Perché le arance potrebbero costare di più questo inverno, tutti i rincari

Il prezzo al consumo delle arance potrebbe salire a causa dell'aumento dei costi di produzione, spinto da manodopera, energia e siccità

Pubblicato:

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Quest’anno il prezzo al consumo delle arance potrebbe salire. A lanciare il segnale di attenzione è l’Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, che il 14 ottobre ha pubblicato il Monitoraggio dei costi medi di produzione in agricoltura 2025.

Il report fotografa con precisione la situazione economica delle principali produzioni di frutta invernale italiana, evidenziando i costi in crescita, una redditività comunque positiva, ma anche i rischi di rincari al supermercato.

I dati sui costi di produzione delle arance

Secondo l’analisi, i costi medi di produzione delle arance nella Sicilia orientale, principale area agrumicola del Paese, si attestano a 7.018 euro per ettaro. Una cifra che tiene conto delle spese per manodopera, energia, trattamenti fitosanitari, irrigazione e concimazione, oltre ai costi generali e ai fattori legati alla gestione aziendale.

Il report mostra come la frutta invernale richieda oggi investimenti sempre più significativi, anche per via del cambiamento climatico e della necessità di mantenere standard qualitativi elevati.

Per confronto, la produzione di clementine in Calabria raggiunge 7.874 euro/ettaro, mentre quella di actinidia (kiwi) nel Lazio arriva fino a 12.147 euro/ettaro, segno di una pressione crescente sui costi di tutte le principali filiere ortofrutticole italiane.

Redditività positiva, ma pressioni sui prezzi al consumo

A prima vista, i dati sembrano incoraggianti. I prezzi medi alla produzione sono superiori ai costi medi, con differenziali particolarmente ampi che confermano la buona redditività del comparto. Gli agricoltori oggi riescono a coprire le spese di produzione e a ottenere un margine economico positivo.

Dietro questa apparente stabilità si nasconde un potenziale rischio per il mercato.

La buona redditività infatti non si traduce automaticamente in stabilità dei prezzi al dettaglio. Anzi, in molti casi è proprio l’aumento dei costi di produzione,  anche se parzialmente compensato da prezzi alla produzione più alti, a riflettersi sui listini destinati ai consumatori.

Per le arance siciliane, in particolare, la combinazione di aumenti nei costi energetici, maggiori spese di irrigazione dovute alla siccità estiva e minore disponibilità di prodotto di alta qualità potrebbe spingere i prezzi al rialzo nei mercati all’ingrosso e nella grande distribuzione.

Nonostante queste difficoltà, il comparto mantiene una buona competitività internazionale.

L’Italia è tra i principali produttori europei di agrumi, con un ruolo di primo piano sia sul mercato interno che su quello dell’export, soprattutto verso i Paesi del Nord Europa. Tuttavia, la redditività positiva rischia di essere erosa se l’aumento dei costi dovesse continuare a un ritmo superiore a quello dei prezzi di vendita.

Le cause dei rincari sulle arance

Il settore agrumicolo italiano vive una fase di transizione.

Negli ultimi anni, le aziende agricole hanno dovuto fronteggiare condizioni climatiche sempre più estreme: ondate di calore, lunghi periodi di siccità e precipitazioni irregolari hanno reso la gestione delle coltivazioni più complessa e costosa.

E questi fattori, uniti all’aumento dei prezzi dei carburanti e dei fertilizzanti, incidono direttamente sui costi operativi.

La stagione 2025 è inoltre stata segnata dalla maturazione anticipata dei frutti e da una riduzione dei volumi raccolti in alcune zone colpite da stress idrico.

A tutto ciò si aggiunge un altro elemento spesso sottovalutato: la logistica. Trasportare le arance dai campi ai centri di lavorazione, e da lì ai mercati nazionali ed esteri, oggi costa di più. Il rincaro del gasolio e i maggiori costi di trasporto refrigerato si sommano alle spese già elevate per la manodopera stagionale.

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