La manovra finanziaria sarà discussa in Consiglio dei ministri già nella serata del 15 ottobre, con largo anticipo rispetto al previsto. Molte questioni sono però ancora in bilico, su tutte quella delle pensioni. Le intenzioni sono di mantenere gli attuali strumenti di flessibilità con i limiti molto stringenti inseriti nel 2024.
Questo significa salvare Ape sociale, Opzione donna ma anche Quota 103, anche se non è certo che si riusciranno a trovare tutte le coperture necessarie. Il piano includerebbe anche un aumento delle pensioni minime, che però risulta molto costoso anche a causa del fatto che l’esecutivo ha dovuto rinunciare a ridurre la perequazione degli assegni più alti.
Confermate le pensioni anticipate in manovra
La maggioranza sta cercando un compromesso sulle pensioni in manovra. Non sembra possibile la realizzazione di una riforma o di nuove opzioni di flessibilità che permettano ai lavoratori di smettere di andare in pensione in anticipo nel 2025 rispetto a quanto accadeva nel 2024, soprattutto per mancanza di fondi.
Il governo punta però a mantenere in vigore le possibilità di pensione anticipata che erano valide per il 2024, quindi Opzione donna, Ape sociale e anche Quota 103. Nell’ultima legge di bilancio i requisiti per accedere a queste norme sono stati ristretti in maniera significativa e questo le ha rese più sostenibili per le casse dello Stato. Per questa ragione sarebbe relativamente semplice continuare a finanziarle anche nel 2025.
Difficile, invece, che possano nascere nuove forme di flessibilità, come quelle ipotizzate negli scorsi mesi. Quella che sembrava avere più possibilità di successo era Quota 41 light, che aveva come sponsor primario Matteo Salvini. Il segretario della Lega ha però già diversi fronti aperti nella discussione sulla manovra, come quello che potrebbe portare all’espansione della flat tax fino a un massimo di 100mila euro di fatturato annuo.
L’aumento delle pensioni minime e le coperture
Altra discussione aperta nel Governo sulle pensioni è l’aumento delle minime. Forza Italia vorrebbe che le pensioni fornite a chi non ha versato abbastanza contributi per ottenere un trattamento superiore, siano alzate dagli attuali 615 euro al mese. Un calcolo interno all’esecutivo ha però stimato in 300 milioni di euro di spesa per ogni 10 euro di aumento il costo di un adeguamento a questi assegni, che sono più di 2,5 milioni in totale.
Il problema principale sono quindi le coperture, che in questa manovra sono complesse da trovare soprattutto per i limiti imposti dal Piano strutturale di bilancio, ma anche per una questione legata alle stesse pensioni. Nel 2023 il Governo era riuscito a ricavare molti fondi per la legge di bilancio dal taglio della perequazione delle pensioni più alte. Ogni anno l’Inps aumenta le pensioni in proporzione all’inflazione, ma l’esecutivo di Giorgia Meloni aveva tagliato questo adeguamento per gli assegni più ricchi, risparmiando miliardi.
Il Governo stimava che un’operazione simile per il 2025 avrebbe permesso circa un altro miliardo di euro di risparmi, ma una causa portata avanti da un gruppo di ex presidi in pensione ha dimostrato l’incostituzionalità di questo tipo di norme. Per non incorrere in problemi giuridici quindi, Meloni ha dovuto rinunciarvi, riducendo ulteriormente i fondi a disposizione.