Fare “buon” cibo si può. Non parliamo solo di sapori e genuinità, ma anche e soprattutto di modalità di lavorazioni, recuperi, reinvenzioni, innovazioni che fanno bene all’ambiente, oltre che all’uomo. C’è chi ha creato cosmetici sfruttando gli scarti delle mele, chi usa la farina di grillo per vari scopi, chi ha saputo creare un sistema per l’offerta e la ricerca di lavoro in ambito food ma equo e sostenibile, chi si è inventato la prima doggy bag 100% italiana e bio e chi, ancora, ha messo a punto una app che permette di far arrivare a casa velocemente i prodotti freschi dei mercati rionali.
Tantissime idee che hanno potuto svilupparsi grazie al supporto di Réseau Entreprendre Piemonte, associazione senza scopo di lucro con sede a Torino che propone alle neo imprese un accompagnamento a 360 gradi. È la prima realtà nata in Italia sul modello francese, nel 2010 grazie al sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, per supportare le giovani imprese del territorio con un elevato impatto sociale, attraverso attività di scouting, matchmaking, coaching e mentoring.
Cosmetici dagli scarti dei mela
Utilizzare gli scarti di mela e trasformali in creme è stata l’idea di Vortex, startup con base a Torino che ha creato il brand Naste, presente oggi in più di 130 negozi. Attraverso lavorazioni da energie rinnovabili si ottiene un ingrediente naturalmente antiossidante grazie alla presenza certificata di nutrienti naturali.
“Abbiamo costruito un brand con impatti economici e bio importanti, e diamo lavoro a 23 ragazzi appartenenti a categorie svantaggiate che si occupano della logistica” spiega il CEO Lorenzo Picco a QuiFinanza Green. Dopo gli studi di design, ha capito che voleva tornare a lavorare la terra, come suo nonno.
“Ho rilevato la sua azienda agricola, ma mi sono accorto di un problema: la mela, quando è imperfetta, subisce un importante deprezzamento, e quindi viene destinata alla trasformazione: la mela brutta diventa un succo di frutta, banalmente. E soprattutto, si crea un 40% di sottoprodotto”. Questo scarto però ha una carica antiossidante incredibile. Da qui, l’idea con un amico che si occupava di cosmetici di dare vita a una farina di mela che oggi viene usato proprio come base per prodotti di cosmesi 100% bio.
Farina di grillo dalle incredibili proprietà
E mentre a livello politico in Italia si continua a discutere di carne “sintetica”, con una misconoscenza che lascia a dire il vero perplessi, la DL Novel Food di Bra invece ha trovato la soluzione allo sfruttamento ambientale e all’inquinamento prodotti dagli allevamenti intensivi di animali. Come? Mettendo a punto una farina di grillo dalle straordinarie proprietà proteiche. Prima destinata al mondo del pet food, e ora in procinto di sbarcare nella GDO.
“Abbiamo anche solleticato i palati di grandi chef stellati, che si sono detti entusiasti di esplorare la nostra farina di grillo” ci racconta il founder e CEO Davide Storino, che i grilli per la testa li ha nel vero senso della parola. “Abbiamo studiato tanto, con università, centri di ricerca, mondo della zootecnica e della ristorazione, abbiamo iniziato con il cibo per animali e ora guardiamo al futuro. Essere imprenditori è essere anche innovatori, è un po’ come dare un nuovo colore a un pittore”. Per lui, impresa è proprio “impegno, lavoro, dedizione e resistenza”.
Un sito per matchare domande e offerte di lavoro (buono) nella ristorazione
Sul fronte scambio di lavoro nel settore ristorazione, invece, ci ha pensato Restworld a cambiare le regole del gioco. Si tratta di una startup con sede a Torino che aiuta le persone a trovare un lavoro sano e giusto nel mondo HORECA.
“In un mercato dinamico come quello HORECA, il problema principale è proprio conciliare lavoro e vita privata, trovare opportunità sostenibili con una life-balance reale e non forzata da turni massacranti, contratti irregolari e stipendi ridicoli” ci spiega il fondatore Luca Lotterio. Oggi Restworld ha una community di 70mila lavoratori a fronte di oltre 1 milione di operatori del settore in tutta Italia.
Il suo essere imprenditore è prima di tutto trovare una sintesi tra il suo punto di vista e quello degli altri, in una logica win-win, dove tutti vincono. Un esempio? Un giorno una dipendente gli ha chiesto una riduzione dell’orario di lavoro. Lui ha allargato il campo, proponendo a tutti i suoi collaboratori di lavorare un’ora in meno al giorno, portando il monte ore settimanale da 40 a 35. “La produttività è rimasta uguale, oggi ne beneficiamo tutti, ben 18 persone a tempo indeterminato”.
La prima doggy-bag italiana 100% bio
Altra invenzione Made in Italy, in Piedmont per l’esattezza, è quella che ha portato alla creazione della prima doggy bag italiana, 100% bio. La storia imprenditoriale di Marco Lei inizia da un vissuto personale: da quella sera in cui, in un ristorante messicano, suo figlio non mangiò quasi nulla, e lui volle portarsi a casa gli avanzi. Che però furono impacchettati in stagnola e busta di plastica di dubbio livello igienico.
“L’idea geniale fu mia moglie ad averla in realtà, quella notte: perché non creare un packaging carino, accattivante, ma soprattutto utile, per non sprecare il cibo che peraltro abbiamo pagato? Ho preso cartoncino e forbici e ho provato a realizzare la prima doggy bag italiana”. È nata così Re-box. “Oggi siamo alla 4a versione della nostra reFOOD, che è un contenitore bello, comodo e pratico, studiato per superare l’imbarazzo di portare a casa gli avanzi”. E il nostro slogan è sempre: “Rebox save the food”.
La app che fa arrivare a casa cibi freschi e bio direttamente dal mercato
Infime c’è Mercato Itinerante, una app semplice e circolare che fa arrivare a casa i prodotti sani, freschi e bio dai mercati. “Non un semplice e-commerce, perché è a supporto di piccole realtà: aiutiamo piccoli produttori e siamo a impatto zero” ci spiega Andrea Scalogna. “Abbiamo risparmiato 6,5 tonnellate di CO2 grazie alle consegne tramite cargo bike e tramite un meccanismo di vuoti a rendere e abbiamo gestito 20 mila singoli ordini con 500 contenitori, oltre che progetti di educazione alimentare e integrazione sociale”.
Scalogna ce l’ha fatta al terzo tentativo imprenditoriale. “Dopo gli studi in Ingegneria a Torino ho provato diverse strade. Gli studi dicono che le startup che falliscono al primo tentativo sono il 99,99%. La prima quindi è un enorme fallimento, la seconda va così così, la terza, forse, è un successo. Per me è stato così”.