Facebook, Instagram e WhatsApp down: abbiamo diritto a un rimborso?

WhatsApp, Facebook e Instagram in panne rischiano di creare disagi a tutti i lavoratori che si servono del computer e dei social media per guadagnare

Pubblicato: 29 Ottobre 2022 11:46

Mirko Ledda

Editor e fact checker

Scrive sul web da 15 anni, come ghost writer e debunker di fake news. Si occupa di pop economy, tecnologia e mondo digitale, alimentazione e salute.

Sembrano sempre più frequenti i malfunzionamenti di WhatsApp, Facebook e Instagram. In realtà da quando il social fotografico e il servizio di messaggistica sono stati incorporati nella società di Mark Zuckerberg, semplicemente i “down” hanno più impatto sugli utenti: un guasto dei server di Meta può isolare almeno un miliardo di persone. Tanti sono gli iscritti attivi a Instagram, che delle tre è la piattaforma meno popolata. WhatsApp ne conta mezzo miliardo in più, mentre Facebook ha almeno 2,90 miliardi di user abituali.

Staccare la spina ai tre siti, che insieme hanno il monopolio sulle comunicazioni digitali, non è solo causa di disagi per i singoli. Può infatti arrecare ingenti danni alle aziende e ai professionisti. Solo quelle italiane spendono in un anno oltre un miliardo di euro per promuoversi sulle piattaforme Meta, che rappresentano anche il punto di incontro principale con i loro clienti. E per questo c’è chi ipotizza di chiedere a Mark Zuckerberg un risarcimento.

WhatsApp down: Codacons chiede il risarcimento dei danni

A lanciare una delle iniziative per ottenere i risarcimenti dalla società informatica è il Codacons, che sottolinea come, tra l’altro, in questo momento ci siano milioni di italiani in smart working e che utilizzano WhatsApp come uno strumento di lavoro. I disservizi – l’ultimo nella serata di venerdì 28 ottobre, quando è diventato impossibile inviare file multimediali attraverso l’app di messaggistica istantanea – causano “pesanti disagi” e “rallentano le attività dei cittadini”.

L’associazione dei consumatori chiede per questo a Meta di “riconoscere un indennizzo automatico” a tutti gli utenti italiani coinvolti dai down di WhatsApp, mettendosi a disposizione della società per studiare assieme le forme più adeguate di tutela dei diritti degli utenti e l’adozione di misure per evitare che si ripetano nuovi disagi.

È possibile avere un risarcimento danni per il down dei siti?

Ma è davvero possibile percorrere legalmente questa strada? Andando all’osso della questione, è impossibile quantificare i danni che potrebbero derivare da un disservizio di WhatsApp per i dipendenti in smart working. Un indicatore delle perdite potrebbe essere invece la mancata vendita di prodotti e servizi per l’impossibilità di ricevere comunicazioni con i clienti su WhatsApp Business. Il servizio è infatti destinato agli scambi tra le aziende o i professionisti e gli acquirenti.

Nelle linee guida della piattaforma, però, Meta sottolinea che sussistono “significative differenze” tra i servizi di WhatsApp Business e i servizi di telefonia fissa, mobile o messaggistica SMS e che i primi possono essere interrotti, in caso di necessità di attuare operazioni di manutenzione, riparazione o aggiornamento o per problemi di rete e di apparecchiature. La società si riserva inoltre il diritto, a sua esclusiva discrezione, di non fornire più alcuni o tutti i servizi di WhatsApp Business.

Si tratta non solo delle funzioni, ma anche della stessa assistenza per alcuni dispositivi o piattaforme. I servizi di WhatsApp Business, viene spiegato ancora nel contratto visualizzato dagli utenti in fase di registrazione al servizio, possono essere influenzati da eventi “al di fuori del nostro controllo”, come nel caso di calamità naturali e altri eventi di forza maggiore.

Simili diciture sono presenti anche sulle altre piattaforme di proprietà di Mark Zuckerberg, che tutelano l’azienda e chiariscono, in breve, che non è possibile ricevere risarcimenti in caso di malfunzionamenti, visto che la possibilità che questi avvengano è prevista dalle linee guida stesse. Insomma, niente rimborsi all’orizzonte.

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