Un crollo verticale delle pensioni anticipate, un boom di quelle di vecchiaia e un mercato del lavoro più precario. È la fotografia scattata dal Rendiconto Sociale dell’Inps, che misura l’impatto delle riforme volute dall’esecutivo Meloni. In due anni, tra il 2022 e il 2024, le uscite anticipate sono calate del 26%, con picchi del -39% per le donne e del -31% per i dipendenti pubblici.
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I dati delle pensioni: cosa è emerso
Il simbolo di questo cambiamento epocale è nei numeri. Dalle oltre 103mila pensioni con Quota 100 nel 2021, si è scesi a sole 1.154 nel 2024 con Quota 103, un calo del 99%. Stessa sorte per Opzione Donna, precipitata da 26.427 assegni nel 2022 a 4.784 nel 2024 (-82%). Canali che, dopo tre Leggi di Bilancio restrittive, sono stati definitivamente cancellati con l’ultima Manovra.
La contrazione degli anticipi ha portato a un netto sorpasso: le pensioni di vecchiaia sono cresciute del 23% nello stesso periodo. Una dinamica che ha colpito in modo differenziato:
- le donne, con +26% di vecchiaia e -39% di anticipate;
- gli uomini, con +19% di vecchiaia e -15% di anticipate;
- i dipendenti privati, con +25% vecchiaia e -23% anticipate.
Nonostante il calo degli anticipi, la spesa complessiva per le pensioni ha toccato i 320 miliardi di euro nel 2024 (+5,4% sul 2023), anche per effetto della rivalutazione (il totale sale a 364 miliardi con le pensioni sociali).
I pensionati sono 15,4 milioni, ma permangono criticità storiche: la pensione delle donne è più bassa, fino al 30% in meno dell’importo maschile. L’allarme demografico si aggrava, con gli over 65 che sono il doppio (24%) dei giovani 0-14 anni (12%).
Più lavoratori precari e part-time
Il quadro sul fronte lavoro è contraddittorio. Il 2024 si chiude con un saldo positivo di 363.000 occupati, ma l’80,4% dei nuovi contratti è a termine.
Cresce anche il ricorso alla Cassa Integrazione (+19,6%) e il part-time, spesso involontario, riguarda il 27,5% dei dipendenti privati. Un segnale, secondo il Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Inps, di un’occupazione a basso salario e di una permanenza al lavoro forzata dalle strette pensionistiche.
Le misure di sostegno al reddito
Sul fronte del sostegno, l’Assegno unico universale è diventato la misura principale per le famiglie, con una spesa passata da 6,6 miliardi del 2021 a 20,6 miliardi nel 2024.
Altre misure come l’Assegno di Inclusione e il Supporto per la formazione coinvolgono invece numeri più contenuti rispetto all’ex Reddito di Cittadinanza.
Addio a Quota 103 e Opzione Donna
Non tutte le misure per andare in pensione prima sono state tagliate.
La Manovra sembra confermare per il prossimo anno l’Ape Sociale. Questo canale resta aperto per chi svolge professioni gravose e per categorie specifiche come disoccupati, caregiver e invalidi civili, a patto di avere 63 anni e 5 mesi di età e almeno 30 anni di contributi.
Viene invece riconfermato per un altro anno il cosiddetto bonus Maroni, oggi bonus Giorgetti, l’incentivo che premia i dipendenti che, pur avendo i requisiti per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 e 10 per le donne), scelgono di posticipare il ritiro e restare al lavoro.
Quest’anno l’incentivo era stato esteso anche a chi aveva maturato i requisiti per Quota 103, un’opzione che, se non ci saranno ripensamenti, dal 2026 non sarà più disponibile.