Buoni pasto in ferie, per la Cassazione il datore di lavoro è tenuto a erogarli

La sentenza della Cassazione sui buoni pasto è una rivoluzione, ma occorrerà del tempo per capire se la nuova disposizione sia estendibile a tutti i lavoratori

Pubblicato: 18 Ottobre 2024 15:07

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Per la prima volta la Cassazione è intervenuta per sancire il diritto dei lavoratori a ricevere i buoni pasto anche durante le ferie. Fino ad oggi i ticket mensa non venivano erogati ai lavoratori in vacanza, ma con l’ordinanza 25840/2024 emessa dalla Corte si apre la strada, potenzialmente, a una serie di ricorsi.

Perché i buoni pasto non venivano erogati in ferie

Fra le voci che compongono la busta paga, il buono pasto è sempre stato escluso dalla retribuzione feriale perché ritenuto estraneo agli elementi retributivi ordinari. La sentenza della Cassazione ha fatto saltare sulla sedia i datori di lavoro e i giuslavoristi perché contraddice l’orientamento giurisprudenziale prevalente che ha sempre escluso questo tipo di ticket dalla retribuzione feriale. Secondo l’interpretazione tradizionale, i buoni pasto vanno erogati esclusivamente ai lavoratori che prestano servizio effettivo. Per il nuovo orientamento, i ticket mensa fanno invece parte integrante della retribuzione e vanno erogati a tutti i lavoratori, in servizio e non.

La Corte di Cassazione è intervenuta in terzo grado di giudizio per dirimere una questione specifica. Rimane da capire adesso se l’interpretazione sia riferibile al caso isolato o se sia invece estendibile erga omnes.

La simulazione

Si prenda ad esempio il caso di un lavoratore che riceve buoni pasto da 5,20 euro e che ha diritto a 24 giorni di ferie l’anno. Ipotizzando che il lavoratore goda tutti i suoi giorni di ferie, si tratta di una perdita di 124,8 euro in buoni pasto ogni anno. Su un rapporto di lavoro che si prolunga nel tempo si parla di 1.248 euro in un decennio e di 2.496 in 20 anni. Si tratta di cifre teoriche, dal momento che sul lungo periodo l’importo dei buoni pasto può subire variazioni, generalmente al rialzo.

Prendiamo ora il caso di un lavoratore che percepisca buoni pasto da 7 euro e che abbia sempre diritto a 24 giorni di ferie ogni anno. In questa situazione la cifra perduta è di 168 euro ogni anno. Su un rapporto di lavoro prolungato nel tempo si parla, teoricamente, di 1.680 euro in un decennio e di 3.360 in 20 anni.

Meglio attendere

Per i lavoratori si tratta di una potenziale opportunità che riguarda sia chi abbia attualmente un contratto in essere, sia chi abbia perso il suo impiego. Chi non ha ricevuto i buoni pasto durante le ferie potrebbe fare causa all’attuale (o all’ex) datore di lavoro per ottenere un risarcimento pari al numero di buoni pasto che non sono stati erogati. Il consiglio è quello di attendere per capire quale direzione intraprenderà l’orientamento dei supremi giudici.

Il perché dei buoni pasto

I buoni pasto rappresentano un vantaggio per i datori di lavoro, dal momento che sono deducibili al 100% per le aziende e al 75% per le partite Iva, mentre chi li riceve può spendere il 100% del loro valore nei supermercati e nei ristoranti convenzionati. Per i lavoratori si tratta poi di una voce economica esentasse. Un recente studio ha però evidenziato come i buoni pasto vengano sempre più spesso utilizzati per pagare la spesa, dal momento che sono insufficienti per coprire il costo di un pasto in mensa o al ristorante in pausa pranzo.

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