Secondo il rapporto Zero Carbon Policy Agenda 2023, dell’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, le emissioni di CO2 in Italia nel 2022 sono calate dell’1% rispetto al 2019, portando la riduzione totale a appena il 30% dal 2005. L’Italia dovrebbe correre otto volte più veloce, e far scendere le sue emissioni del 4% ogni anno, per raggiungere l’obiettivo fissato dall’Europa nel pacchetto di provvedimenti Fitfor55, dal 9 ottobre interamente in vigore. Quest’ultimo prevede ridurre le emissioni di gas serra dell’Ue di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
La strada da percorrere è ancora lunga e tortuosa, e l’Italia ha un gap enorme da colmare: 125 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, 15 milioni di tonnellate in più rispetto alle stime dello scorso anno, sul target prefissato. Una strada sempre più stretta, minata da un lato dalle crescenti tensioni geopolitiche, dall’altra dallo scetticismo e dal vento di malcontento per le politiche europee sul Green Deal che agita vari paesi Ue.
Stringendo il focus sull’Italia, pesano la crescita a rilento delle installazioni da fonti rinnovabili, la débâcle delle politiche sull’efficientamento energetico nell’edilizia, la revisione al ribasso del Pnrr e, secondo stime di Energy&Strategy, un leggero ritardo nell’implementazione di oltre metà delle misure relative alla decarbonizzazione, con un gap del 4% nell’attuazione delle riforme e del 15% nell’attuazione degli investimenti rispetto alle previsioni del Piano per settembre 2023.
Sullo sfondo, secondo i dati di Copernicus Climate Change Service, un 2023 che sarà l’anno più caldo mai registrato sul Pianeta.
Indice
Decarbonizzazione in Italia: i settori più lontani dagli obiettivi
Il rapporto approfondisce lo stato di avanzamento della decarbonizzazione in vari settori, come evidenziato nel grafico allegato. I comparti più distanti dai target sono i trasporti e l’edilizia, con previsioni di calo del 33% e del 23% rispettivamente. Al contrario, l’industria e la gestione dei rifiuti si avvicinano maggiormente al raggiungimento degli obiettivi.
Sul fronte della mobilità, il Paese si è reso conto tardivamente della necessità di transizione all’elettrico, e ora è in ritardo nello sviluppo di una filiera nazionale. Secondo Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy & Strategy e responsabile dell’Osservatorio, l’Italia potrebbe contare su una filiera robusta nell’efficientamento energetico. Tuttavia, l’esperienza del Superbonus ha gettato ombre non solo sull’esecuzione, ma anche sulle prospettive dell’intera operazione.
Il rischio, sottolinea Chiaroni, è quello di disperdere i progressi già compiuti, quando basterebbe capitalizzare sugli strumenti esistenti, come la cessione del credito e gli sconti in fattura, anziché intraprendere nuove direzioni.
Investimenti in tecnologie per la transizione energetica in crescita
Il rapporto evidenzia le otto aree principali di intervento per ridurre le emissioni di CO2:
- energie rinnovabili
- infrastrutture di rete
- efficienza energetica
- mobilità sostenibile
- comunità energetiche
- economia circolare
- cattura della CO2
- carbon in/offsetting
Il rapporto mostra che gli investimenti e la diffusione delle tecnologie legate a queste aree sono aumentati del 12,6% rispetto al 2021, passando da 30,5 a 34,4 miliardi di euro. L’unica eccezione è la mobilità, che ha registrato un calo delle immatricolazioni di veicoli elettrici.
Italia in ritardo sulla decarbonizzazione: pochi brevetti ambientali
Il rapporto offre un’analisi approfondita delle invenzioni ad alto potenziale e del panorama generale dei brevetti legati alla decarbonizzazione nei paesi europei con i numeri più elevati. La Germania guida la classifica con oltre 31.000 brevetti, seguita dalla Francia con 75.000, dall’Italia con 38.000 e dalla Spagna con 34.000.
Esaminando il database Env-Tech dell’Ocse, emerge un leggero aumento dei brevetti ambientali, ma costituiscono solo il 20% del totale nel quinquennio 2015-2019 (ultimo dato disponibile). L’Italia, sebbene abbia il 35% in meno di brevetti ambientali rispetto alla Spagna, si distingue per le tecnologie legate alla gestione dei rifiuti e all’abbattimento dell’inquinamento atmosferico.
Tuttavia, il settore dell’idrogeno rappresenta una sfida, con i paesi europei che hanno depositato oltre 6.000 brevetti, di cui l’85% sono di origine tedesca. Secondo Davide Chiaroni, manca in Italia un approccio sistemico verso le nuove tecnologie, limitando il mercato finale e la disponibilità di partner finanziari. Nonostante l’eccellenza nella gestione dei rifiuti, Chiaroni sottolinea la necessità di ampliare la prospettiva, evitando di concentrarsi solo sull’ultimo anello della catena.
Italia: il ruolo della cattura della CO2 nella decarbonizzazione
La cattura della CO2 è una tecnologia promettente per ridurre le emissioni di gas serra dai processi industriali e dai settori difficilmente decarbonizzabili, come l’aviazione e la produzione di cemento.
L’Italia sta muovendo i primi passi per sviluppare questa tecnologia. Il 21 ottobre scadranno i termini per la presentazione delle linee guida del decreto che istituisce il Registro Italiano dei crediti di carbonio generati da attività agroforestale. Questo registro è fondamentale per calcolare in modo ufficiale lo stoccaggio di carbonio nei terreni, ma potrebbe anche essere utilizzato per incentivare la cattura della CO2 da parte delle aziende agricole.
Nel 2024 è anche previsto l’avvio della prima fase dell’hub Snam-Eni di stoccaggio di CO2 a Porto Corsini (Ravenna). Questo hub sarà uno dei primi in Europa a catturare e stoccare la CO2 proveniente da centrali a carbone e altre attività industriali.
La cattura della CO2 è una tecnologia ancora in fase di sviluppo, ma ha il potenziale di giocare un ruolo importante nella decarbonizzazione dell’Italia e dell’Europa.
Tabella di marcia per la decarbonizzazione: obiettivi chiari e misurabili
Il rapporto di Chiaroni propone una tabella di marcia integrata per la decarbonizzazione dell’Europa. Questa tabella dovrebbe includere obiettivi periodici chiari e un percorso di sviluppo per raggiungerli.
In particolare, il rapporto suggerisce di definire il quadro normativo per la misura delle emissioni, includendo l’impronta carbonica di un dato prodotto (LCA) all’interno della sua etichetta energetica. Questo consentirebbe di capire esattamente quanto ogni iniziativa pesi in termini di emissioni e valga in termini di risparmio di CO2.
L’orizzonte del 2030 lascia ancora degli spazi di manovra. Per indirizzare al meglio incentivi e risorse è essenziale avere dati precisi sulle emissioni di ogni settore e sulle opportunità di riduzione.
Per quanto riguarda le comunità energetiche, il rapporto sottolinea che oggi non è ancora chiaro quanto potranno contribuire alla decarbonizzazione. È necessario approfondire la ricerca e la sperimentazione in questo campo.