Ormai lo sappiamo, ce l’hanno detto e spiegato in molti contesti diversi: lo stress in sé non è una condizione sbagliata, o negativa; è la modalità con cui il nostro organismo risponde e si adatta alle sollecitazioni e agli stimoli che ha intorno, permettendoci di affrontarli al meglio. Infatti, esso comporta l’aumento, tra le altre cose, dell’attenzione, della concentrazione e della memoria, oltre che di molte altre funzioni psicofisiche, per superare una prova impegnativa. Di fatto, una certa quantità di stress può essere quindi positiva e funzionale per il nostro successo.
Il problema sorge però quando lo stress è troppo, o resta invariato e si mantiene per periodi troppo lunghi. In quel caso, diventa qualcosa di negativo, che può causare ansia, inquietudine, e che è anche alla base di diverse patologie, acute o croniche. Spesso, lo stress di questo tipo si manifesta nell’ambito del lavoro. Allora, se si prolunga per troppo tempo, può portare al cosiddetto “burnout”, o esaurimento. Se un individuo è vittima del burnout lavorativo, il logoramento e l’affaticamento sono tali da non consentirgli più di lavorare come dovrebbe, arrivando alla totale improduttività e a gravi problemi di ordine psicologico, fisico e sociale. Spesso, si verifica in lavoratori che sono a contatto con altre persone (medici, infermieri, caregiver, poliziotti, insegnanti…), ma può presentarsi in qualsiasi ambito professionale.
Tra i sintomi più ovvi del burnout lavorativo, che comunque possono variare da persona a persona, ci sono l’affaticamento fisico e il cosiddetto esaurimento emotivo, ovvero la sensazione di sentirsi svuotati a livello di emozioni, e annullati dal proprio lavoro. Da questo derivano spesso anche una difficoltà crescente nei rapporti con i colleghi e con le persone con cui si ha a che fare sul lavoro (specialmente se è una professione a contatto con il pubblico) e un senso di inadeguatezza e di insuccesso. I sintomi fisici comprendono quelli classici dello stress prolungato e fuori controllo: insonnia, tachicardia, mal di testa, disturbi dell’apparato gastrointestinale. Nei casi più gravi, si può arrivare ad atteggiamenti aggressivi e di difficoltà nel controllare la rabbia, oppure alla chiusura in se stessi e alla depressione.
Fondamentale, in questi casi, è accorgersi per tempo di quelli che possono essere i primi campanelli d’allarme, in modo da non arrivare al vero e proprio burnout. Diventa allora importante iniziare a capire se si è di fronte a un carico di lavoro eccessivo, se si stanno affrontando orari di lavoro troppo lunghi e si pretende troppo da se stessi, con un eccessivo perfezionismo, e se la professione è diventata qualcosa di troppo presente e pesante nella propria esistenza, rosicchiando o rubando del tutto tempo ed energie che dovrebbero essere invece dedicati ad altri ambiti della vita.
Cosa si può fare, in questi casi? La prima cosa da fare è rendersi conto del problema e imparare ad ascoltare e rispettare le proprie esigenze, a dire di no quando necessario, soddisfacendo tutti i bisogni fondamentali dell’esistenza, che magari sono stati messi da parte e abbandonati per perseguire soltanto la carriera lavorativa. Gli esercizi di rilassamento, respirazione e consapevolezza possono aiutare, insieme alla scelta di adottare uno stile di vita più sano, dal punto di vista dell’alimentazione, del sonno, delle ore dedicate all’attività sportiva o al tempo libero, per potersi adeguatamente ricaricare. Nei casi più gravi, è opportuno consultare uno specialista, che saprà indicare il percorso migliore per tornare a gestire adeguatamente la propria esistenza.