Tutto sull’assegno di mantenimento figli

L'assegno di mantenimento figli è una somma di denaro stabilita dal giudice che un genitore deve versare all'altro per contribuire al sostentamento e alle spese generali dei figli, in seguito a separazione o divorzio

Pubblicato: 13 Ottobre 2020 17:27Aggiornato: 6 maggio 2024 12:27

Francesca Cimellaro

Avvocato Civilista

Laureata presso l'Università degli Studi di Milano, in seguito alla formazione presso il Foro di Milano, è iscritta all'albo degli avvocati di Varese e si occupa principalmente dell'ambito civilistico.

La separazione di due genitori, siano questi sposati o meno, comporta il calcolo del mantenimento dei figli. Si tratta di una quantificazione economica relativa all’assegno necessario per il loro mantenimento. Soldi dovuti dal genitore che lascerà la casa familiare. La norma vigente prevede che ognuno dei genitori debba provvedere al mantenimento dei figli. Ciò dovrà avvenire in misura proporzionale al proprio reddito. Tutto ciò non ha valore nel caso in cui i due dovessero aver stipulato un accordo precedente, legalmente valido e vincolante. Sarà il giudice a stabilire, se necessario, i termini della corresponsione di un assegno periodico. Questo dovrà essere determinato considerando i seguenti termini:

Di fatto il dovere di mantenimento, che grava su entrambi i genitori, è valido tanto durante l’unione della coppia che dopo la loro separazione. Si fa riferimento a differenti obblighi, dall’aspetto alimentare a quello abitativo, da quello scolastico allo sportivo, dal sanitario al sociale, fino a quando l’età dei figli lo richiede.

Mantenimento dei figli: accertamento dei redditi

In molti casi viene a presentarsi un mancato accordo tra le parti sull’entità dell’assegno. Ciò dà il via a una vera e propria causa tra i genitori. In situazioni del genere il giudice è tenuto a una prima valutazione di quelli che sono gli elementi offerti dalle parti. Si tratta di un processo utile a comprendere il pregresso tenore di vita della coppia e, di conseguenza, della prole.

Una prima fase che si conclude con una decisione tutt’altro che definitiva da parte del giudice. La sua valutazione potrebbe infatti essere anche sommaria. Ciò serve soltanto a garantire una tutela economica immediata del figlio, così da non attendere la fine del processo. La decisione potrà essere modificata in seguito, in relazione alle prove emerse in seguito.

Spesso si pone la necessità di non fermarsi alle sole dichiarazioni dei redditi presentate. Queste potrebbero infatti essere in contrasto con l’effettivo stile di vita condotto. Nel caso in cui i genitori non dovessero presentare una documentazione adeguata, il giudice può decidere di disporre un accertamento da parte della polizia tributaria. L’obiettivo ultimo è quello di garantire un principio di proporzionalità, tentando di assicurare ai figli un tenore di vita che sia il più vicino possibile a quello goduto durante il periodo di convivenza dei genitori.

Criteri degli assegni per i figli

Non esistono dei criteri matematici per il calcolo dell’assegno di mantenimento per i figli. Vi sono però delle linee di massima che i giudici tendono a seguire. Si tiene conto dei redditi percepiti da entrambi i coniugi, comprese eventuali rendite finanziarie, sia del valore locativo mensile di eventuali proprietà immobiliari. A ciò si aggiungono l’incidenza che può avere l’assegnazione della casa coniugale e il numero di figli a carico e ancora conviventi.

Non è da escludere che il giudice possa stabilire un assegno differenziato per ciascun figlio, tenendo conto dell’età e delle specifiche esigenze. In linea di massima si procede a stabilire un assegno di mantenimento rappresentante un quarto del presunto reddito dell’obbligato, nell’ipotesi in cui la casa coniugale dovesse essere assegnata al coniuge richiedente.

Spese straordinarie per il mantenimento dei figli

L’assegno periodico per il mantenimento dei figli rappresenta un contributo alle spese ordinarie e di vita quotidiana, alle quali si aggiungono poi quelle straordinarie. Queste spese si differenziano per la loro occasionalità e imprevedibilità, non potendo essere quantificate in via preventiva richiedono la contribuzione di entrambi in genitori solitamente nella misura del 50% ciascuno. Qualora tuttavia vi siano particolari accordi o differenze reddituali importanti, la percentuale di contribuzione può anche essere diversificata.

Accordo tra genitori

Non è da escludere la possibilità che il giudice possa tener conto di eventuali accordi stipulati liberamente tra le parti in causa. Un esempio è dato dal fatto che ai figli vengano intestate le proprietà di beni mobili o immobili.

Una soluzione che viene presa in considerazione solitamente nei casi in cui l’altro coniuge vanti un’adeguata autosufficienza economica. Detto ciò, la soluzione più auspicabile è sempre quella di un accordo tra le parti, che eviti loro il giudizio in tribunale. In casi del genere si potrà raggiungere una via comune col metodo consensuale ordinario o lo strumento della negoziazione assistita da legali.

