Naspi negata dall’Inps per la data sbagliata, si può fare ricorso? Chi vince

Un errore materiale non può far perdere la Naspi: una sentenza chiarisce quando Inps applica il soccorso istruttorio

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

L’indennità di disoccupazione, in breve Naspi, è una somma di denaro che spetta ai lavoratori in stato di disoccupazione che hanno maturato uno specifico requisito contributivo. Non viene versata in automatico dall’Inps, ma è il singolo cittadino interessato che deve farne domanda, mediante apposita procedura web. Proprio questa procedura è stata recentemente oggetto di alcuni interessanti chiarimenti, da parte del giudice del lavoro.

Ci riferiamo, in particolare, alla sentenza n. 113 del Tribunale di Pescara, che ha definito un principio molto importante per la tutela dei lavoratori. Ovvero: un semplice errore, come l’indicazione sbagliata della data di cessazione del rapporto di lavoro, non può essere motivo sufficiente per respingere la richiesta dell’indennità di disoccupazione. Il diritto alla Naspi è comunque salvo.

Può sembrare una cosa scontata, ma così non è, tanto che è dovuta intervenire la magistratura per chiarire una volta per tutte come funziona il procedimento telematico di domanda dell’indennità. Vediamo più da vicino.

Domanda di Naspi respinta per la data sbagliata di fine rapporto

La vicenda nasceva da una domanda di Naspi, in cui un lavoratore aveva inserito una data sbagliata di cessazione del rapporto. Aveva infatti scritto primo maggio 2023, al posto di 31 gennaio 2024.

Nello sbaglio l’ente previdenziale trovava lo spiraglio per respingere la domanda per l’indennità di disoccupazione mensile, motivandone la decisione esclusivamente sull’errore materiale emerso nel modello digitale.

In verità, prima che il giudice del lavoro pescarese si pronunciasse, c’era stato un primo passaggio: il ricorso amministrativo al Comitato provinciale Inps, a cui il lavoratore si era rivolto. Qui, però, l’uomo aveva ricevuto la bocciatura con la stessa motivazione.

Il lavoratore non ha poi ripresentato una nuova domanda, pur essendo ancora nei 68 giorni dalla cessazione del lavoro previsti per legge. Infatti, farlo avrebbe comportato la perdita definitiva dei ratei maturati dalla prima domanda sino alla seconda.

Inps in torto perché non aveva corretto l’errore

Il lavoratore non si era arreso all’esito presso il citato Comitato, rivolgendosi al giudice del lavoro competente.

In tribunale la magistratura ha ribaltato l’esito della disputa, rimarcando un punto chiave: l’ente previdenziale dispone già di tutti i dati utili e necessari per verificare la reale situazione contributiva e lavorativa del cittadino, grazie a due strumenti informativi obbligatori:

Ebbene, nel corso del procedimento giudiziario, Inps ha ammesso di aver consultato queste banche dati, accertando che il rapporto di lavoro, in realtà, era ancora attivo alla data digitata erroneamente nella domanda. Come accennato sopra, l’uomo era stato licenziato in una data successiva a quella scritta per sbaglio.

Il punto chiave è che, secondo il giudice di Pescara, è vero che l’errore di per sé poteva bloccare la procedura, ma poteva essere agevolmente risolto dall’istituto. Infatti, grazie ai propri archivi, Inps poteva sia poteva comprendere comunque la natura della richiesta del lavoratore, sia, conseguentemente, ricostruire quale fosse la data corretta.

Il principio del soccorso istruttorio: quando l’amministrazione deve intervenire

La sentenza n. 113/2025 del Tribunale di Pescara ribadisce la piena applicabilità del soccorso istruttorio anche ai procedimenti relativi alle prestazioni previdenziali, come la Naspi. È un principio generale del diritto amministrativo, che quindi non può essere ignorato o disapplicato da Inps.

In concreto, questo significa che la Pubblica Amministrazione è tenuta a segnalare al cittadino errori formali o elementi mancanti. Di seguito, deve permettergli di integrare, correggere o modificare la propria domanda di accesso a un beneficio o servizio.

In altre parole, l’ente previdenziale non può respingere a propria discrezione l’istanza se l’errore non impedisce l’identificazione della prestazione richiesta.

Parallelamente, l’utente non può essere penalizzato per un errore puramente materiale, quando l’ente è già in grado di acclarare i dati con il confronto sui sistemi informativi in dotazione. E tanto basta a concludere positivamente una procedura amministrativa.

Ecco perché il giudice del lavoro ha dichiarato l’illegittimità del rigetto, da parte dell’Inps, della domanda del lavoratore.

Che cosa cambia per i lavoratori che chiedono la Naspi

La Naspi è un tema ricorrente nel diritto del lavoro. Per quanto qui specificamente interessa, la sentenza sopra citata ha una portata generale perché aiuta a tracciare un quadro giurisprudenziale di riferimento.

La pronuncia è significativa per i professionisti, i lavoratori e i patronati. Richiama, infatti, il citato principio generale del soccorso istruttorio nel diritto amministrativo, non di rado dimenticato nei procedimenti telematici.

La digitalizzazione delle procedure, invece, non può trasformarsi in un percorso a ostacoli, dove un clic sbagliato cancella un diritto. E quando il fine è comunque degno di approvazione (in questo caso l’ottenimento della Naspi in presenza dei requisiti di legge), l’uso erroneo del mezzo può essere sempre sanato.

Tutte le Pubbliche Amministrazioni, Inps compreso, devono adottare procedure più attente e scrupolose.

In particolare, sono tenute a informare dell’errore formale o procedurale, aiutando il cittadino a correggerlo se la domanda presentata permette comunque di risalire a che cosa viene richiesto.

Perciò, i rigetti basati esclusivamente su errori di compilazione o semplici sviste possono essere utilmente contestati in tribunale, richiedendo l’applicazione del principio del soccorso istruttorio.

Al contempo, questa sentenza è importante perché sollecita tutti coloro che fanno domanda di Naspi a monitorare con attenzione lo stato della richiesta, tramite i servizi online.

Questo controllo potrà far emergere anomalie e possibili richieste di integrazione o correzione di dati e informazioni. Evitando rischi di perdita economica per il lavoratore, dopo aver già perso il reddito da lavoro.

Concludendo, la pronuncia del giudice costituisce un richiamo importante al principio di collaborazione tra cittadino e PA.

Il lavoratore deve attivarsi tempestivamente per riparare allo sbaglio nella documentazione e l’Inps deve evitare rigetti immotivati sul piano sostanziale e dei diritti in campo. Questo schema garantisce un accesso più equo ed efficiente alle prestazioni previdenziali.

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