Palazzo Chigi è impegnato in questi giorni a correggere la manovra finanziaria, con particolare attenzione rivolta al taglio delle pensioni dei medici, riconosciuto come un errore di sottovalutazione. Il gesto di pentimento si manifesta chiaramente: nel tentativo di dimostrare responsabilità nei confronti dell’Europa e dei mercati, si è finiti per restringere eccessivamente le misure che coinvolgono il personale medico.
Come si potrà aggiustare la norma
Ora, tuttavia, si pone la sfida di trovare le risorse necessarie per attuare la retromarcia già annunciata. Il taglio alle pensioni dei medici, che coinvolge in realtà centinaia di migliaia di dipendenti pubblici, molti dei quali non ricevono sufficiente attenzione dall’opinione pubblica, sarà oggetto di una revisione. Questa decisione è stata comunicata ieri sia dal ministro della Salute Orazio Schillaci che dal collega responsabile dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani.
In altre parole, la linea adottata nei giorni precedenti viene confermata, e da tempo si parla di un maxi-emendamento per correggere la misura, specialmente dopo l’annuncio di uno sciopero nazionale di 24 ore da parte dei medici, programmato per il 5 dicembre. Tuttavia, come precisato dalla categoria, la sola revisione del taglio non sarà sufficiente a far revocare la protesta.
In questa fase, il governo si trova di fronte a due opzioni: la prima consiste in un completo stralcio della norma, come proposto dal sottosegretario al Lavoro Durigon; la seconda opzione è una revisione della misura per attenuare l’impatto. Attualmente, si sta discutendo la possibilità di penalizzare solo coloro che accedono alla pensione anticipata, senza colpire chi lascia il lavoro con la pensione di vecchiaia.
Entrambe le opzioni in discussione presentano una sfida comune: trovare le risorse economiche necessarie. Non è un segreto che i tagli siano stati introdotti dal governo con l’obiettivo di raccogliere fondi da destinare ad altri settori della stessa questione previdenziale. Un esempio è il rinnovo di Quota 103, che è stato in bilico fino all’ultimo momento.
Secondo le ultime indiscrezioni, l’esecutivo potrebbe considerare ulteriori interventi sull’indicizzazione degli assegni per coloro che sono già in pensione. La rivalutazione, come previsto dalla manovra, sarà completa solo per i trattamenti fino a quattro volte il minimo, successivamente decrescendo dall’85%. Tuttavia, sembra che il governo stia valutando ulteriori possibilità, indicando che il periodo di revisione potrebbe non essere concluso.
La Lega prova a modificare la manovra
La complessità si è ulteriormente accentuata ieri sera a Palazzo Chigi, poiché si è riconosciuto il rischio di un intervento parziale, focalizzato solo sulla tutela delle pensioni dei medici. Questa opzione significherebbe escludere gli altri 27.700 dipendenti pubblici interessati dai tagli, creando una discriminazione all’interno del settore sanitario, che coinvolgerebbe anche gli infermieri. Inoltre, sarebbe percepita come un salvataggio di favore, generando tensioni.
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, parla di “possibili soluzioni nell’ottica di un intervento complessivo“, cercando così di evitare una discriminazione tra le diverse figure professionali coinvolte.
Al momento, l’auspicio è che si trovi una soluzione globale, nonostante la narrativa iniziale della manovra da blindare in Parlamento. Tuttavia, il governo sta ora riesaminando la situazione, a poco più di tre settimane dal via libera del Consiglio dei ministri. Resta da vedere se la ricerca di risorse sarà coronata da successo. Nel frattempo, Giorgia Meloni deve affrontare il consenso che la Lega sta guadagnando con la sua battaglia. Il leader della Lega, Matteo Salvini, punta a recuperare terreno sulla questione delle pensioni, mentre il governo, pur cercando di mantenere l’equilibrio interno, deve affrontare l’impopolarità della misura che supera i confini del suo perimetro e apre la strada al rischio di incostituzionalità, il quale potrebbe ritorcersi contro in modo ancora più impopolare.