Pensioni, sentenza storica: Inps verserà reversibilità a coppia gay

È il primo caso di pensione di reversibilità a una coppia omosessuale, antecedente alla legge Cirinnà sulle unioni civili

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Redazione

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La decisione del Tribunale di Foggia di riconoscere alla vedova di una coppia omosessuale il diritto alla pensione di reversibilità rappresenta un importante passo avanti nella lotta per i diritti delle persone LGBTQ+ in Italia. Si tratta di un precedente storico, poiché è la prima volta che viene riconosciuto questo tipo di pensione a una coppia omosessuale, precedente all’entrata in vigore della legge Cirinnà sulle unioni civili.
La storia risale al 2006, quando l’Inps aveva acconsentito ad avviare le procedure per estendere i diritti riconosciuti dall’ordinamento che regola le pensioni anche alle coppie gay. Tuttavia, questo era avvenuto in seguito all’introduzione delle unioni civili nel nostro Paese, che hanno portato ad alcuni miglioramenti nella tutela legale delle persone LGBTQ+.
Nel caso specifico, il Tribunale di Foggia ha riconosciuto il legame affettivo e di convivenza tra la vedova e la sua compagna defunta, equiparandolo a quello di un matrimonio tradizionale. Questa decisione rappresenta un importante riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali e dimostra che la legge italiana può essere interpretata in modo inclusivo e progressista.
La pensione di reversibilità, ricordiamo, è un importante beneficio previdenziale che consente al coniuge superstite di ricevere una parte della pensione del coniuge defunto. Fino a poco tempo fa, questo diritto era riservato esclusivamente alle coppie eterosessuali sposate legalmente. Tuttavia, grazie a decisioni giudiziarie come quella del Tribunale di Foggia, questo principio sta cambiando, aprendo la strada al riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali anche in materia previdenziale.

La storia di Lilli e Maria Teresa

La sentenza è stata emessa a ottobre 2019. Il Tribunale di Foggia ha riconosciuto alla vedova di una coppia omosessuale il diritto a ottenere la pensione di reversibilità, a partire dalla data del decesso della compagna, nel 2011, anche se il loro rapporto non era stato certificato con un’unione civile.

La storia è stata raccontata da Repubblica Bari. Lilli Quitadamo e Maria Teresa Totaro si conobbero nel 1989 e poco dopo andarono a vivere insieme a Manfredonia. Le unioni civili erano ancora lontanissime, inimmaginabili, e le coppie omosessuali per lo Stato semplicemente non esistevano.

Nel 2011 Maria Teresa morì improvvisamente, durante una risonanza magnetica all’ospedale Casa sollievo della sofferenza. “Avevamo deciso di sposarci, in Spagna o in Germania – ricorda Lilli – Teresa sarebbe andata in pensione due anni dopo”. All’epoca della sua morte ci fu anche un’interrogazione parlamentare. Lilli era per tutti una vedova, tranne che per la legge: “Volevo farla finita, non avevo più niente e niente più valeva”, racconta oggi.

Perché è una sentenza storica

La notizia è storica proprio perché per la prima volta viene chiamato in causa l’Inps e perché riconosce un diritto a legami anteriori al 2016, anno della legge Cirinnà. A contribuire alla sentenza senza dubbio il testamento che le due donne avevano firmato davanti a un notaio, nel quale si nominavano vicendevolmente eredi, e chiedevano di essere registrate in un unico stato di famiglia. L’Inps non si è appellato, e la sentenza è ormai definitiva.

“Questa sentenza rappresenta una pietra miliare per i diritti civili. La pensione di reversibilità spetta anche al superstite della coppia di una persona morta prima dell’entrata in vigore della legge sulle unioni civili” twitta il sottosegretario di Italia Viva Ivan Scalfarotto.

Ciò significa che chiunque si trovasse in una condizione simile, prima dell’entrata in vigore della legge sulle unioni civili, potrebbe provare ad agire con l’Inps per il riconoscimento della pensione di reversibilità.

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