L’acqua in Italia è sempre più “salata”, e non parliamo di mare. La siccità è un fenomeno con cui l’Italia sta facendo seriamente i conti da svariati mesi. Una calamità in primis per l’ambiente, ma anche per le tasche dei contribuenti, che hanno visto un aumento importante della bolletta dell’acqua nel 2022. Come se non bastassero quelli di luce e gas (ne abbiamo parlato qui).
Alla vigilia della Giornata mondiale dell’acqua, che si celebra il 22 marzo, gli esperti sottolineano “l’obbligo morale di sensibilizzare la società” sul risparmio delle risorse idriche. E i dati lo confermano.
Di quanto è aumentata la bolletta dell’acqua
Nel 2022 la bolletta dell’acqua è arrivata a segnare 487 euro di spesa media a famiglia, per un aumento del 5,5% rispetto all’anno precedente. Una stangata che accomuna tutti i capoluoghi di provincia, ad eccezione di Forlì-Cesena, dove l’importo è invece sceso dello 0,6%. A riferirlo è l’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva.
Le perdite rappresentano uno dei principali problemi per una gestione efficiente e sostenibile dei sistemi di approvvigionamento idrico. La quantità di acqua dispersa in rete continua a rappresentare un volume cospicuo, quantificabile in 157 litri al giorno per abitante. Stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2020 soddisferebbe le esigenze idriche di oltre 43 milioni di persone per un intero anno. Lo rende noto l’Istat nelle statistiche sull’acqua 2020-2022 (bonus bollette verso la scadenza: cosa succede ora).
Nel 2020, il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua, calcolato come differenza tra i volumi immessi in rete e i volumi erogati, è stato pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,2% dell’acqua immessa in rete. In riferimento all’acqua prelevata dalle fonti di approvvigionamento, le perdite idriche totali in distribuzione rappresentano una quota pari al 37,2%. A causa delle dispersioni in distribuzione, agli utenti finali sono erogati complessivamente 4,7 miliardi di metri cubi di acqua per usi autorizzati (215 litri per abitante al giorno).
Le città e le Regioni dove l’acqua costa di più
L’incremento supera il 20% a Bolzano (+26,3%), Savona (+25,5%) e Trento (+21%); oltre il 10% in altri dodici capoluoghi da Milano a Pescara a Messina e Catania. La Toscana è la Regione più costosa, il Molise la più economica, mentre il Trentino-Alto Adige ha registrato l’aumento più consistente della bolletta idrica. Frosinone resta in testa alla classifica delle province più care, con una spesa media annuale di 883 euro (+4,2% rispetto al 2021), mentre Isernia conquista la palma di capoluogo più economico con una media di 174 euro.
La dispersione idrica nei capoluoghi di provincia è pari in media al 36,2% e raggiunge il 42,2% se si considera il territorio complessivo della Penisola. In alcune aree del Paese (soprattutto Sud e Isole) si disperde più della metà dei volumi d’acqua immessi in rete. In particolare, in Basilicata va disperso il 62% di acqua, mentre la Valle d’Aosta si ferma al 26,9%. Fra i capoluoghi di provincia spicca in negativo il dato di Latina, dove la dispersione assume dimensioni anche superiori al 70%. In positivo invece Macerata, con appena il 9,8%.
Aumentano poi i Comuni che hanno optato per il razionamento dell’acqua per uso domestico (ne abbiamo parlato qui). Nel 2021, i capoluoghi di provincia sono passati da 11 a 15. A Palermo si sono registrati 183 giorni di sospensione del servizio, 182 a Trapani e Agrigento. Su tutto il territorio di Cosenza l’acqua è stata razionata, con precise fasce orarie, tutti i giorni dell’anno. A Enna la misura è stata adottata solo per alcuni quartieri.
C’è chi non è allacciato alla fogna pubblica
Sempre secondo l’Istat, sono quasi sette milioni gli italiani non allacciati alla rete fognaria pubblica. L’Istituto di statistica stima che nel 2020 circa nove abitanti su dieci (l’88,7% dei residenti) sono allacciati alla rete fognaria pubblica, indipendentemente dalla disponibilità di impianti di trattamento successivi. I cittadini non allacciati sono, nel complesso, 6,7 milioni.
Il servizio risulta completamente assente in 40 Comuni, in cui risiedono complessivamente 386mila abitanti (lo 0,7% della popolazione), situati soprattutto in Sicilia (25 Comuni). In questi centri ogni edificio è generalmente dotato di sistemi autonomi di smaltimento delle acque reflue, mentre in alcuni casi la rete fognaria è presente ma non in esercizio, poiché non ancora collegata a un depuratore.
Come risparmiare (anche per il bene del pianeta)
Legambiente ha proposto un decalogo per migliorare la gestione della risorsa idrica in città. E lo ha fatto evidenziando il potenziale che sprigionerebbero insieme la raccolta delle acque meteoriche in ambiente urbano e il riutilizzo di quelle reflue per l’agricoltura: 22 miliardi di metri cubi di acqua all’anno, corrispondenti a circa tre volte la capacità contenuta nei 374 grandi invasi in esercizio (che ammonta a circa 6,9 miliardi di metri cubi). Ecco di seguito le dieci azioni da seguire a livello urbano secondo l’organizzazione ambientalista:
- approvare in tutti i Comuni regolamenti edilizi con obblighi di recupero, riutilizzo e risparmio dell’acqua;
- criteri ambientali minimi per migliorare la gestione idrica attraverso gli appalti pubblici;
- infrastrutture e tetti verdi, vantaggiosi per la cattura e il trattamento dell’acqua piovana, l’ombreggiamento, la mitigazione dell’effetto isola di calore;
- riuso, recupero e riciclo per riutilizzare e usare le diverse fonti d’acqua con un trattamento che corrisponda all’uso, garantendo una qualità adatta allo scopo di utilizzo e la gestione integrata delle risorse idriche;
- ammodernamento della rete idrica per evitare le perdite di rete e gli sprechi;
- efficientare la depurazione delle acque reflue urbane, per il loro completo riutilizzo in settori strategici, come l’agricoltura, sia sostenendo gli ambiziosi obiettivi previsti dalla revisione della Direttiva sul trattamento delle acque di scarico urbane che superando gli ostacoli normativi nazionali (DM 185/2003) rispetto al riutilizzo delle acque reflue così come previsto dal regolamento UE 741/2020;
- innovazione tecnologica da utilizzare per numerosi scopi, dal monitoraggio delle risorse al tracciamento delle perdite di rete;
- rifornire i corpi idrici e i loro ecosistemi, scaricando solo quello che può essere assorbito dall’ambiente naturale, riducendo gli apporti idrici e garantendone la qualità;
- modularità dei sistemi, garantendo opzioni multiple di risorse, trattamento, stoccaggio, convogliamento, migliorando i livelli di servizio e la resilienza dei sistemi idrici urbani;
- essere preparati agli eventi estremi, coinvolgendo i cittadini nella gestione sostenibile delle risorse idriche urbane e nella sensibilizzazione alla comprensione dei rischi e opportunità.