Una delle novità più importanti introdotte nel decreto Lavoro approvato dal governo il 1° maggio 2023 riguarda il cosiddetto contratto a termine, cioè quelle forme di lavoro a tempo determinato, che, come dice la parola stessa, hanno appunto un termine. Il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro a tutti gli effetti subordinato nel quale però è prevista una durata predeterminata.
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Cos’è e come funziona il contratto a termine oggi
Come spiega il ministero del Lavoro, la forma ordinaria del rapporto di lavoro subordinato resta comunque il contratto a tempo indeterminato, quindi la creazione di un termine è subordinata al rispetto di determinate condizioni. Quali sono? Eccole:
- l’apposizione del termine non vale se non risulta da atto scritto, fatta eccezione per i rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni
- la durata massima del contratto a tempo determinato è attualmente fissata in 12 mesi, con possibilità di estensione a 24 mesi, ma solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
– esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività
– sostituzione di altri lavoratori
– incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
Il contratto a termine non può avere una durata superiore a 24 mesi, comprensiva di proroghe o per successione di più contratti, fatte salve previsioni diverse dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale (nei 24 mesi sono considerati anche i periodi relativi a missioni in somministrazione eseguite dal lavoratore presso lo stesso utilizzatore, con mansioni di uguale livello e categoria legale).
Esiste poi la cosiddetta formula della deroga assistita: cioè, fermi restando i limiti di durata, fra gli stessi soggetti può essere concluso un ulteriore contratto a tempo determinato della durata massima di 12 mesi a condizione che la sottoscrizione avvenga presso la competente sede territoriale dell’Ispettorato del lavoro.
Qualora sia superato il limite di durata dei 12 mesi, in assenza delle condizioni che legittimano l’estensione a 24 mesi, oppure sia superato il limite dei 24 mesi, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine.
Cosa cambia per i contratti a tempo determinati con il nuovo decreto Lavoro
Ora, con il nuovo decreto Lavoro approvato dal Consiglio dei ministri, vengono modificate le caratteristiche del contratto a termine. In particolare, per consentire un uso più flessibile di questa forma contrattuale, e quindi per così dire legittimarla di più, sono state modificate le causali che possono essere indicate nei contratti di durata compresa tra i 12 e i 24 mesi, comprese le proroghe e i rinnovi.
Le causali che permettono di “allungare” i contratti a termine oltre i 12 mesi, ma pur sempre senza superare i 24 mesi, diventano:
- casi previsti dai contratti collettivi
- esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuate dalle parti, in caso di mancato esercizio da parte della contrattazione collettiva, e in ogni caso entro il 31 dicembre 2024
- sostituzione di altri lavoratori.
L’ultima versione della bozza del decreto prevede poi che ai lavoratori con contratto a tempo determinato della durata di 24 mesi sottoscritto successivamente all’entrata in vigore del decreto, eccetto le attività stagionali, venga corrisposto un Bonus una tantum a titolo di welfare di 500 euro se al termine della durata il contratto di lavoro non è trasformato a tempo indeterminato. Ancora in via di definizione la cifra spettante in caso di contratto inferiore a 24 mesi, mentre se inferiore ai 12 mesi non è previsto nessun contributo.
Proroga e rinnovo
Il contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto è inferiore a 24 mesi e, comunque, per un massimo di 4 volte nell’arco di 24 mesi, a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.
La proroga può avvenire però liberamente nei primi 12 mesi e, successivamente, solo in presenza delle causali che legittimano la sottoscrizione di un contratto a termine. Tuttavia, ai fini del rinnovo, è necessario che sia rispettato un intervallo temporale tra la sottoscrizione dei due contratti a termine:
- 10 giorni per i contratti fino a 6 mesi;
- 20 giorni per i contratti di durata superiore a 6 mesi.
Qualora siano violate queste regole, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. La buona notizia è che, nei casi di rinnovo, è previsto un incremento del contributo addizionale NASPI.
I limiti previsti in relazione a proroghe e rinnovi dei contratti a termine non si applicano invece alle startup innovative per 4 anni dalla costituzione della società, oppure per il più limitato periodo previsto per le società già costituite. Anche i contratti per attività stagionali possono essere rinnovati o prorogati in assenza delle causali necessarie, con riferimento alla generalità delle attività.
Prosecuzione del rapporto oltre la scadenza del termine
Oggi, nel caso in cui il lavoro vada oltre i 24 mesi, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al 10° giorno successivo e al 40% per ogni giorno ulteriore.
Inoltre, è prevista la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato nel caso in cui il rapporto di lavoro continui:
- oltre il 30° giorno, per i contratti di durata inferiore a 6 mesi
- oltre il 50° giorno, negli altri casi.
Numero complessivo di contratti a tempo determinato
Il numero di contratti a termine che un datore di lavoro può adottare è tuttavia limitato. I datori di lavoro possono assumere lavoratori a termine in misura non superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione (con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia uguale o superiore a 0,5), salvo diversa disposizione dei contratti collettivi.
Invece, per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.
Sanzioni
In caso di violazione del limite percentuale, è prevista una sanzione amministrativa, restando espressamente esclusa la trasformazione dei contratti a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
In particolare, per ciascun lavoratore si applica a carico del datore di lavoro una sanzione pari:
- al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a 1;
- al 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore a 1.
Rimangono esenti dal limite percentuale tutti questi lavori:
- i contratti a termine conclusi nella fase di avvio di nuove attività per i periodi individuati dalla contrattazione collettiva
- le startup innovative
- la sostituzione di personale assente
- le attività stagionali
- gli spettacoli, i programmi radiofonici o tv o la produzione di specifiche opere audiovisive
- i contratti conclusi con lavoratori di età superiore a 50 anni
- i contratti sottoscritti tra enti di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere in via esclusiva attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica o di coordinamento e direzione.