In Italia 100mila imprese in più, le nuove aperture superano le chiusure

Saldo positivo di oltre 100.000 imprese in Italia dal 2023: vitalità del mercato tra servizi, installatori e boom del Sud. La sfida della longevità aziendale e il ricambio fisiologico

Pubblicato:

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Da gennaio 2023 a giugno 2025 sono nate 793.872 nuove imprese, mentre ne hanno cessato l’attività 677.131. Il saldo quindi, secondo i numeri diffusi da Cribis, società del gruppo Crif, è positivo per oltre 100mila nuove realtà produttive.

Un dato che, seppur da leggere con prudenza, restituisce un’immagine di vitalità e dinamismo imprenditoriale, in un contesto in cui la trasformazione dei modelli di business, l’innovazione tecnologica e i cambiamenti nei consumi aprono spazi anche per chi parte da zero.

Le regioni in cui aprono più imprese in Italia

Da quello che emerge dal report, Lombardia, Campania e Lazio guidano la classifica delle nuove aperture, confermandosi i territori più dinamici.

Non sorprende, perché:

A proposito di Sud, un dato che merita attenzione è il 31,6% delle nuove imprese che è nato proprio nel Meridione, che evidenzia che, nonostante le difficoltà strutturali (infrastrutture carenti, accesso al credito più difficile, minore stabilità occupazionale), anche qui esiste una forte voglia di fare impresa.

I settori trainanti: servizi, installazione e ristorazione

A trainare questa crescita sono soprattutto i servizi. Il nostro Paese, storicamente più orientato al manifatturiero e alla piccola produzione artigiana, sta vivendo una trasformazione che lo avvicina sempre di più a un modello basato sul turismo, sulla consulenza, sulla digitalizzazione e sulla finanza.

I servizi commerciali coprono il 16,7% delle nuove iscrizioni, seguono gli installatori (11,7%) spinti da bonus edilizi e interventi di efficientamento energetico. Al terzo posto la ristorazione (7,0%), da sempre terreno fertile per l’imprenditoria italiana.

Ci sono però anche comparti che sorprendono per dinamismo, come gli alberghi, ad esempio, che hanno registrato nel 2024 una crescita superiore al 18% rispetto all’anno precedente, confermando l’appeal del turismo in Italia.

Ancora più significativa, poi, la crescita degli investimenti finanziari (+17,2%), segno di un rinnovato interesse verso il settore del risparmio gestito e delle attività di consulenza.

Il rovescio della medaglia: le cessazioni

Se le aperture superano le chiusure, è anche vero che 677.131 imprese hanno interrotto l’attività nello stesso periodo. Un dato che non va ignorato, ma che va letto con attenzione.

Secondo Cribis, la maggior parte delle cessazioni non è legata a fallimenti, ma a scelte volontarie o contesti diversi (pensionamenti, decessi, fusioni e trasformazioni societarie). Si tratta, quindi, di un “ricambio fisiologico” più che di un segnale di crisi generalizzata.

Tuttavia, la fragilità delle nuove imprese resta un tema centrale:

Ciò significa che più di 6 imprese su 10 non arrivano a consolidarsi oltre i quindici anni di attività.

Interessante anche la differenza geografica:

Mentre un aspetto curioso del report è che i settori che registrano più aperture coincidono con quelli che vedono più chiusure.

Al primo posto ci sono ancora i servizi commerciali (14,9% delle cessazioni), seguiti da installatori (10,8%) e commercio al dettaglio di generi vari (9,1%). Ciò dimostra come alcuni comparti siano facilmente accessibili ma al tempo stesso estremamente competitivi. Pertanto, aprire è semplice, consolidarsi molto meno.

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