante dalla guerra in Ucraina ha riacceso il dibattito sulla sicurezza italiana e messo in primo piano i limiti del nostro sistema di difesa. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato:

Non siamo pronti né ad un attacco russo né ad un attacco di un’altra nazione.

Parole che assumono i contorni di una pressione politica verso un riarmo accelerato. Nel 2024 l’Italia ha destinato circa 25,6 miliardi di euro alla difesa, pari all’1,4% del Pil, ben al di sotto degli obiettivi Nato. Ed è su questo tema che il ministro fa perno.

I droni russi sulla Polonia e l’escalation di provocazioni hanno rilanciato l’urgenza di un nuovo riarmo, aprendo il dossier non solo sulle missioni internazionali e sulle carenze della difesa nazionale, ma anche sugli interessi economici che orbitano attorno al comparto bellico e sulle possibili ricadute per le aziende di settore.

Missione Nato Sentinella Est: cosa rischia l’Italia

La Nato ha varato la missione Sentinella dell’Est per rafforzare la difesa aerea dei Paesi orientali e contrastare i droni al confine. Questa iniziativa potrebbe portare all’Italia l’invio di due ulteriori caccia Eurofighter.

Per il momento la Difesa fa sapere di non aver ricevuto richieste formali e rinvia ogni decisione alle sedi dell’Alleanza e agli organi istituzionali italiani.

Intanto Londra ha annunciato l’invio di due Typhoon in Polonia e, con Germania, Francia e Danimarca, sta preparando un nuovo dispiegamento aereo antirusso. Roma potrebbe aggiungersi a questa iniziativa ma è riluttante, infatti continua a sottolineare come l’Italia abbia già dato un contributo rilevante sul fianco Est.

Eurofighter e soldati italiani sul fianco Est dell’Alleanza

La Difesa italiana ha già inviato a Est i seguenti asset militari:

Come sottolinea lo stesso Guido Crosetto:

Siamo tra i primi contributori nella Nato sul fianco Est.

Ogni ulteriore impegno sarà valutato solo dopo una formale richiesta.

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Difesa nazionale fragile: pochi sistemi anti-drone e missili

Oggi l’Italia dispone solo di due batterie SAMP/T per difendersi da missili e droni: parafrasando Crosetto, questo è un numero davvero ridotto se pensiamo a un Paese intero da proteggere.

Sul fronte terrestre, invece, è in corso un progetto con la Germania per sviluppare carri armati di nuova generazione.

Per sostenere queste spese l’Unione Europea ha lanciato il programma SAFE (Security Action for Europe), che nell’ambito del piano Rearm Europe potrebbe portare all’Italia quasi 15 miliardi di euro.

Il problema è che nel frattempo i costi sono saliti: secondo Analisi Difesa, acciaio ed energia negli ultimi anni sono arrivati a costare fino a sette volte di più. Così, anche con più soldi a disposizione, il rischio è che non bastino. Crosetto avverte che senza un’accelerazione decisa negli investimenti “la situazione non può che peggiorare”.

Fondi Ue per il riarmo: 15 miliardi in arrivo all’Italia

L’arrivo dei fondi europei potrebbe dare una boccata d’aria all’industria italiana della difesa, ma resta il problema di come usarli.

I settori più scoperti sono quelli dei sistemi anti-aerei e delle infrastrutture navali, che richiedono investimenti urgenti. Allo stesso tempo, però, la spinta della Nato a rafforzare il fronte Est rischia di assorbire risorse che servirebbero per proteggere direttamente il nostro territorio.

È su questo punto che si concentra il confronto in Parlamento e nel governo: trovare un equilibrio tra l’impegno internazionale e la sicurezza di casa nostra.

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Cosa c’entra Crosetto con l’industria militare

Il tema non riguarda solo la sicurezza, ma anche i soldi che girano attorno al settore.

Crosetto è stato a lungo presidente di AIAD (incarico che ha lasciato quando è diventato ministro), l’associazione che riunisce 183 aziende dell’aerospazio e della difesa, spesso definita come la lobby delle armi.

Tra i nomi figurano colossi come RWM Italia, Beretta, Leonardo e Fincantieri.

Nel 2021, come consulente, Crosetto avrebbe ricevuto 619mila euro da Leonardo, a cui si sono aggiunti altri 82mila da Orizzonte Sistemi Navali e circa 200mila da altre società del comparto. Questo fatto è stato allora oggetto di numero inchieste giornalistiche.

Nel 2022, Crosetto ha respinto ogni accusa di conflitto di interessi, ma diversi osservatori hanno parlato di vere e proprie “porte girevoli” tra politica e industria militare.

Intanto il settore sta crescendo: solo nel 2024 Leonardo ha esportato 1,8 miliardi di euro di armamenti, il 38% in più rispetto al 2023, e l’export complessivo è quasi quadruplicato rispetto agli anni Novanta.

L’industria della difesa in Italia: numeri e nuove alleanze

In Italia la difesa muove un giro d’affari da circa 16 miliardi di euro l’anno e garantisce lavoro a quasi 159mila persone, tra occupati diretti e indotto.

Nel 2024 le autorizzazioni all’export di armi hanno superato gli 8 miliardi, ma le consegne effettive si sono fermate a 3,58 miliardi: una differenza che mostra quanto il settore dipenda da ordini esteri ancora da concretizzare.

Nello stesso periodo il bilancio 2025 della Difesa ha aumentato le risorse per il personale fino a 11,3 miliardi di euro.

A conferma del doppio legame tra politica e industria, come anticipato sopra, c’è anche la nascita della joint‑venture Leonardo Rheinmetall Military Vehicles. La joint venture è stata pensata per produrre nuovi carri armati e mezzi corazzati con oltre il 60% delle lavorazioni in Italia e un piano che prevede più di 260 carri entro il 2033.

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