Dall’intelligenza artificiale alla realtà virtuale, i nuovi rischi sul lavoro

Un recente studio Inail ha analizzato l'impatto dei rischi della trasformazione digitale sul mondo dell'occupazione, suggerendo soluzioni utili a lavoratori e aziende

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Inail non è solo un ente che tutela i lavoratori contro infortuni e malattie professionali, ma è anche un importante punto di riferimento in tema di ricerca e prevenzione. Le sue linee guida, i suoi studi e le sue raccomandazioni suggeriscono quali passi muovere nei nuovi scenari dell’occupazione. Ecco perché non deve sorprendere una recente analisi sull’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie del dipartimento Dimeila dell’istituto, un documento di sintesi intitolato Le nuove competenze e le soft skill nell’era digitale.

Analizza come la trasformazione tecnologica ridefinisce sia i ruoli professionali che le esigenze formative, imponendo una formazione costante e progressiva di abilità tecniche e trasversali. Oggi più che mai il lavoratore deve aggiornarsi per tenere il passo dello sviluppo tecnologico, dell’automazione e dell’espansione dell’intelligenza artificiale. Ne beneficerà la sua crescita in azienda e il suo datore di lavoro, ma anche il suo bagaglio professionale, che si arricchirà di altre competenze e affinate soft skill.

Una rivoluzione senza precedenti: le 3 parole chiave di Inail

Automazione, transizione ecologica e cambiamenti demografici non sono solo concetti astratti, da mera analisi accademica, ma trasformazioni sempre più tangibili e tali da ridisegnare il lavoro quotidiano. Che oggi è sempre meno ripetitivo e standardizzato e sempre più cognitivo, creativo e relazionale.

Non bastano più solo le competenze tecniche, perché hanno un ruolo primario anche le soft skill come il problem solving, le capacità comunicative o l’adattabilità.

Un esempio concreto si vede nella logistica: i magazzini automatizzati affidano alle macchine i ripetitivi compiti di spostamento e catalogazione dei prodotti, mentre agli operatori umani viene richiesto di gestire sistemi digitali, coordinare processi e team e risolvere imprevisti anche con l’aiuto dei colleghi.

Allo stesso modo, nella manutenzione industriale, il tecnico non si limita più a riparare un macchinario, ma deve saper leggere dati da sensori e piattaforme digitali per anticipare i guasti, anche in coordinamento con il resto del personale.

Non solo. Come ricordato da Inail nel suo studio, la transizione ecologica apre nuove professioni legate alle energie rinnovabili: un elettricista tradizionale ora si trova a dover acquisire competenze nell’installazione di impianti fotovoltaici o nella gestione di colonnine di ricarica per auto elettriche.

E ancora i mutamenti demografici certificati da Istat portano a un maggiore bisogno di inclusione generazionale, alla necessità di un saggio trasferimento di competenze e know how. Nei team di lavoro possono allora convivere un 25enne nativo digitale e un 60enne con grande esperienza tecnica, ma minore dimestichezza tecnologia.

Questo richiede, come suggerisce Inail, formazione reciproca, aggiornamento continuo, collaborazione e capacità dell’azienda di valorizzare la diversità di competenze ed età.

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Dispositivi tecnologici, robot, realtà aumentata: i nuovi rischi

Nella sua analisi, l’ente si sofferma sull’introduzione di tecnologie come:

Ma ci sono sia vantaggi che sfide per la salute e sicurezza sul lavoro. In sostanza, le nuove tecnologie non portano soltanto benefici in termini di efficienza e produttività in azienda, ma introducono anche nuove forme di rischio che vanno oltre la sicurezza fisica in sé, toccando il benessere psicologico e l’equilibrio organizzativo in ufficio.

Per calare queste considerazioni nella realtà concreta, si può fare l’esempio dei cosiddetti robot collaborativi utilizzati nelle catene di montaggio. Sono strumenti che alleggeriscono il carico fisico degli operai, ma possono creare tensione se i dipendenti non hanno chiarezza sui propri compiti o temono che la macchina possa sostituirli.

Nei settori sanitari e logistici si stanno diffondendo dispositivi indossabili come gli smartwatch o i sensori biometrici, che monitorano parametri vitali e movimenti. Sono strumenti utili a ridurre gli infortuni, ma che possono generare ansia se percepiti come una forma di controllo continuo da parte dell’azienda.

La realtà aumentata, infine, sta entrando nel mondo della formazione e della manutenzione: un tecnico, grazie a visori AR, riceve istruzioni in tempo reale mentre ripara un impianto complesso. C’è però il rovescio della medaglia, perché l’uso prolungato di dispositivi come questi potrebbe causare affaticamento visivo, sovraccarico cognitivo o stress da multitasking, con il pericolo di sfociare nel burnout.

Inail sul punto non ha alcun dubbio: la tecnologia, se non accompagnata da una gestione consapevole e condivisa, rischi di generare nuovi problemi. Serve quindi un approccio che metta al centro la collaborazione uomo-macchina, garantendo non solo produttività, ma anche sicurezza, benessere e fiducia.

La ricetta della formazione continua

La formazione continua è la chiave del successo in un mondo del lavoro, che riflette il mutamento digitale della società. Secondo il factsheet del Dimeila, il ricorso a metodi innovativi e coinvolgenti come:

Inail non ha dubbi a riguardo: è importante che i lavoratori acquisiscano competenze tecniche aggiornate e soft skill oggi fondamentali, come resilienza, flessibilità e pensiero critico, per gestire in modo sicuro, coordinato e produttivo le nuove tecnologie. Anzi, i programmi formativi aziendali dovrebbero sempre includere questi aspetti per consentire ai lavoratori di gestire i mutamenti in atto.

Attenzione alla sicureza sul lavoro

Al contempo, l’ente ribadisce l’importanza del fattore sicurezza: in un ambiente di lavoro sempre più all’avanguardia, è cruciale che i lavoratori siano formati sulla sicurezza informatica e sulla gestione dei rischi associati all’uso delle nuove tecnologie, per proteggere sia se stessi che l’organizzazione a cui appartengono.

Concludendo, documenti come quello dell’istituto per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro non rappresentano mere dichiarazioni di intenti, ma andrebbero letti con l’occhio critico del datore di lavoro, che ambisce a un’organizzazione aziendale a prova di rivoluzione tecnologica.

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