Pedro Sanchez: il pensiero politico del premier spagnolo

Qual è stata la rivoluzione che Pedro Sanchez ha portato in Spagna: ecco il suo pensiero e la netta svolta a sinistra negli ultimi anni

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Nato a Madrid nel 1972, Pedro Sanchez è il presidente uscente del Governo di Spagna, oltre che segretario del Partito Socialista Operaio Spagnolo. Il suo operato è stato particolarmente acclamato, essendo riuscito a guidare il suo schieramento in una fase europea particolarmente delicata per i movimenti progressisti. Nel 2018 è riuscito a far cadere il governo di Mariano Rajoy, il cui partito era stato travolto da una serie di scandali. È così divenuto primo ministro ma l’esecutivo non vantava della necessaria maggioranza, il che ha portato a nuove elezioni, anticipate ad aprile 2019. Un processo non risultato risolutivo, il che ha costretto a ripeterle a novembre 2019, portando alla nascita del governo di coalizione tra Socialisti e la sinistra di Podemos. Il tutto è durato fino alle dimissioni di Sanchez nel 2023.

Il pensiero politico

Il governo di Pedro Sanchez è stato decisamente il più socialista d’Europa, tanto sul fronte economico quanto in merito alla lotta alle disuguaglianze e per il rispetto dei diritti civili di tutti i cittadini.

Quello che ha portato avanti, ha spiegato, è un “modello spagnolo” in grado di funzionare realmente, perché la socialdemocrazia non è affatto un concetto vecchio: “Rivitalizzarla è l’unica risposta globale alla conquista dei diritti, per una fiscalità equa, alla parità di genere e all’emergenza climatica”.

Nonostante basi non propriamente solide, Sanchez è stato in grado di realizzare ogni punto del suo programma, dimostrando coraggio e rispetto nei confronti dei suoi elettori. Da economista qual è, uno dei punti cardine è stata la svolta del sistema fiscale, reso più equo per i cittadini in maggior difficoltà economiche.

Il suo nuovo socialismo ha diminuito il numero dei disoccupati grazie alla riforma del mercato del lavoro, premiando la stabilizzazione. Introdotti tanto il reddito minimo quanto l’aumento del salario minimo. A ciò si è aggiunta una legge a tutela dei rider. Previsto inoltre un contributo di solidarietà per i più ricchi e un provvedimento per imposte straordinarie con prelievi sui maxiprofitti delle società energetiche.

Svolta a sinistra

Pedro Sánchez è stato uno dei leader che si è ritrovato a dover gestire l’emergenza pandemia di Covid-19. Terminata la fase complessa e drammatica, ha di fatto imposto una virata netta a sinistra al suo governo. Ciò vale tanto per la politica economica quanto per quella sociale. Sul fronte estero, poi, ha mantenuto saldo il proprio sostegno all’Ucraina dopo l’invasione da parte della Russia di Putin.

Come detto, ha avviato una manovra di prelievo degli extraprofitti delle società energetiche, a fine 2021, per poi operare un taglio delle bollette alle fasce più povere. Una manovra addirittura ampliata dopo la guerra in Ucraina, considerando gli effetti avuti sul costo della vita. Basti pensare all’Iva sulle bollette, scesa dal 21 al 10% nel 2021 e poi ancora dal 10 al 5% nel 2022.

È stato imposto inoltre un tetto ai prezzi per il sistema di generazione elettrico da gas naturale. Ciò in favore dei consumatori. Tagliate le accise sui carburanti del 20% e favorito un sussidio del 30$ per i trasporti ferroviari e metropolitani a quei soggetti con reddito medio basso.

Come se non bastasse, la riforma del lavoro è stata epocale, tra le più radicali della storia della Spagna moderna. L’applicazione delle clausole è stata ridotta notevolmente per le assunzioni a tempo determinato. Il risultato? Contratti a tempo indeterminato aumentati del 238% nel 2022.

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