34.000 decessi l’anno solo in Italia. Con queste cifre, il tumore del polmone rappresenta la più frequente causa di morte oncologica in Italia. il tutto a fronte di un costante miglioramento nella chirurgia e nelle terapie farmacologiche, che hanno permesso – anche grazie alla prevenzione primaria, in primis la lotta al tabagismo – di aumentare significativamente le aspettative di sopravvivenza dei pazienti.
Ma attenzione: il successo dei trattamenti è legato alla precocità della diagnosi. Quanto prima si arriva tanto maggiori sono le possibilità di poter migliorare la prognosi. Per questo un programma di screening mirato appare di grande importanza, sia per il singolo che per il sistema sanitario. Ma come funzione lo screening? E a chi è proposto?
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Il programma RISP, Rete Italiana Screening Polmonare
Lo screening del tumore del polmone si basa sulla tomografia computerizzata TC del torace a basso dosaggio (Low-Dose Computed Tomography, LDCT). Grazie a questo test si potrebbe aumentare il numero delle diagnosi in fase precoce dall’attuale 25% fino al 60%, consentendo di candidare i pazienti ad intervento chirurgico meno invasivo e al trattamento con farmaci innovativi, aumentando le probabilità di guarigione.
Con un importante impatto anche dal punto di vista economico, se si considera che il carcinoma polmonare ha un costo di 2,5 miliardi di euro ogni anno, che include sia le uscite dirette (sanitarie) che quelle indirette (sociali).
La TC a basso dosaggio rappresenta una promettente strategia. Studi clinici hanno dimostrato che questo approccio riduce del 20-25% la mortalità nei forti fumatori, che si può tradurre in oltre 5.000 decessi in meno ogni anno nel nostro Paese.
In questo senso, il Ministero della Salute e le Regioni hanno costituito la Rete Italiana Screening Polmonare (RISP, http://www.programmarisp.it). Il programma si è rivolto inizialmente a persone di età compresa fra 55 e 75 anni, che consumino un pacchetto di sigarette al giorno da più di 30 anni. Possono partecipare anche i forti fumatori che hanno smesso da meno di 15 anni.
La TC a basso dosaggio è lo strumento più idoneo per la diagnosi precoce: è efficace nell’individuazione di lesioni di piccole dimensioni, è di facile e rapida esecuzione (30 secondi), non è invasiva e non richiede l’utilizzo del mezzo di contrasto. Grazie allo screening, è possibile individuare tumori molto piccoli, trattabili con chirurgia mini-invasiva e personalizzata, assicurando al paziente un recupero funzionale rapido e una dimissione precoce.
Non solo. Il suo potenziale si estende oltre la prevenzione oncologica, consentendo l’identificazione precoce anche di altre patologie fumo-correlate, quali la broncopneumopatia cronico ostruttiva e le cardiopatie. La LDCT permette infatti di calcolare il grado di calcificazione delle arterie coronariche, che è direttamente proporzionale al rischio di infarto o di stenosi delle coronarie. Con lo screening per il cancro al polmone, quindi, si può ottenere anche una valutazione del rischio cardiovascolare.
Quanto potrebbe valere il programma di screening
Secondo un recente studio, l’implementazione di un programma strutturato di screening polmonare appare di grande importanza. A dirlo è un modello sviluppato da C.R.E.A. Sanità che, per la prima volta – integrando e aggiornando uno studio precedente – analizza anche l’impatto di farmaci innovativi come l’immunoterapia, di recente introduzione e offre una valutazione economica dello screening del cancro al polmone, basata su evidenze di costo-efficacia, costo-utilità, impatto finanziario (budget impact).
I risultati del modello stimano che l’attuazione di un programma di screening nazionale nei pazienti ad alto rischio, consentirebbe, grazie ad una diagnosi tempestiva, un incremento della sopravvivenza dei pazienti screenati di 7,63 anni rispetto ai non screenati, a fronte di una riduzione dei costi sanitari pari a 2,3 miliardi di euro, in un orizzonte temporale di 30 anni.
In termini finanziari, va previsto un investimento iniziale nel primo anno (legato anche all’organizzazione dello screening) pari a circa 80 milioni di euro, che sarebbe però più che compensato dai risparmi pari a circa 180 milioni di euro già al primo anno.
“Il modello elaborato dimostra che la promozione di uno screening della popolazione ad alto rischio per il carcinoma polmonare è una politica di sanità pubblica efficace ed efficiente che, purché adeguatamente promossa e incentivata, risulta anche sostenibile da un punto di vista finanziario – spiega Federico Spandonaro, Professore aggregato Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e Presidente Comitato Scientifico C.R.E.A. Sanità”.
A chi va proposto e come cambia la prognosi
Parallelamente alla lotta al tabagismo, è prioritario favorire l’accesso allo screening ai soggetti ad alto rischio cioè fumatori o ex forti fumatori sopra i 50 anni.
” Le società scientifiche internazionali e la commissione europea stanno già andando in questa direzione e raccomandano, per questi soggetti, regolari TC al torace a basso dosaggio di radiazioni intensità, per un monitoraggio adeguato – ha spiegato Giulia Veronesi, Direttrice del Programma di Chirurgia Robotica Toracica presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele. Quando il tumore al polmone viene diagnosticato e trattato in fase precoce con chirurgia e farmaci si possono raggiungere tassi di sopravvivenza a 5 anni intorno all’80%. Per questo, investire in un programma strutturato di screening polmonare è oggi più cruciale che mai, perché consente un guadagno di vita di oltre 7 anni a fronte di un risparmio economico per il sistema sanitario nazionale”.
Il modello presentato fornisce uno strumento prezioso, se si tiene conto del fatto che, tra tutti i tumori, quello al polmone è quello a maggiore impatto per la Società: a livello mondiale l’onere raggiunge i 4.000 miliardi di dollari mentre in Italia è stato stimato un costo annuo di 2,5 miliardi di euro. E in un contesto di risorse limitate per le politiche pubbliche, l’aspetto economico non può essere trascurato.
Assumendo di effettuare lo screening con frequenza biennale sulla popolazione ad alto rischio (rappresentata dai soggetti di età compresa fra 50 e 79 anni con forte esposizione al fumo – più di 30 pack-year), considerando un orizzonte temporale di 30 anni ed adottando, infine, un tasso di risposta del 30%, il modello predisposto stima che sarà necessario effettuare in media circa 460.000 LD-CTs annue (circa 360.000 a regime se non si modificheranno significativamente le abitudini di fumo).
Il lavoro di ricerca condotto si è concentrato sulla modellizzazione delle diverse possibili modalità alternative di effettuazione dello screening e permette di modificare la popolazione invitata e aderente, la frequenza di ripetizione dello screening e le opzioni di gestione dei casi in cui lo screening effettuato non permetta una diagnosi certa. In aggiunta, una particolare attenzione è stata dedicata alla descrizione dei percorsi terapeutici ad oggi disponibili, prevedendo la possibilità di un loro aggiornamento nel tempo.