Nel pubblico impiego, le ferie non godute e non monetizzate sono fonte di risarcimento per i lavoratori. La negazione del periodo di riposo annuale, previsto dalla Costituzione, dalla legge e dai contratti collettivi, porta i dipendenti in tribunale e, nella stragrande maggioranza delle dispute giudiziarie, sottolinea un recente report di Consulcesi & Partners, si conclude con una sorta di compensazione economica della mancata fruizione delle giornate di vacanza.
In questi casi le norme vigenti tutelano i lavoratori accordando loro un’apposita indennità che il datore è tenuto a versare. Se non lo fa, è importante capire quali contromisure adottare. Cerchiamo allora di fare chiarezza, spiegando come ottenere l’indennità sostitutiva per ferie non godute e in quali casi concreti se ne ha diritto.
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Indennità sostitutiva per le ferie non godute
Consulcesi & Partners spiega che nei primi mesi di quest’anno le liti sulle ferie non godute nel pubblico impiego, e relativa indennità, si sono risolte con la vittoria del lavoratore in 412 su 425 casi (il 97% delle controversie). Lo Stato è stato costretto a pagare di tasca propria, per un costo totale di 3 milioni di euro.
In materia, l’orientamento giurisprudenziale è preciso e radicato perché la Cassazione, in aderenza alla disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue e alle indicazioni della Corte di Giustizia Ue (si pensi ad es. alle cause C-218/22 e C-684/16):
- stabilisce, in linea generale, il divieto di monetizzazione delle ferie;
- riconosce un indennizzo per mancato riposo ai lavoratori del settore pubblico, dirigenti compresi.
Alla base c’è il principio di cui all’art. 36 Costituzione, secondo cui il lavoratore ha diritto al riposo annuale e non può rinunciarvi. Ecco perché, per legge, nelle Pubbliche Amministrazioni le ferie non possono essere monetizzate, ma devono essere fruite – salvo alcune specifiche situazioni.
Inoltre, la Corte Costituzionale ha contribuito a chiarire il quadro normativo. Con sentenza n. 95/2016, ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 8, del decreto legge 95/2012, nella parte in cui non dispone che, in ipotesi di mancato godimento delle ferie per esigenze di servizio o per cause imputabili alla PA, al dipendente spetti il versamento di un’indennità sostitutiva.
L’indennità, rimarca la Suprema Corte in varie decisioni (come l’ordinanza 14083/2024), spetta in caso di cessazione dal servizio per cui non è più possibile fruire delle ferie residue e di impossibilità oggettiva, ossia quella situazione in cui il dipendente pubblico non ha potuto avvalersi del riposo per cause indipendenti dalla sua volontà (malattia protratta fino alla cessazione o impedimenti organizzativi interni).
Come ottenere il ristoro economico
C’è ora un punto molto importante da sottolineare. L’indennità sostitutiva delle ferie non godute nel pubblico impiego contrattualizzato non è automatica e, perciò, bisogna distinguere alcuni passaggi pratici.
Anzitutto, l’interessato o l’interessata dovrà verificare di essere nelle condizioni di chiedere questa somma. Questo perché se il dipendente ha invece avuto la possibilità di fruirne e non lo ha fatto, l’indennità non gli sarà dovuta.
Per ottenerla materialmente, la prassi vuole che alla cessazione del servizio l’ufficio del personale contabilizzi le ferie residue. Di seguito, il dipendente dovrà presentare istanza scritta per chiedere il versamento dell’indennità sostitutiva, allegando eventuali prove dell’impossibilità di goderne (certificati medici, disposizioni di servizio, note interne).
Sarà poi compito dell’amministrazione valutare se le ferie non godute siano davvero non imputabili al lavoratore. In ogni caso, i Ccnl pubblici prevedono regole specifiche a riguardo, e a quelle occorrerà fare riferimento per fugare ogni dubbio su come ottenere l’indennità.
Qualora nasca una contestazione del lavoratore nei confronti della PA datrice, in tribunale spetterà a quest’ultima provare di aver effettivamente fatto tutto il possibile perché le ferie fossero godute e di averlo spiegato in modo chiaro e tempestivo al dipendente.
Su questa linea si colloca la giurisprudenza comunitaria e, in particolare, la sentenza C-684/16 della Corte di Giustizia UE.
A livello nazionale, l’indirizzo dei giudici è omogeneo. Il Tar del Friuli Venezia Giulia, con la pronuncia n. 19 di quest’anno, ha affermato che la perdita delle ferie non può avvenire automaticamente, senza che il lavoratore sia stato preventivamente informato e messo nella condizione di esercitare il proprio diritto.
Si tratta delle stesse conclusioni a cui sono giunti i giudici amministrativi in altre decisioni, come la pronuncia del Tar Lombardia n. 2872/2024 o del Tar Sicilia n. 1625/2024.
E dell’identico orientamento troviamo anche la Corte di Cassazione, ad esempio nelle sentenze n. 29844 e n. 18140 del 2022. Con la sentenza n. 23239 del 2024, i giudici di piazza Cavour hanno ricordato che non spetterà alcuna indennità laddove sia stato il dipendente a scegliere deliberatamente di non fruire delle ferie.
Liquidazione o rifiuto, cosa succede
Lo scenario si apre a un bivio. Se la richiesta viene accolta, l’indennità sostitutiva è liquidata come voce separata in busta paga di chiusura. L’ammontare sarà pari alla retribuzione ordinaria (globale di fatto) riferita ai giorni di ferie maturati e non goduti.
Viceversa, in caso di rifiuto, il lavoratore – convinto che le ferie non siano state godute per cause a lui non imputabili – potrà fare una formale richiesta con diffida o sollecito scritto (meglio con raccomandata o Pec) chiedendo il pagamento dell’indennità, oppure optare per il ricorso gerarchico. A volte la mancata corresponsione deriva da banali errori amministrativi.
Se però l’amministrazione datrice continua a ignorare la richiesta o si rifiuta di pagare, l’unica via rimasta è agire in sede giudiziaria e fare causa presso il giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro. Questo non vale per alcune categorie di lavoratori come il personale militare e le forze di polizia, per cui è competente il Tar.
Ecco perché, se è vero che la legge tutela il diritto all’indennità, il suo ottenimento dipende dall’azione del lavoratore.
Perché ci sono così tante cause legali
Prima ancora dell’indennizzo, c’è una domanda di fondo: qual è l’origine di questo fenomeno che evidenzia la negazione di uno dei fondamentali diritti dei lavoratori dipendenti?
La risposta sta nel mancato turnover nella PA. Negli anni l’organico si è impoverito nei numeri e chi è in ufficio viene tenuto a lavorare, arrivando a rinunciare alle ferie per esigenze organizzative.
La prassi vuole che i dipendenti che non riescono a smaltire i giorni di vacanza, in prossimità della cessazione, siano costretti al riposo per azzerare il monte ferie accumulato nel tempo. Se lo smaltimento dei giorni di riposo non è possibile, scatterà il diritto all’indennità sostitutiva delle ferie.
Infine, ricordiamo che con l’ordinanza 9009/2o24 la Cassazione ha spiegato che l’indennità sostitutiva delle ferie non godute va assoggettata a contribuzione previdenziale e, come tale, contribuisce alla base di calcolo dell’indennità di buonuscita per lavoratori del pubblico impiego.