Sembrano allungarsi i tempi per l’introduzione di Quota 41, cioè la possibilità di uscire con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. Infatti la misura su cui da sempre punta forte la Lega rischia di essere rimandata a fine legislatura per evitare di riaprire un nuovo fronte con l’Unione europea, molto attenta sull’andamento del sistema pensionistico italiano, con il rischio di mettere in pericolo altri dossier ritenuti più urgenti.
Nella prossima legge di Bilancio potrebbe trovare spazio però un mini-capitolo pensionistico che conterrebbe gli interventi prioritari su cui l’esecutivo appare orientato a puntare: il rilancio della previdenza integrativa anche attraverso nuove agevolazioni fiscali, che potrebbe essere messo nero su bianco già nel Def in arrivo ad aprile e l’allargamento della platea dei lavori usuranti. Vediamo in dettalgio le novità in arrivo.
La spesa pensionistica
Nell’ultima Nota di aggiornamento al Def la stima è che le uscite salgano dai 297,3 miliardi del 2022, a 320,8 miliardi alla fine di quest’anno e a 349,7 miliardi nel 2025, quando la loro incidenza sul PIL dovrebbe essere del 16,4% contro il 15,7% del 2022. Anche per quel che riguarda i conti dell’Inps la situazione non sembra migliorare. Anche per effetto di quadro economico in peggioramento rispetto allo scorso anno, il bilancio preventivo per il 2023 dell’ente indica un risultato economico negativo di oltre 9,7 miliardi a fine anno, mentre l’esercizio 2022 si è chiuso con un attivo di 1,8 miliardi.
Le raccomandazioni UE
Tra le indicazioni classiche di Bruxelles c’è sempre quella di contenere la spesa pensionistica e di garantire la sostenibilità del sistema previdenziale. Ecco perché – anche alla luce dell’andamento della spesa per le pensioni – un intervento come Quota 41 che costerebbe a regime circa 9 miliardi l’anno appare complicato.
La misura resta in ogni caso uno dei traguardi che il governo è intenzionato a tagliare per superare la legge Fornero e rendere più flessibile il sistema previdenziale. I risicati spazi di finanza pubblica che potrà utilizzare l’esecutivo per il 2024 e i vincoli posti da Bruxelles non cosentono però accelerazioni. Con il risultato di rendere percorribile la strada che porta a Quota 41 non prima della seconda parte della legislatura.
Priorità a più breve termine
Ecco perché assume centralità nel frattempo il rafforzamento del cosiddetto “secondo pilastro”. Si punta a rendere più appetibili le forme integrative agendo sulla leva fiscale. Alle novità in arrivo su questo fronte con la delega fiscale, si dovrebbe aggiungere con la prossima manovra un adeguamento della soglia di deducibilità dei contributi destinati ai fondi pensione.
Non è poi esclusa una nuova fase di “silenzio-assenso” per destinare il Tfr alla previdenza integrativa. Inoltre tra le misure che potrebbero trovare posto nella prossima legge di bilancio c’è anche quella di un’estensione della platea dei lavoratori impegnati in attività usuranti che possono in prevalenza uscire con 61 anni d’età e 7 mesi e 35 anni di contributi.