Sono ore febbrili per entrambi gli attori in campo, da sempre così lontani ma quanto mai vicini come nelle ultime ore. Stiamo parlando di Mario Draghi, che si appresta ad abbandonare le vesti del premier dopo oltre 20 mesi in carica, e di Giorgia Meloni, che invece si prepara a prenderne il posto a Palazzo Chigi in virtù della vittoria senza appello registrata alle consultazioni elettorali. Entrambi sanno che, nonostante la distanza che li divide da sempre, ora dovranno lavorare di squadra per il bene del Paese.
L’attuale presidente del Consiglio ancora è chiamato a svolgere alcuni passaggi di grande importanza prima di concludere la propria esperienza. Appuntamenti inderogabili da cui dipende la stabilità del nostro Paese nel prossimo futuro. Il primo in ordine cronologico è fissato per giovedì 29 settembre, quando l’Esecutivo si appresterà a varare la Nadef, ossia la Nota di aggiornamento al decreto di economia e finanza. Un documento che ogni anno anticipa la Legge di Bilancio tracciando un quadro generale della situazione economica italiana in vista dell’anno che sta per concludersi.
Contatti tra Palazzo Chigi e Fratelli d’Italia: pronto un accordo tra Draghi e Meloni?
Ma la questione di primaria importanza sarà proprio quella della Finanziaria 2022. Innanzitutto perché dovrà essere scritta dal nuovo governo in tempo strettissimi: presentazione, discussione e approvazione in entrambi i rami del Parlamento, il tutto entro il 31 dicembre per evitare che lo Stato finisca in esercizio provvisorio. In secondo luogo le difficoltà maggiori riguarderanno i fondi necessari per coprire tutte le spese che Meloni vuole sostenere, a cominciare da quelle per ridurre il costo delle bollette per migliaia di famiglie e imprese che rischiano di ritrovarsi allo stremo nei prossimi mesi invernali.
Per questo la leader di Fratelli d’Italia e i vertici del partito – in particolare i responsabili del Dipartimento Economia, Guido Corsetto e Maurizio Leo – sono già in contatto con il ministro Daniele Franco, un’interlocuzione destinata ad intensificarsi nei prossimi giorni. Giorgia Meloni sa bene che una collaborazione con Mario Draghi potrebbe essere decisiva per evitare un crollo dei conti pubblici, motivo che l’ha spinta a dialogare con l’ex capo della Bce già durante le ultime settimane di campagna elettorale: un modo per capire davvero quale sia l’attuale situazione del Tesoro, rifuggendo le critiche degli avversari (Enrico Letta e Carlo Calenda in particolare) che da tempo tentano di screditarla immaginando una catastrofe nel momento in cui il suo programma venisse messo in pratica.
I conti pubblici e le spese per la Finanziaria: Meloni ha bisogno di Mario Draghi?
Ma le preoccupazioni della futura premier e la scelta di stringere un “grande patto” con l’attuale presidente sono ragionamenti del tutto fondati in virtù dei numeri sempre più preoccupanti che riguardano il nostro Paese. La Nadef correggerà al ribasso le stime sul Pil per il 2023: la crescita non sarà più al 2,3% ma si assesterà ad un livello di poco superiore allo 0,5%. Il tutto mentre le agenzie di rating americane Fitch e Standard & Poor’s hanno rivisto in negativo le stime per l’Italia, prevedendo una recessione che nell’anno nuovo sarà tra lo 0,7% e l’1%.
Inoltre ci sono delle voci residue che paiono incomprimibili e che dovranno essere finanziate con una somma che si aggira sui 20 miliardi di euro. Parliamo dell’indicizzazione delle pensioni al costo della vita (dal costo di circa 8,5 miliardi), del rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici (poco meno di 5 miliardi) e della proroga del taglio del cuneo introdotto da Draghi per il 2022 (anche per questa serviranno tra i 4,5 e i 5 miliardi).