In caso di assegno di mantenimento, se il genitore tenuto a versarlo non paga, ci si può rivolgere ai nonni? Con la sentenza 8980/23 del 30 marzo la prima sezione civile della Cassazione si è espressa su un caso specifico, facendo in questo modo chiarezza sugli obblighi e i doveri sussidiari e relativi al versamento dell’assegno spettante ai minori.
Assegno di mantenimento: e se il genitore non paga? Il caso
Il caso portato all’attenzione dei giudici della Corte riguarda il mancato versamento dell’assegno di mantenimento da parte di un padre alla moglie e dei figli minori, nei confronti dei quali è risultato quindi inadempiente.
La Cassazione, chiamata a esprimersi su questa vicenda specifica, ha allora stabilito quando e perché spetta alla nonna pagare (nello specifico 200 dei 350 euro al mese del contributo per il minore posto a carico del figlio inadempiente, domiciliato presso di lei). L’obbligo è da considerarsi sussidiario e non solidale, questo vuol dire che grava in proporzione su tutti gli ascendenti di pari grado, e quindi su entrambi i nonni, al di là di chi sia il genitore che è venuto meno agli impegni economici.
In situazioni come questo, però, non c’è litisconsorzio, ovvero: se la nonna, chiamata dalla nuora a pagare l’assegno, non evoca da subito in giudizio la consuocera, allora il pagamento del mantenimento spetta a lei e deve farsene carico subito e da sola.
Quando a pagare il mantenimento sono i nonni
Le ipotesi di consorzio al mantenimento sono disciplinate dall’art. 316 bis del codice civile, con il quale il legislatore ha stabilito che: “I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli”.
Non vengono citati esplicitamente i nonni ma viene specificato, al secondo comma, che: “In caso di inadempimento il presidente del tribunale o il giudice da lui designato, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l’inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole” (qui come vengono tassate).
È bene precisare, tuttavia, che l’obbligo in capo agli ascendenti è subordinato a quello primario, sia di mamma che papà. Non si può chiedere ai nonni di occuparsi del mantenimento dei figli se uno dei due genitori è in grado di mantenerli (a prescindere che sia o meno quello tenuto al mantenimento). Quindi, al versamento del contributo economico i nonni non sono tenuti tutte le volte che uno dei due genitori non paga, poiché tale obbligo scatta quando né il padre né la madre sono in grado di provvedere personalmente ai figli.
L’applicazione della legge oggi tiene conto anche delle ultime modifiche avvenute con la riforma riforma della filiazione (decreto legislativo 153/13) e la riforma Cartabia in vigore dal 28 febbraio (qui per esempio vi abbiamo spiegato come sono cambiate le regole per il divorzio).
Qualora i nonni di una parte, invece, volessero far partecipare al mantenimento anche i consuoceri – su cui ricade la stessa responsabilità – spetta ai primi, in fase di contraddittorio, coinvolgere i secondi, in modo tale che il giudice tenga conto di entrambi fin da subito, stabilendone i relativi doveri e obblighi economici e assistenziali.