Con l’ultima bozza della Finanziaria cambia (di nuovo) il meccanismo che aggancia l’uscita dal mondo del lavoro al raggiungimento di un importo correlato all’assegno sociale. Oggi si può lasciare anticipatamente il lavoro se si incassa un assegno 2,8 volte superiore al minimo pensionistico, che nel 2023 è fissato in 503,27 euro. Nella vecchia formulazione della Manovra tale indicatore saliva a 3,3 volte l’assegno sociale.
Ultim’ora sulla riforma delle pensioni 2023
La nuova versione fissa una via di mezzo: 3,0 volte, che cala a 2,8 volte per le donne con 1 figlio e a 2,6 volte per le donne con almeno 2 figli. Questo meccanismo riguarda l’uscita anticipata contributiva i cui requisiti sono 64 anni d’età più 20 anni di contributi versati.
Ma per tale uscita anticipata la nuova bozza fissa un tetto massimo: il trattamento “è riconosciuto per un valore lordo mensile massimo non superiore a cinque volte il trattamento minimo previsto a legislazione vigente, per le mensilità di anticipo del pensionamento rispetto al momento in cui tale diritto maturerebbe a seguito del raggiungimento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico” con la vecchiaia.
E non solo: viene prevista una finestra di tre mesi tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza della pensione anticipata.
Sparisce invece un meccanismo controverso che ha destato polemiche: se ne va quell’articolo 32 che agganciava i requisiti per la pensione anticipata alla speranza di vita a partire dal 2025.
Torna Quota 103: penalizzazioni e finestre
Comunque sia, nella sua ultima versione la Manovra prevede la scomparsa di Quota 104 (41 anni di contributi e 63 anni di età) e il ritorno di Quota 103 (62 anni e 41 di contributi) anche per il 2024. La misura si applica a chi abbia maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2023. Ma la pensione viene liquidata dopo una finestra temporale: 3 mesi per i lavoratori privati e 6 mesi per i lavoratori del settore pubblico. Chi maturerà i requisiti da gennaio 2024 potrà lasciare il lavoro con un assegno ridotto, a differenza della Quota 103 in vigore ora. La decurtazione è dovuta al ricalcolo dell’assegno con il metodo contributivo. In pratica sfumano i vantaggi derivanti dai versamenti fatti prima del 1996. E viene prevista una nuova penalizzazione correlata alle finestre: i lavoratori del settore privato dovranno aspettare 7 mesi, mentre i pubblici dipendenti ne dovranno attendere 9.
Una bozza definitiva (ma provvisoria)
Sembra un controsenso, ma la bozza “definitiva” della Manovra in realtà non lo è affatto: il testo è stato approvato formalmente nel Consiglio dei ministri del 16 ottobre, ma la riforma pensionistica è letteralmente un cantiere aperto per via delle diverse istanze che arrivano dalle varie forze politiche. In particolare, da una parte c’è la Lega che spinge per una scorciatoia per chi ha iniziato a lavorare in giovanissima età e dall’altra parte ci sono le scarse risorse a disposizione. Quella partorita dalla Finanziaria non sarà una grande riforma strutturale, ma una serie di aggiustamenti che andranno, eventualmente, rivisti il prossimo anno.
Si rimanda al nostro focus per conoscere tutte le misure della Manovra 2023 del governo Meloni.