Il tasso di occupazione in Italia sale, ma non abbastanza. È questo il quadro della situazione del lavoro nel nostro Paese dipinto dagli ultimi dati di Eurostat, relativi al 2022. L’anno scorso si è assistito a una crescita dell’1,9%, che però proiettano la Penisola su livelli ben lontani dalla media europea.
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L’occupazione in Italia: i dati
Nonostante il segno più rispetto alle annate precedenti, sul piano occupazionale l’Italia resta distante di quasi dieci punti dalla media Ue. Il nostro Paese guadagna dunque l’ultimo posto della classifica dei cittadini con un lavoro, alle spalle della Grecia, che ha registrato una performance migliore (Intelligenza Artificiale, futuro o minaccia? Lo studio che fa tremare i lavoratori).
Secondo le ultime tabelle Eurostat, in Italia l’occupazione tra i 15 e i 64 anni è passata dal 58,2% al 60,1% a fronte di una media Ue che sale al 69,9%. La Grecia, che negli ultimi anni occupava il fondo della classifica, ha registrato invece un balzo del tasso di occupazione di 3,5 punti, raggiungendo il 60,7% complessivo.
Il fondo della classifica lo abbiamo raggiunto sia per quanto riguarda gli occupati maschili sia femminili. Per le donne, in particolare, il tasso è pari al 51,1%, con una crescita di 1,7 punti. In questo campo la Penisola si attesta a quasi 14 punti di distanza della media Ue (crescita di 1,6 punti, al 65%). Sempre in ambito del lavoro femminile, la Grecia ha registrato una crescita di ben il 3%, passando dal 48,2% al 51,2%. Per quanto concerne gli uomini, lo Stivale segna un tasso di occupazione del 69,2%, +2,1% rispetto al 2021 (e con media Ue del 74,8%). Anche in questo caso la crescita è superiore a quella media Ue (2,1 punti contro 1,5), ma è ancora a 5,6 punti di distanza.
Germania imbattibile: il divario che preoccupa
Al primo posto della classifica degli occupati si conferma ancora una volta la Germania, che per le donne segna un aumento dal 72,2% al 73,5% e per gli uomini passa dal 79,3% all’80,9%. Tra le prime posizioni si ritrovano anche i “soliti” Paesi Bassi, la Danimarca e anche Malta.
Dal 2012, anno della celeberrima Legge Fornero, l’Italia ha recuperato oltre 15 punti (il tasso era al 39,9%) contro i 16 della media Ue. Nella fascia d’età 55-64 anni, nel 2022 hanno fatto peggio di noi solo Lussemburgo (46,6%) e Romania (46,7%).
Considerando invece il gruppo dei lavoratori più giovani, tra i 15 e i 29 anni, la distanza con l’Europa si riduce rispetto al 2021 ma resta ampia: 33,8% in Italia, 49,2% nell’Unione. Nel nostro Paese si registra comunque un aumento del tasso di 2,7 punti sul 2021, raggiungendo i massimi dal 2010 (33,8%).
C’è un modo per invertire il trend?
Analizzando i dati Istat relativi al 2022, si può scorgere inoltre un’autentica inversione di rotta del mercato del lavoro italiano. Tra febbraio 2022 e febbraio 2023, gli occupati permanenti sono infatti cresciuti dall’82,6% all’83,8% del totale dei lavoratori dipendenti, registrando la cifra più alta da quando esistono le serie storiche. Nel medesimo periodo, la quota di occupati temporanei sul totale dei dipendenti è scesa dal 17,4% al 16,2%, 143mila unità in meno.
Secondo il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, c’è bisogno di aumentare la forza lavoro, sottolineando il legame simbiotico tra mercato del lavoro e sistema pensionistico. “In Italia parliamo troppo di pensioni ma poco di lavoro, che è ciò che sostiene le pensioni. Per avere meno problemi a livello pensionistico dobbiamo aumentare il tasso di occupazione. Attualmente il rapporto è di 1,4 lavoratori per 1 pensionato. Prevedo che fra dieci anni per le prospettive demografiche il rapporto si abbasserà a 1,3. Dobbiamo far di tutto per portare questo numero almeno a 1,5″.