Il Ghana ha dichiarato ufficialmente lo stato di allerta sanitaria a seguito del primo focolaio di Marburg (MVD), un virus mortale che si sta diffondendo in Africa e che – secondo gli esperti – è pericoloso e contagioso come l’Ebola.
Focolaio Marburg in Africa: scatta l’allerta
Due uomini, uno di 26 anni e l’altro di 51, sono morti in Africa dopo essere risultati positivi al Marburg. Si tratta di un agente patogeno che appartiene alla stessa famiglia dei virus che causano l’Ebola e che, allo stesso modo, si sviluppa nei pazienti sotto forma di febbre emorragica.
Il primo focolaio è stato confermato in Ghana, a cui hanno fatto seguito i due decessi – il 27 e 28 giugno – confermati domenica 17 luglio dall’Organizzazione mondiale della sanità. Nel suo comunicato stampa l’Oms ha specificato che le probabilità di morte nei due pazienti variavano dal 24% all’88%, sia per via del ceppo del virus che avevano sviluppato – particolarmente aggressivo – sia per cure (limitate) a cui avevano accesso.
Secondo Matshidiso Moeti, Direttore regionale dell’Oms per la sezione Africa, il virus Marburg può “sfuggire facilmente di mano“ senza un contenimento immediato ma, sia nelle settimane precedenti che dopo, “le autorità sanitarie (in Ghana, ndr) hanno risposto rapidamente, ottenendo un vantaggio nella preparazione di un possibile focolaio”.
Infatti, come riportato dal Ghana Health Service, le 98 persone che hanno avuto contatti con i pazienti positivi all’MVD sono ad oggi monitorate, dopo essere state messe in quarantena. L’obiettivo, ovviamente, è contenere un’ulteriore diffusione del virus.
I sintomi del virus Marburg: come si manifesta l’MVD nei pazienti
Non esiste un vaccino o una cura per il virus Marburg, i trattamenti fino ad ora utilizzati – come la reidratazione con i liquidi per via orale o endovenosa – possono solo aumentare le probabilità di sopravvivenza. Infatti, la terapia di supporto ha come scopo quello di accompagnare il paziente fino a quando il virus non viene eradicato spontaneamente.
Quello che sappiamo è che si tratta di una malattia zoonotica, quindi può essere trasmessa dagli animali all’uomo, per cui le probabilità di morte sono fino all’88%. La trasmissione da uomo a uomo, invece, può avvenire attraverso i fluidi corporei (tra persone), ma anche se si entra a contatto con superfici e materiali infetti, mentre il periodo di incubazione può variare da 2 a 21 giorni.
Nei due pazienti morti in Ghana, secondo l’Oms, il virus si è manifestato con i disturbi più comuni, ovvero diarrea, febbre, nausea e vomito. I sintomi del virus Marburg includono:
- febbre;
- diarrea sanguinolenta;
- sanguinamento dalle gengive, della pelle o degli occhi;
- urine sanguinolente.
Precedenti focolai di Marburg sono stati osservati altrove in Africa, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, nello specifico in Guinea, Angola, Repubblica Democratica del Congo, Kenya, Sud Africa e Uganda.
Il decorso clinico, secondo l’European Centre for Disease Prevention and Control, può essere suddiviso in tre fasi:
- la prima fase generalizzata (da 1 a 4 giorni);
- la fase precoce (da 5 a 13 giorni);
- l’ultima fase tardiva o di convalescenza (più di 13 giorni).
I sopravvissuti raramente hanno sviluppato i sintomi più gravi della malattia e in molti casi non hanno mai raggiunto la fase tardiva. Chi non è morto, quindi, non ha di fatto visto la sua condizione clinica aggravarsi fino all’ultimo stadio.
Nella fase iniziale il modo in cui si manifesta il virus MVD è brusco, con sintomi aspecifici simili all’influenza ma molto più aggressivi come: febbre alta (di solito 39–40°C), forte mal di testa, brividi, mialgia, prostrazione e malessere. Inoltre, il 50-75% dei pazienti fa i conti con una rapida debilitazione, caratterizzata da disturbi gastrointestinali come anoressia, dolori addominali, nausea grave, vomito e diarrea, entro 2-5 giorni.
L’intensità della malattia aumenta nei giorni 5-7, con un’eruzione maculopapulare e sintomi di febbre emorragica, come petecchie, sanguinamento della mucosa e gastrointestinale e sanguinamento dai siti di venipuntura. Sintomi neurologici (disorientamento, agitazione, convulsioni e coma) possono manifestarsi nelle fasi successive. Dolore articolare, uveite, orchite, epatite ricorrente, pericardite e disfunzione mentale sono state documentate invece come complicanze durante la convalescenza, che può essere lenta.
Focolaio MVD: quali i rischi per la salute pubblica (e per l’Italia)?
Come riportato nelle linee guida ECDC, per tenere sotto controllo l’epidemia di MVD bisogna interrompere la trasmissione diretta da uomo a uomo. Un po’ come abbiamo imparato con la gestione del Covid (a proposito, qui le ultime novità sul virus in Italia), il modo migliore per bloccare la diffusione è la diagnosi precoce e il rapido isolamento sistematico dei casi, con il tracciamento tempestivo dei contatti e il monitoraggio ravvicinato delle persone a rischio, nonché un’adeguata protezione personale, sepolture condotte in sicurezza e una migliore consapevolezza della comunità sui fattori di rischio di infezione.
L’isolamento dei pazienti infetti, combinato con adeguate misure di prevenzione e controllo delle infezioni, ha già dimostrato di fermare efficacemente la diffusione nei focolai precedenti.
Come per il Sars-Cov-2, tutte le persone che lavorano nell’area di isolamento, riciclano biancheria potenzialmente infetta, disinfettano oggetti o case oppure entrano a contatto con i pazienti, devono indossare dispositivi di protezione individuale (rimanendo in tema di mascherine, qui come sono cambiate le regole).
Non appena si sospetta la diagnosi di MVD, i pazienti devono essere separati in un’unica stanza con bagno separato secondo il protocollo VHF (consultabile qui) e si devono rispettare tutte le misure di sicurezza e le regole anti contagio necessarie.
Sotto la voce “febbri emorragiche virali” (VHF) sono incluse numerose malattie, con differenze per tipo di virus, distribuzione geografica, incidenza, serbatoio, modalità di trasmissione e sintomi clinici. Il denominatore comune è la possibile comparsa di una malattia con sanguinamenti generali, che spesso portano alla morte, ma un’altra caratteristica comune è il potenziale rischio per i contatti stretti e per il personale sanitario e di laboratorio.
Fortunatamente la maggior parte di questi virus non si trasmette facilmente (ad eccezione del virus della febbre gialla e del virus Dengue che si diffondono attraverso le zanzare infette). Ad oggi le autorità sanitarie africane e l’Oms hanno fatto sapere di aver risposto prontamente alla diffusione del virus in Ghana, attivando per isolare il più possibile sia i casi confermati che quelli sospetti, così da poter circoscrivere il focolaio e contenerlo.