L’esonero della visita fiscale, in caso di astensione dal lavoro per motivi di salute, è previsto solamente in alcuni casi.
In particolare, le donne a cui è stata diagnosticata una gravidanza a rischio non hanno l’obbligo di essere reperibili, presso l’indirizzo comunicato al datore di lavoro e all’Inps. Questa regola vale tanto per le dipendenti della PA, che per le lavoratrici del settore privato.
Tuttavia occorre precisare che vi è un periodo iniziale, in cui si potrebbe ricevere comunque la visita fiscale e, pertanto, sussistono alcuni giorni in cui bisognerà rispettare comunque i cd. orari di reperibilità. Facciamo chiarezza a riguardo.
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Maternità anticipata o interdizione per gravidanza a rischio: di che si tratta
L’interdizione anticipata di maternità è una misura riservata a tutela delle donne in attesa di un bambino, che non sono in grado di continuare a svolgere le normali mansioni lavorative, fino al settimo od ottavo mese di gravidanza.
Sappiamo infatti che il congedo di maternità è valevole due mesi prima e tre mesi dopo il parto, oppure un mese prima e quattro dopo o, ancora, cinque mesi dopo la data del parto (sempre che, in questi ultimi due casi, vi sia idonea documentazione medica che attesti l’assenza di rischi per la donna incinta).
Ebbene, le situazioni nelle quali il medico diagnostica una gravidanza a rischio possono dipendere sia dallo stato di salute della donna, che dalle condizioni di lavoro o ambientali le quali – in assenza di questa specifica tutela – potrebbero rivelarsi dannose per la salute della donna e del nascituro.
In particolare si può chiedere di usufruire della maternità anticipata, in ipotesi di gravi complicanze della gravidanza o di anteriori forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza stesso. Al contempo sussiste il diritto alla maternità anticipata anche in caso di impossibilità allo spostamento a mansioni diverse e meno onerose.
Di riferimento è e resta il testo del d. lgs. n. 151 del 2001, il cd. Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità.
In concreto, invece di attendere l’inizio del congedo obbligatorio di maternità, la donna incinta potrà smettere subito di lavorare, ottenendo un’indennità sostitutiva, pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera. Attenzione però, sulla carta c’è altresì la possibilità di un’integrazione da parte del datore di lavoro, ma ciò deve essere previsto nel Ccnl di categoria.
Il periodo di maternità anticipata coprirà fino all’inizio del periodo di congedo obbligatorio.
Visita fiscale in ipotesi di gravidanza a rischio: come funziona
Come è noto, la visita fiscale è un accertamento, predisposto dal datore di lavoro o dall’Inps al fine di controllare l’effettivo stato di malattia del lavoratore o della lavoratrice, assente per malattia.
Negli orari in cui per legge può essere disposta la visita, colui o colei che è in malattia deve essere reperibile. Ci riferiamo alle seguenti fasce:
- dipendenti settore privato, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18
- dipendenti settore pubblico, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19
Ricordiamo però che dal 3 novembre 2023 una sentenza del TAR Lazio ha imposto l’armonizzazione delle fasce orarie del settore pubblico a quello privato.
Salvo quanto tra poco diremo, qualora la donna lavoratrice sia coperta dalla maternità anticipata per gravidanza a rischio, non correrà il pericolo di subire controlli legati alla visita fiscale. In altre parole, è come se la donna fosse nel periodo di congedo di maternità.
Come ottenere maternità anticipata e esonero visita fiscale
In caso di gravi complicanze o forme morbose, al fine di fruire dell’astensione anticipata dal lavoro, la donna dovrà essere munita di certificato medico ad hoc, che comprova le condizioni di gravidanza a rischio – collegata al proprio stato di salute. Per l’emissione del certificato in oggetto, sarà necessario rivolgersi al Ssn.
In particolare, per ottenere l’esonero della visita fiscale sarà necessario recarsi presso la propria Asl di competenza, presentando il certificato di gravidanza e l’attestazione di gravidanza a rischio, rilasciata dal proprio ginecologo. Sarà poi l’Asl a disporla in concreto.
In ipotesi, invece, di mansioni o ambiente rischiosi per la salute della donna incinta, il datore di lavoro dovrà inviare un’apposita domanda all’Ispettorato del Lavoro. Nella richiesta saranno dettagliati i rischi a cui la dipendente è esposta e dovrà essere acclarato lo stato di gravidanza. La domanda dovrà essere inviata dal datore di lavoro, ma altresì dalla stessa dipendente con contratto di lavoro subordinato.
Il provvedimento che conferma l’inizio del periodo di tutela della gravidanza anticipata, andrà emanato entro sette giorni dalla domanda della lavoratrice (fatto salvo il principio del cd. “silenzio assenso”, per cui in assenza di provvedimento la tutela della maternità anticipata è comunque conseguita).
Solo ed esclusivamente in questa ristretta ‘finestra’ temporale, è possibile ricevere una visita fiscale di verifica, al fine di confermare l’esistenza della gravidanza a rischio – negli stessi orari delle visite fiscali che abbiamo ricordato poco sopra.
Dopo questa settimana scatterà l’interdizione anticipata e ciò anche nel caso in cui non vi sia stata alcuna visita fiscale da parte dei medici incaricati. Dopo i citati sette giorni, più nessun obbligo di reperibilità per la lavoratrice incinta, che quindi potrà anche trovarsi fuori casa nelle fasce orarie summenzionate.
Concludendo, la visita fiscale con esonero della presenza è possibile anche per altri motivi. Il DL del 21 gennaio 2016 introdusse, infatti, alcuni importanti aggiornamenti in materia. L’esonero della visita fiscale fu esteso anche ai dipendenti privati con gravi malattie, che richiedono terapie salvavita, e per stati patologici che comportano un’ invalidità pari ad almeno il 67 %. Le fasce orarie di reperibilità presso il domicilio, relative a tutte le altre assenze lavorative per motivi di salute, sono rimaste invece invariate e sono quelle viste sopra.