I contributi figurativi valgono per la pensione anticipata, Cassazione boccia l’Inps

La Suprema Corte, con l'ordinanza 27910/2025, riconosce anche il valore dei contributi figurativi ai fini della pensione anticipata ordinaria

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Claudio Garau

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La Cassazione, con la sentenza n. 27910 del 20 ottobre 2025, ha segnato un importante punto a favore dei lavoratori che si stanno avvicinando al traguardo del trattamento previdenziale. In particolare, la magistratura ha risolto una questione centrale per il diritto alla pensione anticipata ordinaria: i contributi figurativi, come quelli derivanti da malattia o disoccupazione, devono essere calcolati per raggiungere l’anzianità contributiva prevista dalla legge.

Siamo davanti a una pronuncia che rafforza la posizione previdenziale per i lavoratori che hanno maturato una lunga esperienza contributiva, ma non sempre hanno versato contributi “effettivi”, per tutti i periodi di inattività.

Dal pensionamento di anzianità alla pensione anticipata

Per capire questa importante sentenza, dobbiamo prima fare un passo indietro. Con la riforma Fornero, all’art. 24 della legge n. 214/2011, la vecchia pensione di anzianità è stata sostituita con la pensione anticipata, secondo un preciso schema.

In particolare, per la pensione anticipata ordinaria, rivolta a chi ha iniziato a versare contributi prima del 1° gennaio 1996, occorrono almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e almeno 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne, con almeno 35 anni di versamenti effettivi.

Per i contributivi puri, ossia coloro che hanno versato il primo accredito contributivo dal 1° gennaio 1996, invece, si parla di pensione anticipata contributiva, che si ottiene con almeno 64 anni di età e almeno 20 anni di contributi effettivi. Anche in questo caso per un totale di 41 anni e 10 mesi di contributi se donne, e 42 anni e 10 mesi se uomini.

La distinzione tra contributi Inps versati e figurativi

In questo quadro, c’è una questione di fondo che rimane a galla: quali periodi di contribuzione possono essere conteggiati? In che modo è possibile agevolare il pensionamento del dipendente? Il dubbio risiede nella distinzione tra due tipologie di contributi previdenziali, ossia quelli:

Se per i primi non ci sono dubbi perché sono materialmente pagati dal dipendente o dal datore, in ragione del lavoro svolto, per i secondi è lo Stato che li “regala” per proteggere la continuità contributiva. Non c’è infatti alcun onere ricadente sulle parti del rapporto lavorativo. E la copertura in oggetto è utile sia per il raggiungimento del diritto alla pensione sia per il suo calcolo.

Ebbene, la Cassazione ha spiegato che i contributi figurativi, nel sistema previsto dall’art. 24, comma 10, della legge n. 214/2011, possono essere conteggiati nel montante contributivo e quindi sfruttati per raggiungere prima l’anzianità contributiva, richiesta per la pensione anticipata ordinaria.

In particolare, la magistratura spiega che il comma in oggetto non menziona la contribuzione effettiva, ma si riferisce all’anzianità contributiva. E dunque a quella contribuzione utile che comprende anche i figurativi. Chi ha iniziato a lavorare prima del 1° gennaio 1996, quindi, ha diritto al pieno riconoscimento di tutti i contributi figurativi, senza il suddetto vincolo dei 35 anni di contributi “effettivi”.

La pronuncia della Cassazione è molto importante perché, di fatto, boccia l’orientamento restrittivo dell’Inps che, facendo perno proprio su questo vincolo, ha portato negli anni al respingimento di numerose domande di pensione, con conseguenti dispute.

Che cosa cambia

Quello della previdenza è sempre un tema molto delicato, come dimostrano anche i dati sulle pensioni povere. Per i più giovani, l’accesso alla pensione anticipata resta meno agevolato rispetto a chi ha iniziato la sua carriera negli anni ’90 o in precedenza.

Ma la pronuncia 27910/2025 della Cassazione ha il pregio di chiarire che, per coloro che accedono alla pensione anticipata ordinaria, è possibile far valere sempre e comunque anche i contributi figurativi (da distinguersi dai contributi volontari).

Pertanto, Inps non può non contarli nel calcolo del montante contributivo, secondo una scelta che voleva essere “di equilibrio” e che correva parallela alla presunta volontà della riforma Fornero di sfavorire le uscite anticipate (oggi in effetti complessivamente in calo).

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione

La vicenda che ha portato alla pronuncia in oggetto riguardava una lavoratrice che aveva calcolato nel proprio montante anche alcuni periodi figurativi, legati ad eventi che le impedivano di lavorare. Il tribunale aveva approvato la sua domanda di pensione anticipata, ma in secondo grado il giudice aveva ribaltato la decisione, seguendo la linea restrittiva dell’ente previdenziale, ritenendoli non validi.

La Cassazione ha risolto la questione nel modo appena visto, bocciando il ragionamento svolto dalla magistratura dell’appello e indicando ai lavoratori che escludere i contributi figurativi renderebbe di fatto impossibile raggiungere il montante richiesto per la pensione anticipata, contraddicendo la volontà del legislatore di rendere accessibile la pensione ai chi ha lunga anzianità contributiva.

Ad esempio, un lavoratore con 42 anni complessivi di contributi, di cui due maturati come contributi figurativi per periodi di malattia che gli hanno impedito di recarsi in ufficio, potrà ora far valere anche questi ultimi per ottenere la pensione anticipata ordinaria. In precedenza, Inps avrebbe potuto respingere la domanda, sostenendo che non si trattava di contributi effettivi.

Concludendo, l’ordinanza 27910/2025 rappresenta un passo avanti verso una maggiore equità del sistema previdenziale, garantisce maggiore certezza ai lavoratori e conferma che periodi di malattia, disoccupazione o maternità possono contribuire al raggiungimento dei requisiti di anzianità contributiva.

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