In Italia la completa parità di genere resta nel 2024 un obiettivo molto difficile da raggiungere, specie nel mondo del lavoro. A rivelarlo è l’ultimo studio condotto dall’Agenzia di ricerche e legislazione (Arel) in collaborazione con Jti Italia, con il supporto dell’ufficio studi PwC Italia. Le difficoltà maggiori, sottolinea la ricerca, si ravvedono nel differente tasso di occupazione tra uomini e donne e soprattutto nella marcata disparità salariale tra i due sessi.
In Italia manca la parità di genere sul lavoro
Nel corso della presentazione dello studio dal titolo “Oltre il divario salariale: la parità di genere per la crescita economica e la competitività delle imprese”, Arel ha parlato senza mezza termini di una società italiana che risente ancora moltissimo della differenza di sesso. Gli uomini, infatti, sono maggiormente occupati e hanno in media delle retribuzioni più alte rispetto alle donne.
Entrando più nel dettaglio, il gender pay gap in Italia risulta essere molto marcato soprattutto in relazione a ciò che avviene a livello globale. Nel Bel Paese le donne, a cinque anni dalla laurea, hanno un salario medio mensile inferiore rispetto agli uomini di oltre 200 euro nelle discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). A questo si aggiunge inoltre il fatto che la disparità salariale di genere non conosce crisi in Italia, con la differenza nella fascia di età dei lavoratori e delle lavoratori compresa tra i 45 e i 54 anni che arriva alla soglia del 14,5 per cento.
Le donne costrette ad abbandonare il lavoro
Al problema evidente della disparità salariale di genere, in Italia si aggiunge anche quello dell’alto tasso di abbandono del lavoro da parte delle donne. Nel 2023, per la precisione, è stato inferiore di ben 20 punti percentuali rispetto a quello maschile.
Si tratta di dati che vanno in forte contrasto con quelli che indicano esiti più che positivi per le aziende che seguono invece delle concrete politiche di inclusione. In questa realtà economiche, oltre a diminuire il gender gap, si registrano infatti significativi miglioramenti negli ambiti della produttività, dell’innovazione e della competitività.
Il gender gap in Europa
La ricerca Arel sulla parità di genere in Italia è stata pubblicata nella stessa giornata in cui la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha riferito delle difficoltà riscontrate nel convincere gli Stati membri a un maggior numero di donne nella squadra al vertice dell’Ue. Per Von der Leyen la parità di genere “è un processo ancora in corso”, motivo questo che spinge a riflettere su nuove politiche e misure da mettere in campo. La richiesta agli Stati di nominare un uomo e una donna per il ruolo di commissario nella sua nuova amministrazione, ad esempio, era arrivata dopo che molti Paesi non avevano tenuto conto della parità di genere.
“Le proposte iniziali – ha detto Von der Leyen – se guardate i nomi che tutti conoscete, oltre all’Alto Rappresentante e a me, il Presidente, per i 25 Stati membri in cui nomineremo, sarebbero stati quattro donne e 21 uomini. Per tutta la mia vita politica – ha aggiunto – mi sono battuta affinché le donne avessero accesso a posizioni decisionali e di comando. E la mia esperienza è che se non lo si chiede, non lo si ottiene. Non viene naturale”.