Modificare l’assegno di mantenimento

L’assegno di mantenimento per i figli viene stabilito attraverso una sentenza definitiva. Questo però non vuol dire che non possa subire modifiche. La legge obbliga i genitori a provvedere alle esigenze dei figli fino al raggiungimento dell’indipendenza economica. Ciò potrebbe avvenire anche molto dopo il raggiungimento dei 18 anni d’età.

Stando alla giurisprudenza attuale, si può presumere che, una volta raggiunti 35 anni d’età, il mancato conseguimento di un reddito sia da imputare a un’inattività del figlio piuttosto che a delle difficoltà concrete legate al mercato del lavoro. Ciò fa dunque perdere al giovane il diritto agli alimenti.

Mantenimento di figli maggiorenni

In caso di separazione o divorzio di due genitori, un giudice può stabilire la disposizione di un assegno di mantenimento in favore dei figli maggiorenni non indipendenti. Un pagamento periodico da corrispondere direttamente al soggetto. Il genitore non può però indicare tale via. Dovrà essere il figlio maggiorenne a fare richiesta in tal senso. In caso contrario, l’assegno dovuto verrà corrisposto al genitore che si occupa del mantenimento e ha ottenuto il collocamento.

É bene sottolineare come non vi sia alcuna norma che sancisca la fine dell’obbligo del versamento di un assegno di mantenimento nei confronti dei propri figli, anche quando questi hanno superato la soglia della maggiore età. Il discrimine è infatti rappresentato dall’autosufficienza economica e non dall’età della prole. Considerando i problemi del mondo lavorativo italiano, pare difficile pensare che un diciottenne possa ritenersi autosufficiente.

Nel caso in cui il genitore dovesse rifiutarsi di corrispondere la cifra indicata dal giudice, sia l’altro genitore che il figlio maggiorenne ma non autosufficiente potranno fare causa, chiedendo l’erogazione dovuta del mantenimento. Occorre sottolineare però come alcuni Tribunali abbiano individuato un’età che, una volta raggiunta senza poter vantare un’autonomia economica, comporti la decadenza dell’obbligo di pagamento. Per il Tribunale di Milano, ad esempio, la soglia è rappresentata dai 34 anni. Superata tale età si tende a ritenere il mancato percepimento di uno stipendio come frutto della volontà del soggetto.

Per autosufficienza economica si intende l’ottenimento di un lavoro che garantisca una retribuzione idonea a garantire una vita dignitosa e una piena autonomia. Ciò vuol dire che l’obbligo del mantenimento da parte di un genitore non decada dopo l’impiego del figlio in un lavoro poco remunerativo. Una regola, per così dire, che non può essere applicata nel caso in cui la mancanza di un lavoro adeguato derivi dalla negligenza del giovane.

Indipendenza economica non comunicata

Svariati i casi che possono verificarsi, così come i precedenti giuridici di cui tener conto. Cosa accade quando un figlio, raggiunta la maggiore età e l’indipendenza economica, decide di tenerne all’oscuro il genitore chiamato al mantenimento? Quest’ultimo si sarà ritrovato a versare del denaro non dovuto. In che modo la legge lo tutela?

Qualora dovessero presentarsi tali circostanze, il genitore potrà agire in tribunale, al fine di chiedere la cancellazione dell’obbligo di versamento degli alimenti. Questi avrà diritto alla restituzione del denaro versato durante il periodo intermedio, che ha inizio a partire dal cambiamento delle condizioni economiche del figlio maggiorenne, fino alla data della sentenza emessa dal giudice. Tutto ciò a patto di poter dimostrare l’effettiva autosufficienza. Come spiegato, un lavoro non adeguatamente remunerativo non esonera il genitore dal mantenimento.

Una condizione delicata, considerando i rapporti personali portati in tribunale. In nessun caso però il figlio potrà perseguire come linea di difesa il fatto d’aver speso il denaro ricevuto, sfruttandolo per il proprio sostentamento o per spese straordinarie. Tali motivazioni decadono nel momento in cui viene dimostrato come il mantenimento non sia più dovuto. In tal caso un genitore può liberamente decidere se aiutare la propria prole economicamente o meno. In assenza delle necessarie informazioni, si può dire che il figlio in questione abbia deliberatamente truffato il padre o la madre.

Il denaro ottenuto e non restituito andrà a rappresentare un debito nei confronti del genitore. Ciò potrebbe dunque portare al recupero forzato, passando attraverso il pignoramento di beni di qualsiasi sorta o dei redditi stessi ottenuto dal lavoro. È improbabile che un padre o una madre possano eseguire un’esecuzione forzata nei confronti dei propri figli ma, in caso di contrasti in famiglia, non è mai detta l’ultima parola.

Per quanto assurdo possa sembrare, l’obbligo al mantenimento non decade automaticamente neanche nel caso in cui il figlio decida di sposarsi. Ciò non indica necessariamente un’autonomia economica. Il genitore dovrà attendere una sentenza del tribunale prima di poter interrompere i pagamenti ed eventualmente ottenere la restituzione di parte di essi.

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