Pensioni: le rivalutazioni 2023 e l’impatto dell’inflazione. Cosa cambia

Rivalutazione pensioni per adeguamento all'inflazione, in Legge di Bilancio servono almeno 8-10 miliardi: come si applica l'indicizzazione 2022-2023.

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Redazione

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L’inflazione morde e restringe il potere d’acquisto delle famiglie, a partire come noto dalle spese energetiche. Il fenomeno avrà un impatto tangibile sui conti dello Stato anche per quanto riguarda la rivalutazione delle pensioni dal 1° gennaio 2023, per cui serviranno in Manovra non meno di 8/10 miliardi.

Inflazione 2023 e rivalutazione pensioni

Stando all’Ufficio Parlamentare di Bilancio, nel 2023 l’inflazione non scenderà sotto il 7%, dopo che in agosto il dato è salito fino all’8,4%, il massimo da quarant’anni a questa parte. Le pensioni verranno indicizzate in base all’andamento dell’inflazione 2022 e alle previsioni 2023. Nell’ipotesi di un’inflazione all’8%, la spesa pensionistica italiana crescerebbe di 8 miliardi.

Anticipo rivalutazione

Un anticipo della prevista rivalutazione dell’assegno pensionistico sarà riconosciuta già con le competenze di ottobre (in pagamento da novembre) nella misura del 2,2% per chi ha reddito fino a 35mila euro, che si riduce con il salire del reddito in base agli scaglioni previdenziali. Un aumento dello 0,2% riguarderà in ogni caso tutti gli assegni (conguaglio della rivalutazione 2022). L’aumento anticipato sarà declinato secondo le seguenti linee:

Aumento pensioni 2023

Come accennato, oltre l’anticipo di ottobre/novembre, dal 1° gennaio 2023 arriverà anche la quota aggiuntiva dovuta per la rivalutazione all’inflazione, in base all’indice definitivo che l’ISTAT comunicherà il prossimo novembre. L’aumento dello 0,2% sulla pensione da gennaio riguarda tutti, a prescindere dal reddito, ed è così calibrato sulle seguenti fasce:

I pensionati con un reddito fino a 35mila euro applicano un ulteriore aumento del 2% (2,2% totale), calcolato sempre facendo riferimento alle medesime aliquote di perequazione. Coloro che hanno redditi da pensione più alti applicano la rivalutazione massima del 2% su 35mila euro, con un conseguente aumento intorno ai 50 euro al mese.

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